venerdì 17 agosto 2012

VACANZA


C’è sempre un aspetto carico di fascino nelle vacanze. Don Giussani lo richiamava spesso, con quella formula che sbaragliava gli schemi e inchiodava di colpo a una responsabilità impensabile: «È il tempo della libertà». Ovvero il momento in cui, liberi da obblighi e costrizioni, nelle scelte si fa venire a galla quasi impercettibilmente ciò a cui si tiene davvero. Altro che disimpegno, insomma. Semmai, il contrario. E chi legge Tracce lo sa bene, perché queste parole tornano praticamente a ogni estate.
Stavolta, però, c’è un fattore in più: la coincidenza con il percorso della Scuola di comunità. Si è partiti a inizio anno con la fede, si è arrivati alla soglia delle ferie lavorando proprio su quella parola: libertà. È sinonimo di soddisfazione. Di compimento del desiderio. Di rapporto con l’infinito. Ed è anche un test, una verifica inoppugnabile della fede. Perché è solo dal riconoscimento di Cristo presente che può sgorgare un’esperienza del genere. Esperienza, non discorso. Cristo non ci spiega la libertà: la fa accadere in noi. Impossibile non sperimentarla. Impossibile non respirare a pieni polmoni, quando accade.

Ma se è così, che cosa vuol dire, allora, che le vacanze sono «il tempo della libertà»? A un gruppo di amici che è andato a trovarlo subito prima dell’estate, don Julián Carrón ha detto - con tono scherzoso, ma contenuto serissimo -: «Queste sono le vacanze: che uno scopra il Mistero risorprendendo Lui all’opera tra noi. Per cui il compito che ci diamo per queste vacanze è che a settembre, quando ci ritroviamo, ci dobbiamo raccontare fatti, cose che ci sono capitate e che ci hanno fatto sorprendere di Lui all’opera».
Fatti. Cose accadute. Perché per sorprendersi della Sua presenza, basta essere veri con ciò che vediamo accadere. Intorno e dentro di noi. Basta riconoscerLo all’opera. Nella realtà, non fuori. Se accade quella corrispondenza impensabile, se il respiro si allarga, se facciamo esperienza di quella soddisfazione che alla fine non lascia in bocca il retrogusto amaro della disillusione, ma il gusto di un compimento almeno iniziato, è inevitabile che ce ne accorgiamo. E più la libertà accade, più la desideriamo. Perché quel gusto, una volta assaporato, è irresistibile. Bisogna fare violenza a se stessi per preferire altro. E bisogna andare contro la propria natura per non domandare che diventi più familiare - e amico - Chi rende possibile quell’esperienza, Chi la sta facendo accadere.

Il respiro della vita viene da lì, sempre. «Sia che mangiate, sia che beviate». In montagna con gli amici o sulla spiaggia con un libro in mano. Oppure, magari, servendo a tavola tra i padiglioni del Meeting, dove centinaia di adulti e ragazzi fanno ogni estate - ogni vacanza - quella sorprendente esperienza di libertà che si sperimenta consegnando il proprio tempo all’opera di un Altro.
Il respiro della vita viene da lì. Da Lui. La vacanza è un’occasione unica per accorgersene. E cominciare a sceglierLo.

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