martedì 27 aprile 2010

IL PAPA' DI PAOLO CI SCRIVE

....La fede è questo, non è un patir di meno, perché tanto abbiamo la fede, anzi, forse è un patir di più perché la fede ci impedisce di fuggire, di “consolarci” con pie illusioni, di rassegnarci, di ridurre il desiderio di vita e di vita piena che caratterizza il nostro cuore. La fede però ci fa sentire buono anche il nostro dolore…”Tutto è vostro: il mondo, la vita ,la morte…ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”......

Alla fine della santa messa funebre per mio figlio Paolo, il 22 scorso, avrei voluto prendere il microfono e fare un intervento non previsto davanti alle tante persone intervenute alla cerimonia. Per una sorta di timidezza o ritrosia non l’ho fatto e me ne rammarico. Per quanto tardivamente e poco opportunamente, affido comunque alla divulgazione di questo scritto il compito di riparare, per quanto possibile, al mio peccato di omissione.
Due cose avrei voluto dire:


Chi ci separerà dall’amore di Cristo?

Innanzitutto avrei voluto consentire con tanti che mi hanno avvicinato in questi giorni di sofferenza esprimendosi a proposito di Paolo con il termine di “angelo”. Sì, il termine, suggerito dal sentimento, ha una sua profonda ragionevolezza. Paolo nella sua inalterata innocenza e nel suo aver bisogno in tutto di noi genitori è stato come uno strumento attraverso il quale il Signore ci ha permesso di servirLo . Non dovevamo chiederci dove era Dio: era lì, affidato alle nostre cure, privo di tutto ciò di cui un giovane sente il bisogno per essere felice, contento di non soffrire e di sentirsi accolto e amato. Se c’era uno facile da far contento era lui, gli bastava un sorriso, una canzone; gli bastava sapere che eravamo lì intorno e che lui era lì, a casa sua. Non ho mai visto l’ombra dell’insoddisfazione, dell’infelicità sul suo volto, tanto meno di un rimprovero tacito a noi per la sua situazione di disabile. Grazie a Dio, dunque che ce l’ha dato: i “sacrifici”imposti alla nostra vita dalle necessità dell’assistenza a lui non ci sono mai pesati: sapevamo di servire un “angelo”.
Devo solo aggiungere che anche il dolore e l’angoscia di questi ultimi giorni in cui ho vissuto con il cuore straziato non li avverto come una maledizione, ma come l’estremo dono che il Signore mi ha fatto attraverso Paolo. Dio mi ha fatto capire che dentro al dolore e all’angoscia di chi sta impotente sotto la croce risuona forte e vibrante la promessa della vita. “Beati quelli che piangono…” Ed io ho pianto spesso in questi giorni, e forse ancora piangerò. Ma è un pianto di cui non chiedo di essere consolato, perché è come un tesoro prezioso che custodisce intero il desiderio della vita, della resurrezione. Perché di fronte al volto sofferente di Paolo ogni tentativo di umana consolazione falliva miseramente: “E’ la volontà del Signore…” parole vuote che si dicono per darsi un alibi e distogliere lo sguardo, appena si può, da quello che sta accadendo. Cosa per niente difficile, perché il sentimento non sopporta troppo a lungo un dolore intenso. Così si cercano scappatoie in formule pie che ci permettono di prendere le distanze da situazioni dolorose senza sentirci in colpa…Anche il cinismo- “eh…cosa ci vuoi fare, così è la vita! Dio non c’è, è chiaro, e se c’è non c’entra”- non è altro che una scappatoia analoga di chi non sa “stare” davanti a quell’abisso di domanda che il volto di un morente esprime.
I discepoli, sotto la croce di Gesù fuggirono. Rimasero solo Maria, sua madre, Maria di Magdala, e un ragazzo, Giovanni, cioè le persone che lo amavano.
C’è una sola possibilità di “stare” davanti a un situazione che ti strazia l’anima lasciandoti straziare fino in fondo e pure senza disperazione: si chiama Cristo,morto e risorto, col suo grido “Beati quelli che piangono…”
La fede è questo, non è un patir di meno, perché tanto abbiamo la fede, anzi, forse è un patir di più perché la fede ci impedisce di fuggire, di “consolarci” con pie illusioni, di rassegnarci, di ridurre il desiderio di vita e di vita piena che caratterizza il nostro cuore. La fede però ci fa sentire buono anche il nostro dolore…”Tutto è vostro: il mondo, la vita ,la morte…ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.
Una inconcepibile bellezza
Queste cose non le ho solo pensate, le ho viste sul volto sofferente di Paolo; un povero volto in parte deturpato dagli interventi di chi cercava di salvargli la vita, eppure – com’è bello!- mi sono trovato a pensare tra lacrime di commozione. E non era solo la tenerezza paterna a farmi vedere Paolo in questo modo. Quel volto deturpato esprimeva tutta la profondità della domanda umana di salvezza, domanda rivolta al Mistero che ci fa. E questa tacita, ma palese domanda dava al suo volto –al nostro volto- una dignità che nessun pittore ha mai saputo intuire o rendere. “Ecce Homo”, e sarei caduto in ginocchio di fronte a quel grande, estremo dono che mio figlio mi faceva…(P.S. la mia colf, senza che io le abbia accennato a questo, mi ha detto poco fa esattamente la stessa cosa del volto di mio figlio morto! )
Grazie a tutti
La seconda cosa che volevo dire è un grande grazie: a tutti coloro che in vita o in morte hanno accostato Paolo con almeno un bricciolo di simpatia, di commozione; a tutti quelli che l’hanno assistito quotidianamente al CDD “Le Betulle”, per lavoro, certo, ma con quel sovrappiù di cuore che lo stipendio non compensa; ai medici e alle infermiere dell’ospedale di Voghera e di Pavia, per la sensibilità umana dimostrataci al di là della serietà professionale; agli amici del Movimento di Comunione Liberazione, che ci hanno aiutati materialmente e ci hanno sostenuti con la preghiera in tutti i 17 giorni del nostro calvario; a tutte le persone che hanno pregato per Paolo e per noi genitori, senza conoscerci, per l’intercessione di nostri amici; ai parenti, con molti dei quali non ho praticamente rapporti e che pure hanno voluto esprimermi la loro commossa partecipazione al mio lutto; a conoscenti vari, incontrati in momenti diversi, anche lontani nel tempo, (soprattutto negli ambienti scolastici dove ho insegnato) a qualcuno dei quali non ho espresso la debita riconoscenza perché non l’ho subito chiaramente riconosciuto. Un particolare grazie agli amici sacerdoti che hanno concelebrato la messa funebre, al don Patrizio, per la sua bella omelia; agli amici del coro, che ci hanno fatto percepire col canto la caparra di eternità e di bellezza che il Signore concede al nostro dolore. Insomma a tutti voi che poco o tanto vi siede lasciati commuovere dall’avvenimento della morte di Paolo auguro che questi momenti di commozione non rimangano solo un sentimento che svapora in breve volger di tempo, ma siano la strada per risentire forte dentro di noi l’eco di quelle parole -Beati quelli che piangono- , le uniche che rispondono adeguatamente al grido del nostro cuore, ma che sarebbero inconcepibili, assurde, se non fossero state pronunciate da Uno il cui lenzuolo funebre, esposto proprio in questi giorni a Torino, ci documenta, inscindibilmente unite, la morte ignominiosa e la gloriosa resurrezione.
Segni straordinari della dolce presenza di Cristo
Da ultimo (non avrei voluto farlo per non correre il rischio di cedere al gusto del sensazionale, del miracolistico, né di incoraggiarlo; ma un avvenimento di cui sono venuto a conoscenza solo mezz’ora fa, dopo che avevo già scritto quanto sopra mi ha fatto cambiare idea) , come voi avete condiviso con me e Maria Grazia il nostro dolore, è giusto che io condivida con voi la consolazione che il Signore si è degnato di darci attraverso alcuni segni della sua amorosa presenza che ci sostiene, cioè alcuni fatti che difficilmente possono essere interpretati come fatti naturali, o come pure concidenze caricate di valenza mistica da un sentimento esaltato. Il primo molti lo conoscono già: si tratta della quasi perfetta coincidenza della data di morte di Paolino con quella del nostro grande amico Paolo Casella, in memoria del quale –morto il 19 aprile del 1979, a ventotto anni di età- nostro figlio è stato chiamato, appunto, Paolo. Paolino, in verità. È morto nel suo ventottesimo anno, non il 19, ma il 20 aprile. Tuttavia, a proposito di quest’ultima discrepanza Francesca, vedova di Paolo Casella, mi ha fatto notare che se Paolo fosse morto il 19 aprile i funerali si sarebbero svolti il 21, anziché il 22, e in tal caso lei, che veniva dall’America e che si era visto ritardare di un giorno il volo a causa della nube vulcanica, non sarebbe arrivata in tempo.
Ma il segno più eclatante mi è stato reso noto solo un’ora fa: la figlia della mia colf, che ha visto Paolino poche volte, quando le è capitato di farci da baby sitter per qualche nostra breve assenza, lo ha sognato la notte tra la Pasqua e il lunedì dell’Angelo –ancora l’angelo!- : Lei non sapeva quello che era capitato a Paolo due giorni prima, ed ha sognato che lui parlava e le diceva che lì stava bene e che il Signore lo aveva voluto vicino a sé, lo facesse sapere. (quest’ultimo particolare lo devo ancora appurare meglio, ma la ragazza si è sentita in dovere di dire a sua madre che ce lo dicesse. Questa però non ha preso sul serio la cosa, perché, a quanto sapeva Paolo stava bene. Soltanto il giorno dopo è venuta a sapere del ricovero in rianimazione, ma allora ha taciuto per non recidere in noi la speranza della guarigione).
Che questo ci aiuti a rafforzare la fede nel mistero buono che sostiene la nostra vita e che ci chiede di affidarci a Lui dentro tutte le circostanze della nostra vita.

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