VITA DI CL
Centinaia di persone di ogni età, da tutta Italia e oltre. Che si ritrovano semplicemente per mettere a tema la vita e «ciò che il Mistero opera tra noi». Un fenomeno fuori da qualsiasi programma, nato tre anni fa in una birreria. Cosa rende questo posto così speciale? Siamo andati a vedere
Dialogo tra un giornalista incredulo e uno di “quelli della Birra”. «E così siete andati in 420 a Madrid per l’Encuentro». «Sì, tre giorni fantastici». «Chissà che sforzo organizzativo». «Per la verità, no». «Beh, tre giorni a Madrid, centinaia di persone di Milano e fuori... ci saranno voluti almeno due voli speciali». «Ci avevamo pensato, poi ci siamo resi conto che non ce la facevamo». «E quindi?». «Quindi abbiamo spedito una mail: non organizziamo nulla, chi vuole si arrangi. Era una proposta libera e la libertà si scuote se qualcosa la attrae». «Di solito ci si muove quando è tutto organizzato». «Stavolta no. Vuol dire che ci tenevamo veramente. Un’avventura per sé: non è uno slogan». «Si vede».
Questo luogo che sfugge a ogni tentativo di catalogazione è la “Birra con Nembrini”, inteso come don Eugenio, prete bergamasco rettore dell’istituto Sacro Cuore di Milano. Uno che dice (ma non è che lo dice, gli esce dalla faccia): «La vita funziona così, il bello ci trascina, ci fa girare la testa; il non bello, il non vero, ci allontana». La “Birra” è la palestra che il sabato sera, due volte al mese, si riempie di una quantità sempre crescente di persone che semplicemente vogliono stare con Nembrini e i suoi amici. Vengono da Milano, dalla Lombardia, ma c’è gente che si sobbarca anche centinaia di chilometri: Ferrara, Ravenna, un pullman da Rimini, un gruppetto da Transacqua, il paese trentino della «ceseta» resa immortale dai cori alpini; a volte persino da Napoli e Sardegna. Amici da una vita e neofiti assoluti, ciellini doc e gente che il gusto della fede lo sta scoprendo - o riscoprendo - proprio qui.
Dialogo tra un giornalista incredulo e uno di “quelli della Birra”. «E così siete andati in 420 a Madrid per l’Encuentro». «Sì, tre giorni fantastici». «Chissà che sforzo organizzativo». «Per la verità, no». «Beh, tre giorni a Madrid, centinaia di persone di Milano e fuori... ci saranno voluti almeno due voli speciali». «Ci avevamo pensato, poi ci siamo resi conto che non ce la facevamo». «E quindi?». «Quindi abbiamo spedito una mail: non organizziamo nulla, chi vuole si arrangi. Era una proposta libera e la libertà si scuote se qualcosa la attrae». «Di solito ci si muove quando è tutto organizzato». «Stavolta no. Vuol dire che ci tenevamo veramente. Un’avventura per sé: non è uno slogan». «Si vede».
Questo luogo che sfugge a ogni tentativo di catalogazione è la “Birra con Nembrini”, inteso come don Eugenio, prete bergamasco rettore dell’istituto Sacro Cuore di Milano. Uno che dice (ma non è che lo dice, gli esce dalla faccia): «La vita funziona così, il bello ci trascina, ci fa girare la testa; il non bello, il non vero, ci allontana». La “Birra” è la palestra che il sabato sera, due volte al mese, si riempie di una quantità sempre crescente di persone che semplicemente vogliono stare con Nembrini e i suoi amici. Vengono da Milano, dalla Lombardia, ma c’è gente che si sobbarca anche centinaia di chilometri: Ferrara, Ravenna, un pullman da Rimini, un gruppetto da Transacqua, il paese trentino della «ceseta» resa immortale dai cori alpini; a volte persino da Napoli e Sardegna. Amici da una vita e neofiti assoluti, ciellini doc e gente che il gusto della fede lo sta scoprendo - o riscoprendo - proprio qui.
Da Dante alle stelle. Già alle otto il parcheggio scoppia, si pilucca pane, salame e formaggio mentre girano le bottiglie verdi di Heineken, abbracci, pacche sulle spalle, ci si racconta i fatti della vita. In un attimo le 200 sedie si coprono di borse e maglioni a tenere il posto, perché quanti restano in piedi sono più del doppio. Persone di ogni età, famiglie intere con nonni e bimbi in carrozzina, ragazzi, gruppi di amici. Quanti? Chi lo sa, da un po’ c’è perfino una webcam. Verso le nove si inizia. Cantando. Riderà di Little Tony, tutti ad accompagnare il canto coi gesti, e un altro vecchio pezzo, Meraviglioso, Domenico Modugno rilanciato oggi dai Negramaro, che ti fa ripetere parole di trent’anni fa, dimenticate e grandiose: «Ma come non ti accorgi di quanto il mondo sia meraviglioso? Ma guarda intorno a te che doni ti hanno fatto, ti hanno inventato il mare, ti sembra niente il sole, la vita, l’amore... Perfino il tuo dolore potrà apparire poi meraviglioso».
Poi parte il botta e risposta. Fitto e intenso, perché in ballo c’è il cristianesimo. Roba da amici veri, non da compagnoni. «Raccontiamo cosa il Mistero sta operando in mezzo a noi», invita don Eugenio. Madrid, Eluana, le difficoltà nel lavoro, i figli. Si parla, ci si contesta, si scherza anche, battute e frecciate, ma le voci non si sovrappongono, non c’è mai bisogno di zittire qualcuno o richiamarlo all’ordine. Nessuno prende appunti perché non è una lezione, sono volti da guardare. Nembrini lo chiarisce con un ricordo: «Un giorno in Kazakistan sono andato con 100 studenti a vedere il Gran Canyon, bellissimo, in mezzo alla steppa. Al ritorno una ragazza di 17 anni che aveva paura a guardare giù ha raccontato: “Ho passato la giornata a guardare non il Canyon, ma il modo con cui voi lo guardavate: che bello!”».
Spesso alla “Birra” vengono invitati altri amici per un dialogo, come Franco Nembrini a parlare di Dante, Marco Bersanelli delle stelle, Giorgio Vittadini di sé... Una delle più belle è stata la serata con i giovani insegnanti di una casa dei Memores Domini presso Bergamo. L’anno scorso è venuto don Julián Carrón. E all’inizio di aprile era presente sua sorella Carmen, con la famiglia. «Siamo qui per un motivo semplice - ha spiegato il marito -: nostra figlia María continuava a parlarci degli amici di Abbiategrasso. Volevamo conoscere che cosa la entusiasmasse tanto. Loro ci hanno portato alla “Birra”. Ho bisogno di vedere questa bellezza per poter lavorare a casa mia, in Spagna».
Il dialogo dura un paio d’ore. Una ragazza racconta di Madrid: «Ma la cosa più bella è vivere così ogni circostanza». Nembrini chiede un esempio, «perché se non accade ora non è accaduto neanche a Madrid». Salta su un giovane bergamasco: «In una ditta in Olanda un nostro macchinario non funzionava, non sapevo che fare. A pranzo mia moglie mi ha suggerito di dire una preghiera, e al pomeriggio l’impianto è ripartito... Ma il miracolo non è che sia ripartito, è che quella circostanza mi ha fatto pensare a Cristo». «Poi però ci si dimentica», aggiunge un terzo. Ancora Nembrini: «Possiamo ricordarlo un minuto e il minuto dopo no, ma quel minuto è tutto, quando accade è un fatto straordinario». Uno di Transacqua dice che «qui tra voi è evidente pensare a Cristo in carne e ossa». Risposta: «È ragionevole fare tutta la strada che avete fatto solo se Cristo è l’unica cosa che ci interessa».
Qualcosa che genera. Alle undici, rompete le righe. E lì capisci ancora meglio che “la Birra” è molto di più della serata in compagnia. È qualcosa che genera. E opera. «Avvisi». Uno riguarda il Meeting, e non è la semplice comunicazione di date e necessità: «Il nostro amico Beppe lavora da anni al pre-Meeting e si diverte come un matto, dice che costruirlo è bello quanto viverlo, allora sentitelo e mettetevi d’accordo». Segue la caritativa nata proprio qui, dalla “Birra”. «A due a due ci prendiamo cura di un disoccupato», spiega Ugo Comaschi: «Gli facciamo compagnia, lo aiutiamo a trovare una speranza, a sperimentare che non è solo nel suo dramma. Chi è sfiduciato riguadagna un gusto. E anche il posto: un amico, per dire, cercava lavoro da sette anni e l’ha trovato». Ma bisognerebbe raccontare anche gli altri fatti che qui hanno trovato un motore o un volano: i rapporti, le amicizie, l’impulso dato ai Banchi di solidarietà... Una vita, appunto.
Dieci anni di missione. Eccola qui la “Birra”, fenomeno fuori da ogni schema che affascina, entusiasma, incuriosisce, rigenera, insospettisce perfino, come succede a tante novità. L’inizio fu del tutto casuale. «Era il febbraio 2006 e avevamo invitato Giorgio Vittadini a Baggio per un incontro sull’Appello per l’educazione», raccontano Comaschi, Andrea Franchi detto “Branco” e Paolo Ferrari detto “Ferro”. «Siccome non poteva, ci mandò un prete che abitava con lui. Nembrini non l’avevamo mai sentito nominare». Era appena tornato dai dieci anni di missione in Kazakistan. «Fu uno choc, un incontro vero con questo prete innamorato di Cristo e della vita. Ci siamo attaccati alle sue caviglie: non lo mollavamo più, seguendolo dappertutto».
In vacanza il rapporto si fece più stretto, a settembre i tre fecero il passo: «Vediamoci più spesso, magari con regolarità. Quando puoi, all’ora che vuoi, anche di notte». Nacque da lì la proposta di una birra assieme il lunedì sera, al termine di una riunione. «Alle 11 attraversavamo la città per vederci poco prima di mezzanotte. Il tema, come adesso, era semplicemente la vita».
Presto la birreria si rivelò insufficiente. «Ma noi non abbiamo mai invitato nessuno - precisano Ugo, Branco e Ferro -. Succedeva che gli amici ci vedevano cambiati e chiedevano che cosa ci fosse capitato. Rispondevamo: vieni a vedere». Dinamica collaudata. Da quattro persone a 10, 20, 50. La “Birra” si spostò nella sede dei Panificatori milanesi a Porta Venezia. Dopo un po’ neppure lì ci si stava più, così uno mise a disposizione la mensa della ditta dove lavorava. Gli incontri divennero quindicinali. Poi anche le mogli chiesero di partecipare alla “Birra”: non bastavano i racconti del mattino dopo. La serata fu spostata dal lunedì al sabato. Dallo scorso settembre è cambiata anche la sede. Nulla di programmato, nessun obbligo di partecipare né limiti al numero. «Un sussulto di vita gratuito e libero».
Anche Madrid è nata così: «Abbiamo conosciuto tre amici spagnoli, volevamo andare a trovarli per Natale, ci hanno detto di venire per l’Encuentro. Poi il gruppetto si è dilatato...».
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