mercoledì 22 luglio 2009

INCONTRO CON I GENITORI DI ANDREA ACHILLI


....Quindi si piange perché ci manca la sua
presenza fisica. Ed è giusto che ci manchi perché
così non possiamo dimenticarcelo e ricordando
Andrea per noi è più facile fare l’esperienza della
speranza di riabbracciarlo.
Tutti ci dicono normalmente che bisogna dimenticarsi di queste cose,
ma noi non vogliamo dimenticarci di Andrea: io ho già
messo la sua foto davanti al computer in ospedale:
lo voglio vedere tutti i giorni. Perché la vita bisogna
guardarla in faccia. Non si può fare finta che le cose
brutte non esistano e scegliere solo quelle belle,
o quelle belle come diciamo noi. Non si può. Bisogna
capire che la vita è fatta di cose per cui piangi e
cose per cui sorridi, perché la vita non la facciamo
noi, non è come la vogliamo noi.....

2 luglio 2009
Incontro con Felice e Daniela Achilli
Canto: Favola*

Tiziano:
Ecco, questa è la compagnia di Stand by me, a cui
Andrea appartiene.
Abbiamo invitato i genitori di Andrea e li ringraziamo
tantissimo. Forse siamo stati un po’ spregiudicati
a chiedere loro di venire, ma il fatto che sono
venuti vuol dire che hanno qualcosa di interessante,
di importante, di vero da raccontarci. Loro sono
dei testimoni di un avvenimento, di una circostanza.
La nostra compagnia, la nostra unità, non nasce
perché qualcuno ha fatto un bel discorso, ma nasce
da un fatto, il fatto che Gesù è morto ed è risorto,
e per testimoniare questa cosa ci sono delle persone
che hanno visto e udito, e di fronte alle circostanze
della vita noi abbiamo bisogno di testimoni.
Loro ci testimoniano questa circostanza, che abbiamo
definito il primo giorno drammatica, ma non
tragica. Perché la tragedia finisce, invece il dramma
continua. La storia continua. Vi ricordate cosa abbiamo
detto il primo giorno, la differenza tra tragedia
e dramma? Il primo giorno abbiamo letto una
lettera bellissima che Bon ha scritto e mandato a
tutti gli adulti. Leggo solo la parte centrale, che
spiega il motivo per cui abbiamo invitato i genitori
di Andrea. Si riferisce all’incontro che abbiamo fatto
con i ragazzi di Bevera a Lomagna con Don
Ambrogio la sera prima del funerale:




“L’incontro è iniziato con i canti che
spesso ci hanno accompagnato nei
momenti drammatici e che ci hanno
sempre richiamato al Destino buono
che non ci abbandona mai: “Povera
voce”, “Noi non sappiamo chi era”,
“Vuestra soy”, “Favola”, con
quell’ultima stupenda strofa: “Così,
quando sarai a quell’ultimo ponte/
con il tempo alle spalle e la vita di
fronte/ una mano più grande ti solleverà/
abbandonati a quella/ non temere
perché c’è Qualcuno con te.”
Durante l’incontro i ragazzi hanno tirato
fuori le domande più vere e
drammatiche: “Perché Gesù mi fa soffrire
così? Non poteva chiedermi di
volergli bene in un altro modo?”
La nostra umanità e quella dei ragazzi
ha vibrato in un modo che non era
mai accaduto prima. Il punto - si diceva
- non è provare dolore, ma se c’è
un senso a quel dolore. Il dolore è il
modo con cui Gesù ci sta chiedendo:
Mi vuoi bene anche in questa circostanza?
Gesù ci fa compagnia in tutto,
anche nel dolore, a tal punto da morire
e risorgere. Andrea ora è con Gesù.
Anche se non capiamo subito, stiamo
attaccati a questa compagnia, alla Sua
compagnia”.
Chiediamo ai genitori di Andrea di raccontarci come
hanno vissuto questo dramma che non cancella
il dolore, ma che ha la certezza, la certezza che Andrea
è vivo.
Felice:
Dovete scusarmi, perché come potrete capire…
l’Andre era il nostro ultimo figlio, arrivato un po’
tardi, quando eravamo un po’ vecchietti, e quindi è
molto difficile per noi parlare di lui adesso. Però
non possiamo non farlo perché abbiamo visto in
questi giorni delle cose che non possiamo più tirarci
via dagli occhi e dal cuore. Cos’è che abbiamo
visto? Che questa cosa che è successa ad Andre,
cioè di essere investito da un camion e quindi di
esser morto, improvvisamente, a pochi giorni
dall’aver detto sì a Gesù nella Cresima (perché
quando facciamo la Cresima è come se confermassimo
a Gesù che vogliamo appartenere a Lui, essere
con Lui), noi abbiamo visto una cosa che prima
non avevamo mai visto. Che cosa? Abbiamo visto
compiersi una frase che don Giussani diceva che
doveva essere sempre scritta nelle case del gruppo
adulto (di coloro che non si sposano e decidono di
dare tutta la vita, di essere vergini, di dedicarsi totalmente
a Cristo, a Dio). La frase è: “Colui che ha
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iniziato in voi quest’opera buona la porterà a compimento
fino al giorno di Cristo Gesù”. E il giorno
di Cristo Gesù è quando uno muore, perché Lo incontra.
Tanto è vero che la Chiesa chiama il giorno
della morte dies natalis, cioè quando uno ricomincia
a vivere veramente. Ma come facciamo noi che
siamo così piccoli, così poveri, così fragili, a credere
a questo? Cioè che l’Andrea, che voi conoscevate,
magari più di noi, non è veramente solo morto? Il
parroco al primo rosario che abbiamo fatto in ospedale
dopo che lui era morto, ci ha detto che la
Chiesa dice che c’è l’eterno riposo, non l’eterna
morte. Noi diciamo “L’eterno riposo dona a lui o
Signore”, e dal riposo ci si sveglia, non si può dormire
per l’eternità. Ma, provate a pensare, che cosa
ci convince? Cos’è che rende possibile in un dolore
così grande come è stato per noi, credere? Credere
vuol dire poter continuare a fare le cose che bisogna
fare. Perché la vita continua: ci sono gli altri
figli, le responsabilità, il lavoro, gli amici, le cose…
Come si fa a credere che Andrea non è morto, cioè
che noi, io e Daniela, lo abbracceremo, lo riabbracceremo?
Non sappiamo quando avverrà, ma lo
riabbracceremo. Perché senza credere a questo non
si può vivere. La perdita di un figlio è una cosa
grandissima, non si riesce a trovare una giustificazione.
Come si fa credere? Noi abbiamo visto questo:
che siamo stati realmente oggetto di una dolcezza
infinita, cioè siamo stati abbracciati singolarmente
da Qualcosa di misteriosamente presente
che era più forte del nostro dolore, più forte dello
sconforto, più forte delle lacrime, più forte di tutto…
capite? E come facciamo a dire che abbiamo
visto questa dolcezza, questo abbraccio da cui ci
siamo sentiti prendere, che ci ha consentito di non
disperarci? L’abbiamo visto perché siamo stati circondati
letteralmente – di giorno, di notte, a casa,
in ospedale, al cimitero, al funerale – da persone,
da persone che avevano pietà, che con noi sembravano
aver condiviso… non so come dirlo: sembrava
fosse morto il loro figlio! E questo conforto –
perché confortare, cioè darsi forza, è stare insieme
perché solo così si capisce che c’è la forza per stare
su – non è qualcosa di cui noi siamo capaci: è possibile
solo quando c’è Dio, quando c’è Cristo. E
noi abbiamo visto Cristo in questa esperienza indimenticabile
di abbraccio a noi. Quando mi hanno
avvisato dell’incidente di Andrea, mi è venuto
spontaneo cercare un posto in una Rianimazione in
un ospedale più grande del mio, dove sono molto
esperti nella rianimazione sui traumi stradali dei
bambini. Io non sapevo ancora che era già morto, e
quando ho telefonato ad un mio collega che fa il
rianimatore gli ho detto: “E’ impressionante: Dio
me lo ha dato tardi, e ora me lo porta via presto”…
però dire questo ha dentro un rischio terribile, cioè
quello di pensare che Dio, Gesù, possa giocare con
noi per un disegno che è solo suo, mentre non è
così. Perché la verità è che Dio dona, e dona sempre
di più. Noi abbiamo dovuto riconoscere che
chiamando Andrea, in modo certamente misterioso,
ha realizzato il desiderio più grande del cuore di
Andrea, quello di essere totalmente felice. Per cui
non è vero che Dio dà e toglie, ma Dio dona sempre,
e compie il desiderio del cuore di ognuno. Perché
il nostro cuore è fatto di un desiderio infinito.
Noi siamo fatti così: finché non ci incontreremo
con Dio non saremo mai pienamente felici. E tutta
la vita è data per imparare a camminare verso di lui.
E allora si vede una cosa come quella che io vedo
qui adesso. Sapete che qui in questo salone ha ballato
la principessa Sissi, dell’Impero austroungarico?
Questo era il posto più bello del mondo,
dove c’erano i più potenti del mondo di allora. E
ora cosa rimane? Cos’è che invece non si perde mai
ed è la cosa più bella? Io qui vedo Stand by me, vedo
voi, perché la bellezza di questa amicizia, che vi
rende capaci di consolare due genitori che hanno
perso un figlio, è che ha dentro di sé la cura, ha a
cuore ogni singolo cuore vostro, ogni singolo desiderio,
perché Dio ha a cuore ogni singolo desiderio
di ognuno di voi. Non quelli strani! Ogni singolo
desiderio: da quello della bicicletta a quello che il
papà e la mamma stiano bene, che stiate bene con i
vostri amici. Dio ha a cuore ogni singolo desiderio
nostro. E quindi la cosa più bella di questo bellissimo
salone è che voi possiate stare insieme cercando
di capire cosa vuol dire essere amici. Essere
amici vuol dire cominciare a conoscere veramente
qual è il desiderio del vostro cuore. E questo vuol
dire creare immediatamente una compagnia nuova
nel mondo, perché tutto quello che c’è di buono
nel mondo è incominciato per questo. L’ultima cosa
che volevo dirvi io è che la canzone che avete
cantato prima, Favola, e anche al funerale, è veramente
bellissima, perché dice che non solo quando
si muore, ma soprattutto quando si è vivi, il senso
della nostra vita è proprio questo qui: l’incontro
con Dio, con Gesù. E che la nostra vita bellissima
– perché la vita è proprio bella – è tutta fatta per
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essere completamente donata per questo, per consentire
che uno incontri Dio, che è proprio il desiderio
più grande di cui è fatto il cuore nostro. Poi
Andrea lo conoscevate… Era un ragazzino normale…
si addormentava alle prediche quando andava
a messa, aveva da dire di tutto, non gli andava mai
bene niente, era fatto alla sua maniera. Però quando
è successo questo fatto, noi abbiamo scoperto
tantissime cose di lui che non conoscevamo. Solo
quando noi ci guardiamo e stiamo insieme tra di
noi non vedendo chi è più bravo o meno bravo, chi
è più forte o meno forte, chi è più simpatico o meno
simpatico, ma quando immaginiamo che ognuno
di noi è importante, unico per Dio, allora diventa
unico anche per noi. E allora ti accorgi che non è
che ti conosci proprio, ma bisogna fare un percorso
per conoscersi. E Favola è una bellissima canzone
perché dice che per vivere, non solo per morire,
bisogna capire proprio che tutta la vita è piena della
presenza misteriosa di Dio, cioè dell’ideale per cui
il nostro cuore è fatto, e che il nostro stare insieme
è un aiuto perché il destino di ognuno di voi, di
noi, si realizzi pienamente. Perché Dio non tira via
i figli ai genitori, non li toglie, ma compie il desiderio
più profondo del cuore di ognuno di noi, in
modo misterioso. Per cui noi siamo certi, per quello
che abbiamo visto, che noi riabbracceremo Andrea.
Proprio così, perché altrimenti dovremmo
negare quello che abbiamo visto.
Daniela:
Io sono una mamma, e una mamma fa le raccomandazioni,
non può fare diversamente. Andrea è
stato tantissimo legato all’amicizia con Stand by me:
era una cosa a cui lui ha tenuto tantissimo. Vi voglio
dire una sola cosa, che è quello che serve, anche
quando uno poi non capisce più niente. Perché
poi ci sono tante cose, perché poi diventerete
grandi, si cambia scuola, cambiano le condizioni,
anche gli amici. Per lui questo momento era importantissimo,
tanto é vero che mi rompeva le scatole.
Magari mi faceva arrabbiare perché mi diceva
all’ultimo momento che si doveva fermare e io non
avevo il pranzo pronto e io mi arrabbiavo, ma lui
alla fine mi faceva su comunque. Ma lui in questo
luogo, come a scuola e con le persone che ha incontrato,
ha imparato ad essere appassionato alla
vita, e anche a voi che vivete questa vacanza voglio
dire che questa cosa qui, questo è proprio quello
che vi aiuta, anche quando si fa fatica, e questo
luogo qui, dove tu stai bene, gli amici, non bisogna
lasciarlo perdere per nessun motivo, anche se uno è
triste e non ha tanta voglia. E l’altra cosa che io ho
imparato in questi giorni e chiedo anche a voi di
fare è questa: in tutti i momenti in cui sarete tristi o
non saprete cosa fare, chiedete al Signore di essere
aiutati, anche se non capite. Chiedete al Signore,
perché noi non lo capiamo bene, ma Lui ci risponde.
Interventi
Simone, GS:
Ma se una persona in un una situazione come la tua
non è abbracciata da persone che le stanno vicino,
come fa a capire quello che voi avete capito?
Felice:
E’ una grazia di Dio: se lo capisci lo stesso, è una
grazia di Dio. Pensate, è più difficile, oggettivamente
è più difficile. Infatti perché c’è la Chiesa? La
Chiesa è esattamente la modalità con cui Dio ha
garantito, ha detto: “Io non vi lascio orfani.”
Quando è morto Gesù ha detto: “Io non vi lascio
orfani, io vi mando il mio Spirito”. L’energia inesauribile
che costituisce questa sorgente di vita senza
fine che è Dio non è andata persa con la morte
di Gesù, anzi: attraverso la morte di Gesù si è formata
questa cosa misteriosa che è il volto della Sua
presenza tra di noi che è la Chiesa. La Chiesa non è
quella roba fatta di mattoni… lo sapete che Andrea
andava a vedere sul vocabolario le parole? Ovviamente
andava a vedere cosa vuol dire sesso, omossessualità,
mestruazioni, tutte quelle parole strane che
alla vostra età vi sconvolgono la vita… Però, intanto
che cercava sul vocabolario, ci aveva detto di aver
cercato la definizione di Chiesa; e lui non è andato
oltre, ma ci ha detto: “Guardate, c’era su una
definizione che non è come la vedo io.” Per rispondere
a Simone, dico che io non sono un teologo,
io vi testimonio appunto quello che ho visto, e
quello che ho visto è che l’abbraccio di Cristo alla
mia vita è passato attraverso un popolo a cui si appartiene,
che è di più di tuo fratello e di tua sorella,
che è di più di tua moglie e di tuo marito, dei tuoi
figli, che è di più. Perché è di più? Perché Stand by
me è di più dei compagni di scuola normali? Che
cosa ha dentro di misterioso? Che mette a tema il
destino. Il destino è quello che il nostro cuore di
più desidera e questo è il tema dell’amicizia. Io non
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lo so, Simone, come si fa, meno male che a me è
capitato così.
Meraf, Lecco:
Lei prima parlava e diceva: “Quando sarà da Dio
sarà più felice”, perché vivendo non abbiamo comunque
il massimo della felicità. Secondo me Andrea
sarà felice perché è con Dio, ma sarebbe stato
felice anche se fosse stato qua: secondo me è quello
che desiderava di più. Se lui avesse potuto scegliere,
avrebbe scelto di venire con noi. Magari per
un adulto è più semplice dire “Sì, è quello che mi
aspetto, mi fido…”, ma lei ha detto che la vita è
importante e dobbiamo essere attaccati alla vita e
lui avrebbe pregato di poter vivere e di poter essere
qua con noi.
Felice:
Hai ragione. Se gli avessero chiesto: “Vuoi morire
o vuoi stare qua?”, cosa pensi che avrebbe risposto?
Stare qua! Ma noi non scegliamo il giorno del
nostro destino. È vero o no? Nessuno di noi decide
quando nasce, nessuno di noi decide purtroppo
quando muore. Però la questione è quella che dicevi
tu prima: quando il nostro desiderio capiamo che
è capito, compreso? Questo desiderio di essere felici,
questo è il punto. Perché anche questo desiderio
non ce lo diamo noi e non riusciamo a risponderci
da soli. Allora rimane un dramma, rimane misterioso
perché Gesù ha chiamato Andrea proprio in
quel momento e così, ma noi come facciamo ad
andare avanti? Dobbiamo credere solo che Andrea
è stato più sfortunato di noi? No, perché noi abbiamo
visto una cosa che dice che non è così. E
che cosa dice che non è così? Quello che ci hanno
detto, quello che abbiamo visto, all’ospedale, al funerale,
in tutta la sua vita prima, e quello che stiamo
vedendo adesso dice che Andrea non è finito
così, perché se fosse finito così non ci interesserebbe
più. Pensaci.
Arianna, Lecco:
Io volevo chiedere come avete fatto a trovare un
lato comunque positivo in quello che è successo;
anche ai fratelli cosa avete detto per aiutarli?
Daniela:
Io posso dire quello che è successo a me. Sicuramente
l’amicizia che viviamo con le persone, quello
che abbiamo visto in questi anni, come per voi
l’amicizia che c’è tra voi, ha fatto sì che non fossimo
disperati. Io dal primo momento in cui sono
arrivata sul posto in cui è successo l’incidente,
mentre stavano facendo quello che potevano fare,
la cosa di cui mi sono stupita – e che non dipende
da me, è proprio una grazia questo per me, perché
io non avrei mai creduto di poter vivere così un
momento del genere, un avvenimento così grosso
per me – è che io non mi sono disperata, io ho
cominciato subito a pregare la Madonna di aiutare
lui e di aiutare me; ho pregato tutto il tempo che
sono stata lì fino a quando mi hanno detto che lo
avrebbero portato in ospedale. Ho pregato per tutto
il tragitto finché lo hanno portato in ospedale,
perché hanno tentato l’intervento chirurgico. Io
non sono stata lì fuori dalla sala operatoria, io sono
andata a chiedere alla Madonna di aiutarci, di aiutarci
tutti. Ed è questa cosa che ha fatto sì che non
fossimo arrabbiati… Perché, insomma, io penso
che ne avrete parlato anche in casa, in effetti è una
cosa pazzesca: un bambino che sta percorrendo
una pista ciclabile, non è da solo, insomma non ci
sono le condizioni perché succeda una cosa del genere;
è per questo che è chiaro che questa cosa…
fa parte di un disegno. Io una cosa così non l’avevo
mai considerata, sono stata contenta di non essere
mai stata disperata un momento. È proprio vero
che c’è un disegno per ciascuno di noi, ed è buono…
So che questo può scandalizzare, posso sembrare
pazza, perché voi dite: “Andrea non c’è più,
io non ce l’ho più come amico, non facciamo più i
compiti insieme, non facciamo più Stand by me”…
E un’altra cosa che sto vivendo è che è proprio vero
che ce l’ho nel cuore, e questa cosa mi fa compagnia…
perché c’è tutta la giornata da vivere. Mi
alzo al mattino e dico: “Oggi è un altro giorno”…
però questa cosa è successa… poi passo davanti
alla sua stanza – che per ora tengo chiusa – e poi
penso a lui che mi chiedeva tantissime cose:
“Mamma, il braccialetto – quell’orologio che avete
tutti – non mi va più bene, vado a prendermene un
altro”, tanto che settimana scorsa l’ho ripreso e gli
ho detto “No, tu non ti puoi gestire i soldi, i soldi li
gestisco io, aspettiamo”…
Da quando è successa la morte di Andrea tutte le
mattine vado a messa dalle suore di clausura, e i
primi giorni ero proprio tristissima e ho chiesto di
parlare con loro… Ogni tanto portavo lì Andrea e
lui faceva un mare di domande perché loro non si
vedono, si parla con loro attraverso una grata… Il
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fatto che loro non escano mai, che passino la giornata
nella preghiera, lo sconvolgeva. Infatti la suora
se lo ricorda, perché Andrea faceva tantissime domande,
o si metteva a sbirciarle quando si mostravano
durante la comunione. Le suore mi hanno
proprio detto che Andrea io ce l’ho nel cuore, e
questo è ciò che non mi fa sentire fino in fondo triste,
abbandonata… è un dramma, ma non è una
tragedia. E l’opportunità che avete in questa amicizia
di Stand by me è grande: non c’è bisogno di farsi
tante domande, c’è solo bisogno che guardiate questa
amicizia e ascoltiate quello che i più grandi vi
dicono e che gli andiate dietro comunque, anche se
non vi tornano i conti… Perché a volte i conti non
tornano… in quello che è successo i conti non tornano…
perché non dipende da noi. Noi dobbiamo
metterci del nostro, ma alcune cose non dipendono
da noi, ma questa cosa la si capisce e la si ama solo
se si guarda qualcosa che ce lo fa capire.
Riccardo, Bevera:
Io volevo dire che provo una grande ammirazione
per voi… Vi avrò visto tre volte in vita mia, ma
questo non conta. Io negli incontri che abbiamo
fatto in questi giorni ho proprio visto gli occhi di
Felice gonfi di lacrime, ma non disperati, perché
aveva la certezza, quella della Resurrezione. Lui
non stava in un angolo con gli occhi e la testa tra le
mani, ma guardava negli occhi tutti e stringeva la
mano dei tanti che gli facevano le condoglianze e lo
salutavano. Questo merita stima, ammirazione.
Benedetta, Villasanta
Ma quando lui è morto avete pianto o siete subito
arrivati al positivo?
Felice:
Continuiamo a piangere, tutte le sere andando a letto
e tutte le mattine alzandoci. E continueremo a
farlo tutte le mattine e tutte le sere, sempre. È come
quando uno è innamorato, e il suo amore parte
per l’America: il primo giorno piange perché parte,
ma gli manca da poco; il giorno dopo piange perché
gli manca di più; e se dopo un mese non torna,
piange ancora di più, perché gli manca da un mese…
Noi siamo destinati a piangere per tutta la vita.
Però, ragazzi, questo non è quello che decide,
capite? È come quando uno ha i compiti da fare, o
un esame: non è che uno studia e lo scopo di studiare
è fare fatica: è imparare! Come per fare il dottore:
si fa tantissima fatica, bisogna studiare sempre,
la fatica che hai o il pianto che hai non è lo
scopo: lo scopo è essere promossi, lo scopo è fare
il dottore. Bisogna che noi, come guardiamo tutte
le cose della vita per lo scopo che hanno, guardiamo
anche il mistero della vicenda di Andrea per lo
scopo della sua vita, che è anche lo scopo della nostra:
perché il destino della nostra vita è la nostra
felicità, il fatto di non morire mai. Noi lo sappiamo:
nasciamo e poi dobbiamo morire. Ma c’è un uomo
al mondo, Gesù, che ha rotto questa catena: dopo
tre giorni è risorto, ed è risorto per consentire che
la nostra storia non finisca, che tutto questo desiderio
misterioso che è il cuore dell’uomo non si interrompa…
Pensate che morire a novant’anni sia meno
drammatico che a undici? È uguale, perché il
nostro cuore è fatto per non morire… E allora la
questione della vita è se c’è al mondo uno che è
riuscito a vincere questo cappio, il fatto che bisogna
morire. Noi non riusciamo a sentire meno
drammatica la scomparsa di un vostro amico, come
di mia mamma 25 anni fa… Bisogna scommettere
tutto sul fatto che 2000 anni fa un uomo è nato, è
morto ed è risorto, è stato più forte della morte! E
seguendo Lui noi non solo gustiamo di più la vita,
ma non siamo sconfitti. Non solo quando verrà il
momento in cui incontreremo il nostro destino, ma
nella vita. Tant’è che siamo capaci di volerci bene,
di essere attenti agli altri, di costruire ospedali,
scuole, università, etc… perché chi ha inventato
queste cose? La gente che aveva vissuto così. Dato
che avevano capito che la morte non chiudeva tutto,
allora gli interessava tutto e così hanno costruito
anche per quelli che venivano dopo di loro: non
solo per il loro interesse piccolo: facevano le chiese,
le cattedrali, le strade, gli ospedali, perché durassero
per sempre… e così hanno costruito tutte
queste bellissime cose. Perché il cuore di ognuno di
noi non è fatto per finire, ragazzi!
Edoardo, GS:
Ma voi di queste cose e della morte ne parlavate
con Andrea prima?
Daniela:
Andrea ha fatto la Cresima il 31 maggio e un giorno
in macchina mi aveva detto: “Mamma, ma io il
Signore non lo vedo; come faccio allora a capire
che esiste?” E io, che ero spiazzata e che non sono
tanto brava a rispondere, gli ho detto: “Sì Andrea,
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il Signore non lo vedi, ma ha mandato Suo figlio,
Gesù, che ha avuto la vita che conosci ed è risorto,
e prima di tutto ci sono i suoi amici che hanno
scritto di lui: ci sono quindi delle cose concrete, e
poi c’è una storia che nasce da Lui. Questo mi aveva
chiesto, e io così gli avevo risposto.
Felice:
Della morte non parlavamo mai; di solito parlavamo
del calcio, delle cose da mangiare, di dove andare
in vacanza, delle cose di cui si parla tutti…
non è che avessimo mai avuto un particolare fascino
per le cose tragiche…
Edoardo, GS:
Ma voi vedevate già prima ad esempio la morte delle
persone care come qualcosa che porta alla felicità?
Daniela:
Andrea non aveva mai vissuto in realtà la morte di
persone a lui care, ma quest’inverno c’è stata tutta
la vicenda di Eluana, e lui era rimasto colpitissimo:
era arrabbiatissimo con le persone che volevano
che Eluana non vivesse più. Lui questa cosa non la
capiva, e diceva: “Come facciamo? Non possiamo
decidere noi quando una persona non deve più esserci!”
Era molto colpito da questa cosa.
Arianna, Lecco:
Ma con i vostri figli come avete fatto? Come
l’hanno presa? Avete spiegato loro le stesse cose
che avete testimoniato a noi?
Felice:
Bisognerebbe chiederlo a loro, ma penso che è
come se per tutti noi in modo simile ci fosse un
dolore profondissimo che non ci abbandonerà mai,
ma nello steso tempo una misteriosa dolcezza ed
un abbraccio alla nostra famiglia, di cui anche loro
hanno fatto esperienza. Però bisogna che tu venga
a trovarci, perché così glielo chiedi.
Caterina, Bevera:
Ma perché bisogna continuare a piangere, se Andrea
è morto?
Daniela:
Perché io comunque sono triste, e mi manca… poi
lui era proprio affettuoso… proprio il giorno prima
ne aveva combinata una delle sue e poi è venuto da
me: “Mamma, bacino, bacino, bacino… .” Io ho
detto: “Andrea, hai 12 anni”, ma lui niente. Perché
comunque siamo persone, siamo deboli… Se voi
avete un dispiacere, non vi viene voglia di piangere?
A me sì, anche prima! Adesso lui mi manca, mi
manca tanto, e mi viene da piangere… ma è un
pianto che non è disperato. Ci faccio i conti, ma
poi riesco a riprendermi. Ma non mi dispiace piangere,
perché la perdita di un figlio è proprio una
cosa grossa.

Felice:
Mio papà mi diceva che quando noi figli ci siamo
sposati – abbiamo fatto una cosa bella quindi, non
siamo morti, ma non eravamo più a casa con lui – a
lui ogni tanto veniva il magone, piangeva. È proprio
importante la tua domanda. Noi siamo fatti di
carne ed ossa, per noi la fisicità delle cose, quello
che vediamo e sentiamo, è importantissima. Tant’è
che Gesù non ha solo detto che l’anima è andata in
Cielo, ma è risorto tutto: anima e corpo. Noi abbiamo
bisogno di tutto: del pallone, del braccialetto,
della presenza, della vista, dell’olfatto, del toccare.
Siamo fatti così, perché niente di questo andrà
perduto. Quindi si piange perché ci manca la sua
presenza fisica. Ed è giusto che ci manchi perché
così non possiamo dimenticarcelo e ricordando
Andrea per noi è più facile fare l’esperienza della
speranza di riabbracciarlo. Tutti ci dicono normalmente
che bisogna dimenticarsi di queste cose, ma
noi non vogliamo dimenticarci di Andrea: io ho già
messo la sua foto davanti al computer in ospedale:
lo voglio vedere tutti i giorni. Perché la vita bisogna
guardarla in faccia. Non si può fare finta che le cose
brutte non esistano e scegliere solo quelle belle,
o quelle belle come diciamo noi. Non si può. Bisogna
capire che la vita è fatta di cose per cui piangi e
cose per cui sorridi, perché la vita non la facciamo
noi, non è come la vogliamo noi.

Caterina, Inverigo:
Io conosco una signora che dopo la morte di suo
figlio ha perso la fede, non è più andata in Chiesa.
Io vi stimo perché voi non avete perso la fede in
Dio e perché non so se riuscirei ad avere così tanta
fede se capitasse a me.
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Felice:
Neanche noi riusciremmo. È proprio una grazia;
bisogna chiederlo però. Perché, come ha detto Daniela,
se Gli chiediamo, Lui ci risponde. Però quella
signora lì bisogna andare a trovarla, bisogna dirglielo,
bisogna aiutarla. Perché non è che quella signora
è cattiva e noi siamo buoni… qual è la differenza?
Quando don Carron è arrivato in chiesa al funerale,
Daniela gli ha detto: “Io sono molto fragile, non ce
la faccio”. Secondo me questo non è vero, tra
l’altro, ma lei la vende così… E Carron è stato incredibile,
e le ha detto: “Ma noi abbiamo incontrato
Uno che ci ha detto che basta dire sì, e poi è Dio
che fa. Però dobbiamo dire sì: bisogna chiedere, bisogna
pregare, bisogna volerlo. Perché Dio se tu
non chiedi non fa niente. Ed è giusto, perché noi
siamo liberi. Ognuno di noi può decidere di stare
attento o di distrarsi, di dedicarsi a Stand by me e
starci dentro per come è oppure di stare sempre un
po’ lì a vedere. Questo Dio non lo fa per noi, al
nostro posto: ognuno deve deciderlo, ma quando
dici sì, poi fa tutto Lui.
Carlo, Inverigo:
Noi ci interessiamo a scoprire il valore della vita
solo quando ne siamo direttamente colpiti. Io non
è che tutti i giorni mi domando queste cose, ma
quando accadono cerco di cambiare… io volevo
chiedere qual è stato il cambiamento in voi.
Felice:
In me il cambiamento più grande è stato che ho
capito che ho bisogno di tutto. Prima pensavo che
in fondo ero uno che se la sapeva cavare. Ora capisco
cosa vuol dire essere povero: non vuol dire non
avere tante cose, ma riconoscere che ho bisogno di
tutto. Che io per essere felice devo dipendere da
qualcosa di più grande che non ho fatto io. È la definizione
di povertà più bella che io conosca. Perché
è vero quello che dici tu: noi viviamo distratti,
ma quando succedono queste cose è come se la vita
diventasse più vera: gli orologi, che continuano
ad essere importanti, lo diventano un po’ di meno,
il pallone nuovo, che continua ad essere importante,
però viene rimesso al suo posto. Quando accadono
questi avvenimenti, siamo messi di fronte a
che cosa tiene su davvero la nostra vita. Questo è
stato il cambiamento: capire che il senso della mia
vita non dipende da me. E poi lo stupore di questo
abbraccio – di cui io non mi ero mai accorto così –
a me e alla mia famiglia. E poi – te ne potrei dire
tante, ma ti dico solo questo – io capisco che non
ho mai capito, guardato mia moglie e i miei figli così
come li guardo adesso. Noi siamo fragili, e bisogna
ricordarsi di questo per continuare a volerli
guardare così. È proprio vero che davanti a certi
avvenimenti, certe domande non si può più cacciarle
via.
Riccardo, Bevera:
Daniela ha detto che Andrea poco prima di morire
ha fatto quella domanda su come si fa a vedere Dio…
per me dopo la morte di Andrea sono tre le
possibili affermazioni: o dire: “Che sfiga!, o “Guarda
che coincidenza”, oppure mi viene in mente che
magari Dio lo voleva preparare. Per me è la terza
possibilità, e per voi?
Felice:
Io non volevo venire qui stasera, è proprio difficile,
però vorrei risponderti così: tira via Andrea un attimo,
e chiediti: “Io perché sono qui?” Perché la
domanda su Andrea è un po’ la domanda di tutti i
giorni, di tutto quello che facciamo. Io posso essere
qui perché mia mamma mi ha obbligato, quindi un
po’ per sfiga, oppure per una coincidenza, casualmente,
oppure posso essere qui perché desidero
essere qui, totalmente: l’ho deciso. Io penso che
misteriosamente quando Andrea ha detto sì alla
cresima ha detto di sì a Gesù e Gesù ha compiuto il
desiderio della sua vita, che è il nostro. Ma voi adesso
avete a tema questa bellissima vacanza, e bisogna
che siate voi stessi fino in fondo in questa
vacanza. Questo per me è il desiderio più grande di
Andrea perché per Andrea Stand by me era un posto
in cui lui era totalmente se stesso, stando con gli
altri,andando dietro agli altri. Quello che è a tema è
questo perché anche nel giorno in cui ciascuno di
noi concluderà la sua strada o dovrà prendere le
decisioni importanti della vita, quello che è importante
è sapere quello che conta. Perché quando uno
è certo di quello che conta, poi le decisioni le prende:
potrà sbagliare o fare giusto, ma nel cuore bisogna
sapere quello che desideriamo. E siccome eravate
gli amici di Andrea, chiedete ad Andrea di
darvi una mano.
Tiziano:
Abbiamo sentito delle cose dell’altro mondo. Io
penso di averle capite, ma di non saperle vivere
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come le vivono loro. Hanno detto cose davvero
sconvolgenti per me. Ho segnato questa frase:
“Dio dona anche quando toglie; anzi, Dio non toglie
niente, ma dona sempre e realizza il desiderio
del nostro cuore”. Io questo voglio: voglio stare in
una compagnia che realizzi il mio desiderio più
grande. Quello che ci hanno detto loro non sono
parole, ma fatti, una testimonianza; io voglio stare
con gente così, che piange, che prova dolore, ma
che non ha paura della morte: io voglio stare di
fianco a persone che non hanno paura della morte.
Il mondo non vuol che si parli della morte, e invece
loro non ne hanno paura. Stiamo dentro a questa
compagnia.
* Non avere paura piccolo figlio mio,
ma è la strada più dura che ti porterà là;
lascia dunque il sentiero, prendi i campi e va’
attraversa quel bosco non temere perché
c’è Qualcuno con te.
C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai
non avere paura prendi i campi e vai...
Quando incontrerai il lupo o la volpe e il leone
non restare impaurito e non far confusione
son di un altro racconto che finisce male
non potranno toccarti non voltarti perché
c'è Qualcuno con te.
C’è Qualcuno con te non ti lascerà mai
non avere paura non voltarti e vai...
Non arrenderti al buio che le cose divora
ora è notte, ma il giorno verrà ancora.
Così, quando sarai a quell’ultimo ponte
con il tempo alle spalle e la vita di fronte,
una mano più grande ti solleverà
abbandonati a quella non temere perché
c’è Qualcuno con te.
C’è Qualcuno con te, non ti lascerà mai
non avere paura non fermarti e vai…

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