martedì 8 febbraio 2011

GIULIA COMUNICA CON LE MANI ED E' FELICE


La Vita Cattolica, venerdì 21 gennaio 2011
di F. Zeni

Mariangela Fontanini Ribera racconta sua figlia, colpita da una malformazione cerebrale. I medici le avevano consigliato di abortire.
Il libro "Vivi. Storie di uomini e donne più forti della malattia", che sarà presentato a Udine sabato 22 gennaio, racconta di una bimba sempre sorridente che, grazie a 30 volontari ogni giorno, riesce pura a sciare.
"Dell’Italia e del Friuli mi mancano le montagne, il cielo, la gentilezza e la cordialità degli italiani."




Inizia così l’intervista all’udinese Mariangela Fontanini Ribera, che da 22 anni vive a Bruxelles e lavora al Parlamento europeo.

Mariangela tornerà a Udine sabato 22 gennaio, dove tutt’ora abitano i suoi genitori, e lo farà per partecipare alla presentazione pubblica del libro dal titolo "Vivi. Storie di uomini e donne più forti della malattia" che, per iniziativa dei Centri culturali "Enzo Piccinini", "Antonio Rosmini" e "Il Villaggio", in collaborazione con l’Associazione Medicina e Persona, con il patrocinio dell’Azienda sanitaria Medio Friuli, si terrà alle ore 17 e 30 nella Sala Spazio Venezia, in via Stuparich a Udine. Alla presentazione interverranno l'autore del libro, Fabio Cavallari, e il giornalista de "La Vita Cattolica" Francesco Dal Mas.
Il libro racconta la storia di Giulia Ribera, la terzogenita nata dal matrimonio di Mariangela con Riccardo, ma anche le storie di altre 7 persone, i modi differenti di rapportarsi con il mondo, di gestire il dolore, di percorrere un cammino.
Signora Fontanini, immagino che dell’Italia le manchi un po’ anche il sole. E’ così?
"Mi manca moltissimo, come anche il calore dei rapporti umani."
Com’è iniziata la storia di Giulia?
"Il tutto è cominciato nel 2002, quando ero in attesa della terzogenita e al secondo mese di gravidanza sono stata ricoverata in ospedale per una minaccia di aborto. In realtà, il pericolo è rientrato immediatamente e la gravidanza è continuata serenamente, però, all’ottavo mese di gravidanza, all’ultima ecografia, è stata rilevata una malformazione cerebrale della bambina e il 23 dicembre 2002 mi sono sottoposta ad una risonanza magnetica. Subito, il medico, in maniera molto fredda, ci ha comunicato che nostra figlia aveva un danno cerebrale molto esteso, che non le avrebbe permesso di sopravvivere o, nella migliore delle ipotesi, sarebbe stata un vegetale."
Un grande dramma per dei genitori, a poche settimane dal parto …
"Tanto più che eravamo all’antivigilia di Natale e il medico, senza tanti giri di parole, ci ha consigliato l’aborto e lo ha fissato per il 26 dicembre. Per lui era una decisione che non andava nemmeno discussa. Io e mio marito ci siamo guardati e abbiamo risposto che non volevamo l’aborto. In ogni caso l’appuntamento è rimasto fissato per il 26 dicembre, per tutta una serie di esami."
Le hanno detto qualcosa sull’aborto?
"Con l’amniocentesi avrebbero messo fine alle funzioni vitali del feto e poi avrebbero indotto il parto."
Una situazione drammatica…
"Ci è stato posto un ultimatum, sembrava che il mondo ci crollasse addosso, ma in cuor nostro avevamo già deciso di non metter fine ad una vita iniziata. Nel caso di persone più fragili, quell’intimidazione psicologica avrebbe portato ad un’interruzione di gravidanza, perché in Belgio l’aborto terapeutico viene praticato in maniera molto disinvolta e l’informazione medica sull’handicap è del tutto insufficiente, spesso negativa e anche falsa. Ci avevano detto che nostra figlia sarebbe stata un vegetale e invece, oggi, Giulia è una bambina bellissima e felice di vivere."
Com’è andata con Giulia?
"E’ nata a termine, un parto più facile dei precedenti; era bellissima e all’età di due mesi si è iniziato a rilevare che non rispondeva come gli altri bambini, era rigida, non dava segni di comunicazione."
E cosa avete fatto?
"Abbiamo avuto la fortuna d’incontrare la dottoressa Marilena Pedrinazzi, di Milano, che è riuscita a recuperare in Giulia tutte le sue potenzialità, attraverso una stimolazione continua iniziata all’età di 2 mesi e che prosegue tutt’oggi. Per farle un esempio, a 4 mesi la facevamo scendere 80 volte al giorno da uno scivolo, a testa in giù, per insegnarle a muoversi. Fino all’età di 2 anni abbiamo gestito la terapia in famiglia."
E dopo?
"Abbiamo aperto la casa a tanti volontari. Una trentina di persone, di varie nazionalità, si alternano ogni giorno per stimolare Giulia. Due persone l’aiutano a compiere gli esercizi e una terza le legge una storia; il tutto per cicli di un’ora, ripetuti più volte nella giornata. A febbraio Giulia compirà 8 anni e ne saranno passati 6 da quando i volontari hanno iniziato a darci un aiuto meraviglioso. Ci son stati dei mutamenti, perché molti hanno cambiato sede di lavoro e non vivono più a Bruxelles, ma con tutti sono nati rapporti bellissimi, perché chi aiuta Giulia scopre in lei qualcosa che richiama al senso e alla bellezza della vita."
Chi è oggi Giulia?
"E’ una bimba felice; al mattino si sveglia sempre con un grande sorriso e le persone che entrano in casa nostra sono contagiate dai suoi occhi e dal suo sorriso. E’ contenta di stare con gli amici, si integra con tutti e più gente c’è, più Giulia è felice. Collabora attivamente alla terapia, non si arrende di fronte a nessuna difficoltà. Comunica con vocalizzazioni e con le mani, si muove a gattoni, va dappertutto e prende tutto ciò che vuole; si mette dritta sulle ginocchia e stiamo lavorando per imparare la posizione eretta, utilizzando l’attrezzatura per sciare, scarponi e sci."
Chissà che prima o poi non impari a sciare…
"Giulia scia già. Siamo appena tornati da una nota località di montagna in Italia, nella quale da 5 anni trascorriamo una settimana sulla neve in compagnia di altre famiglie con problemi simili ai nostri. In queste occasioni Giulia scia due ore al giorno, con l’aiuto di maestri che si sono specializzati per seguire persone diversamente abili."
Chissà quanto è contenta Giulia di sciare?
"E’ felicissima, anche perché, grazie ad un albergatore di larghe vedute, è stato adattato tutto un Hotel alle persone con disabilità. E poi per tutta la settimana godiamo della compagnia e dell’aiuto della dottoressa Pedrinazzi."
Crescendo, Giulia acquisirà sempre più autonomia.
"Si spera, non lo sappiamo, ma qualunque progresso è una vittoria e noi siamo felici per quello che riuscirà a fare. L’importante per questi bambini è sentirsi amati."
E in famiglia, come va con le sorelle più grandi?
"Sono molto brave, adorano Giulia e dicono sempre che la vita senza di lei sarebbe triste."
Giulia va a scuola?
"Si, in una scuola internazionale ed è integrata in un progetto pilota, l’unico disponibile in tutto il Belgio, perché non è prevista l’integrazione dei bambini con handicap, ma vengono quasi nascosti in scuole speciali, gli autistici con gli austistici, i bambini down con i down e così via. In Belgio non si vede mai un handicappato per strada, perché tutto ciò che non corrisponde a criteri di efficienza, bellezza, funzionalità viene relegato negli ospizi, nelle scuole speciali, oppure c’è l’eutanasia; hanno votato l’eutanasia anche per gli ammalati di Alzheimer, non dico altro, è un Paese molto difficile. Pensano di facilitare le cose eliminando il problema alla radice, perché può dare fastidio tutto ciò che rimette in discussione il senso che si vuole dare alla vita e si cerca di nascondere il diverso."
Come definirebbe la vita di Giulia?
"Una vita felice, perché la prova e la sofferenza, come nel caso di un bambino con handicap, non sono sinonimo di infelicità o di tristezza; la vita di Giulia non è né infelice, né triste, come pure la nostra vita con Giulia. Siamo di fronte alla scelta tra subire la situazione o decidere di essere felici. E’ una scelta concreta da rifare più volte al giorno, perché ci sono momenti impegnativi, ma nessun ripensamento."







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