lunedì 11 aprile 2011

LA STORIA DI CHIARA

.....Chiara ha una fede incrollabile da sempre, da prima ancora di sapere della malattia. È a Dio che si è aggrappata per resistere, e lo chiama "socio". «I momenti nei quali la morfina non basta più, i medici sono impotenti e il dolore mi fa impazzire, io ho comunque la sensazione che tutto sia sotto controllo, perché il mio "socio" mi è accanto. Ma è difficile. Istintivamente ho sempre amato l'armonia, ma lei (così Chiara chiama la sua malattia ndr) sta demolendo la mia struttura fisica. Mi guardo allo specchio e dico "Oddio, anche oggi ho perso un pezzo di me". Allora, ho imparato a lavorare su quello che mi resta»......




Le è stata diagnosticata una malattia rara e incurabile. «Mi guardo allo specchio e dico: "Oddio, anche oggi ho perso un pezzo di me"», racconta. «Allora ho imparato a lavorare su quello che mi resta». Così ha scritto un diario, «Crudele Dolcissimo amore», che ha incantato critica e pubblico. E ha toccato nel profondo Cinzia TH Torrini, la regista di «Elisa», che ne ha voluto redigere la prefazione
di Stefania Zizzari

Chiara è soltanto un nome.
M. è soltanto l'iniziale di un cognome.
Chiara M. è soltanto un "mucchietto di niente", come si definisce lei. E invece Chiara M. è l'autrice di un libro «Crudele, dolcissimo amore», edito San Paolo, che non passa inosservato. Che entra nell'anima, la graffia e non la lascia più.
Chiara M. è una giovane donna di Trento, infermiera professionale, alle prese da anni con una malattia rara e incurabile, che giorno dopo giorno come un tarlo sta dolorosamente rosicchiando il suo corpo.
Eppure, in mezzo a tanta sofferenza fisica e psicologica, Chiara non molla. Non può più scrivere? Si fa realizzare un timbro per firmare i suoi libri. Non può più mostrare le mani? Si fa cucire dei bellissimi guanti, intonati al colore dei suoi abiti. Il dolore e la frustrazione sono sempre più forti? Lei sorride. Di un sorriso che è luce per le decine e decine di amici che negli anni ha conquistato con le sue corrispondenze in tutto il mondo.





Tra le persone che le sono più vicine, c'è Cinzia TH Torrini, la regista di «Elisa di Rivombrosa» che ha scritto la prefazione del libro di Chiara e, nel giorno della presentazione in Campidoglio a Roma, le ha voluto fare una sorpresa: ha invitato alcuni amici attori a leggere dei brani del libro. È arrivata Antonella Fattori (la Anna Ristori di «Elisa di Rivombrosa»), poi Giulio Pampiglione (uno dei protagonisti della fiction «Don Gnocchi») e infine Vittoria Puccini, che ha voluto interpretare l'ultima pagina del libro.

«Conosco Chiara dalla fine del 2002», racconta Cinzia TH Torrini, «avevo appena finito di girare "Elisa" e ero esausta. Non avevo voglia di conoscere nessuno, sentivo solo il bisogno di ricaricarmi. E invece, in una tranquilla casa per le vacanze di Roncegno in provincia di Trento, l'ho incontrata e è stata come una calamita. La sua straordinaria forza e il suo incrollabile attaccarsi alla vita, sono servite anche a me. E sono fiera di essere tra coloro che l'hanno costretta a pubblicare questo libro». Sì, perché Chiara non ne voleva sapere di scriverlo. «Io mi sento una persona normalissima», si schermisce lei, «anzi, rileggendo le frasi del libro ho come l'impressione che qualcun altro le abbia scritte al posto mio. Durante tutti questi anni di malattia ho sempre buttato giù le mie emozioni, in una sorta di diario dei giorni in cui mi sentivo sola e dei momenti in cui si faceva più forte il disagio di allontanarmi inesorabilmente dal mondo "normale". Poi mi hanno detto che la mia esperienza poteva essere utile a qualcun altro. E allora mi hanno convinta e faticosamente, con le due dita che "avanzavano", ho cominciato a battere i tasti del computer. Ma non è stato facile, perché in quelle pagine ci sono io. Di più, la mia anima. E ora la vedo pubblicata».

Chiara ha una fede incrollabile da sempre, da prima ancora di sapere della malattia. È a Dio che si è aggrappata per resistere, e lo chiama "socio". «I momenti nei quali la morfina non basta più, i medici sono impotenti e il dolore mi fa impazzire, io ho comunque la sensazione che tutto sia sotto controllo, perché il mio "socio" mi è accanto. Ma è difficile. Istintivamente ho sempre amato l'armonia, ma lei (così Chiara chiama la sua malattia ndr) sta demolendo la mia struttura fisica. Mi guardo allo specchio e dico "Oddio, anche oggi ho perso un pezzo di me". Allora, ho imparato a lavorare su quello che mi resta». E lo fa egregiamente. Le diedero un'aspettativa di vita al di sotto dei 10 anni. Oggi ne sono passati più di 20 e Chiara è ancora qui. Con la sua fede, la sua forza di volontà, il suo ottimismo e la sua inesauribile voglia di vita.


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