Osservatore Romano 16 aprile 2011
Le meditazioni delle quattordici stazioni della Via Crucis – che sarà presieduta da Benedetto XVI al Colosseo la sera di Venerdì Santo, 22 aprile – sono state scritte da suor Maria Rita Piccione, O.S.A., preside della Federazione dei monasteri agostiniani d’Italia. I testi sono preceduti da una presentazione, una introduzione e una preghiera iniziale che sarà recitata dal Papa.
Presentazione
“Se uno vedesse da lontano la patria e ci fosse di mezzo il mare, egli vedrebbe dove arrivare, ma non avrebbe come arrivarvi. Così è di noi… Scorgiamo la meta da raggiungere, tuttavia c’è di mezzo il mare di questo secolo… Ora, affinché avessimo anche il mezzo per andare, è venuto di là colui al quale noi volevamo andare… e ci ha procurato il legno con cui attraversare il mare.
Nessuno, infatti, può attraversare il mare di questo secolo, se non è portato dalla croce di Cristo… Non abbandonare [dunque] la croce, e la croce ti porterà”. Queste parole di sant’Agostino, tratte dal Commento al vangelo di Giovanni (2, 2), c’introducono alla preghiera della Via Crucis.
La Via Crucis, infatti, vuol ravvivare in noi questo gesto di aggrapparci al legno della Croce di Cristo lungo il mare dell’esistenza. La Via Crucis non è dunque una semplice pratica di devozione popolare con venatura sentimentale; essa esprime l’essenza dell’esperienza cristiana: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8, 34).
È per questa ragione che il Santo Padre ogni Venerdì Santo ripercorre la Via Crucis davanti a tutto il mondo e in comunione con esso.
Per la composizione di questa preghiera, Papa Benedetto XVI si è rivolto quest’anno al mondo monastico agostiniano femminile, affidando la stesura dei testi a Sr. Maria Rita Piccione, O.S.A., Madre Preside della Federazione dei Monasteri Agostiniani d’Italia “Madonna del Buon Consiglio”.
Sr. Maria Rita, appartenente all’Eremo Agostiniano di Lecceto (Siena) – uno dei romitori toscani del XIII secolo, culla dell’Ordine di Sant’Agostino – è attualmente membro della Comunità dei Santi Quattro Coronati in Roma, dove ha sede la Casa comune di Formazione per le Novizie e le Professe agostiniane d’Italia. Non solo i testi sono opera di una monaca agostiniana, anche le immagini prendono forma e colore da una sensibilità artistica femminile e agostiniana. Sr. Elena Maria Manganelli, O.S.A., dell’Eremo di Lecceto, già scultrice di professione, è l’autrice delle tavole che illustrano le varie stazioni della Via Crucis. Questo intreccio tra parola, forma e colore ci comunica qualcosa della spiritualità agostiniana, ispirata alla primitiva comunità di Gerusalemme e fondata sulla comunione di vita.
È un dono per tutti sapere che la preparazione di questa Via Crucis nasce dall’esperienza di monache che “vivono insieme, pensano, pregano, dialogano”, per dirla col ritratto vivo ed efficace con cui Romano Guardini tratteggia una comunità monastica agostiniana.
Ogni stazione presenta nell’incipit, sotto la classica enunciazione, una brevissima frase che vuol offrire la chiave di lettura della stazione stessa. Potremmo idealmente riceverla come pronunciata da un bambino, quasi un richiamo alla semplicità dei piccoli che sanno cogliere il cuore della realtà e un simbolico spazio di accoglienza, nella preghiera della Chiesa, della voce dell’infanzia talora offesa e sfruttata. La Parola di Dio proclamata attinge al vangelo di Giovanni, fatta eccezione per quelle stazioni che non hanno un testo evangelico di riferimento o lo hanno in altri vangeli. Con questa scelta si è voluto evidenziare il messaggio di gloria della Croce di Gesù.
Il testo biblico è poi illustrato da una riflessione breve ma limpida e originale.
La preghiera rivolta all’”Umile Gesù” – espressione cara al cuore di Agostino (Conf. 7, 18, 24), ma che abbandona l’aggettivo umile con la crocifissione-esaltazione di Cristo – è la confessione che la Chiesa-Sposa rivolge allo Sposo di Sangue.
Segue quindi un’invocazione allo Spirito Santo che guida i nostri passi e riversa nel nostro cuore l’amore divino (cfr. Rm 5, 5): è la Chiesa apostolico-petrina che bussa al cuore di Dio. Ciascuna stazione coglie un’orma particolare lasciata da Gesù lungo la Via della Croce, che il credente è chiamato a calcare. Così i passi che scandiscono il cammino della Via Crucis sono: verità, onestà, umiltà, preghiera, obbedienza libertà, pazienza, conversione, perseveranza, essenzialità, regalità, dono di sé, maternità, attesa silente.
Le tavole di Sr. Elena Maria – prive di comparse ed elementi accessori, essenziali nel colore – presentano Gesù, solo nella sua passione, che attraversa l’arida terra scavandovi un solco e irrigandolo con la sua grazia. Un raggio di luce, sempre presente e posto in modo da formare una croce, indica lo sguardo del Padre, mentre l’ombra di una colomba, lo Spirito Santo, ricorda che il Cristo “con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio” (Eb 9, 14).
Con questo loro contributo alla preghiera della Via Crucis, le Monache Agostiniane desiderano rendere un omaggio di amore alla Chiesa e al Santo Padre Benedetto XVI, in profonda sintonia con quella particolare devozione e fedeltà verso la Chiesa e i Sommi Pontefici professata dall’Ordine Agostiniano. Siamo grati a queste due Sorelle, Sr. Maria Rita e Sr. Elena Maria, che, nutrite dalla continua meditazione della Parola di Dio e degli scritti di sant’Agostino e sostenute dalla preghiera delle Comunità della Federazione, hanno accettato di condividere, con tutta semplicità, la loro esperienza di Cristo e del Mistero pasquale, in un anno in cui la celebrazione della Santa Pasqua ricorre proprio il 24 aprile, giorno anniversario del Battesimo di sant’Agostino.
Introduzione
Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme (1).
Fratelli e Sorelle in Cristo,
ci ritroviamo questa sera nel suggestivo scenario del Colosseo romano, convocati dalla Parola appena proclamata, per percorrere insieme al Santo Padre Benedetto XVI la Via della Croce di Gesù. Fissiamo su Cristo il nostro sguardo interiore e invochiamolo con cuore ardente: “Ti prego, Signore, di’ all’anima mia: sono io la tua salvezza! Dillo che io lo senta!” (2).
La sua voce confortante s’intreccia al fragile filo del nostro “sì” e lo Spirito Santo, dito di Dio, tesse la solida trama della fede che conforta e conduce.
Seguire, credere, pregare: ecco i passi semplici e sicuri che sostengono il nostro cammino lungo la Via della Croce e ci lasciano gradualmente intravedere il cammino della Verità e della Vita.
Preghiera iniziale
Signore Gesù,
tu ci inviti a seguirti anche
in questa tua ora estrema.
In te è ciascuno di noi
e noi, molti, siamo uno in te.
Nella tua ora è l’ora della prova
della nostra vita,
nei suoi risvolti più crudi e duri;
è l’ora della passione della tua Chiesa
e dell’umanità intera.
È l’ora delle tenebre:
quando “si scuotono le fondamenta della terra” (3)
e l’uomo, “particella del tuo creato” (4),
geme e soffre con esso;
quando le varie maschere della menzogna
deridono la verità
e le lusinghe del successo
soffocano l’intimo richiamo dell’onestà;
quando il vuoto di senso e di valori
annulla l’opera educativa
e il disordine del cuore
sfregia l’ingenuità dei piccoli e dei deboli;
quando l’uomo smarrisce la via
che l’orienta al Padre
e più non riconosce in te
il volto bello della propria umanità.
In quest’ora s’insinua la tentazione della fuga,
il sentimento dello sgomento e dell’angoscia,
mentre il tarlo del dubbio rode la mente
e il sipario del buio cala sull’anima.
E tu, Signore,
che leggi nel libro aperto del nostro fragile cuore,
torni a domandarci questa sera
come un giorno ai Dodici:
“Volete andarvene anche voi?” (5).
No, Signore,
non possiamo e non vogliamo andare via,
perché “tu solo hai parole di vita eterna” (6),
tu solo sei “la parola della verità” (7)
e la tua Croce
è la sola “chiave che ci apre ai segreti
della verità e della vita” (8).
“Noi ti seguiremo ovunque tu andrai!” (9).
In questa adesione è la nostra adorazione,
mentre dall’orizzonte del non ancora
un raggio di gioia
bacia il già del nostro cammino.
Prima stazione
Gesù è condannato a morte
Pilato non trova in Gesù alcun motivo di condanna, così come non trova in sé la forza di opporsi alla condanna stessa.
Il suo udito interiore resta sordo alla parola di Gesù e non comprende la sua testimonianza di verità. “Ascoltare la verità è obbedirle e credere in essa” (10). È vivere liberamente sotto la sua guida e dare ad essa il proprio cuore.
Pilato non è libero: è condizionato dall’esterno, ma quella verità ascoltata continua a risuonare nel suo intimo come un’eco che bussa e inquieta.
Così esce fuori, verso i Giudei; “esce di nuovo”, sottolinea il testo, quasi un impulso a fuggire da sé. E la voce che lo raggiunge da fuori prevale sulla Parola che è dentro.
Qui si decide la condanna di Gesù, la condanna della verità.
Umile Gesù,
anche noi ci lasciamo condizionare da ciò che sta fuori . Non sappiamo più ascoltare la voce sottile, esigente e liberante, della nostra coscienza che dentro amorosamente richiama e invita: “Non uscire fuori, torna in te stesso: è nel tuo uomo interiore che abita la verità” (11).
Vieni, Spirito di Verità, aiutaci a incontrare nell’”uomo nascosto in fondo al nostro cuore” (12) il Volto Santo del Figlio che ci rinnova nella Divina Somiglianza!
Seconda stazione
Gesù è caricato della Croce
Pilato esita, cerca un pretesto per rilasciare Gesù, ma cede alla volontà che prevale e rumoreggia, che si appella alla Legge e lancia insinuazioni.
Continua a ripetersi la storia del cuore ferito dell’uomo: la sua meschinità, la sua incapacità a sollevare lo sguardo da sé per non lasciarsi ingannare dalle illusioni del piccolo tornaconto personale e librarsi in alto, portato nel volo libero della bontà e dell’onestà.
Il cuore dell’uomo è un microcosmo.
In esso si decidono le sorti grandi dell’umanità, si risolvono o si accentuano i suoi conflitti. Ma la discriminante è sempre la stessa: prendere o perdere la verità che libera.
Umile Gesù, nello scorrere quotidiano della vita il nostro cuore guarda in basso, al suo piccolo mondo, e, tutto preso dalla contabilità del proprio benessere, resta cieco alla mano del povero e dell’indifeso che mendica ascolto e chiede aiuto. Tutt’al più si commuove, ma non si muove.
Vieni, Spirito di Verità, avvinci il nostro cuore e attiralo a te. “Custodisci sano il suo palato interiore, perché possa gustare e bere la sapienza, la giustizia, la verità, l’eternità” (13)!
Terza stazione
Gesù cade per la prima volta
Le cadute di Gesù lungo la Via della Croce non appartengono alla Pagina Sacra; sono una consegna della pietà tradizionale, custodita e coltivata nel cuore di tanti oranti. Nella sua prima caduta Gesù ci rivolge un invito, ci apre una via, inaugura per noi una scuola. È l’invito ad andare a lui nell’esperienza dell’umana impotenza, per scoprire in essa l’innesto della Potenza divina.
È la via che guida alla sorgente dell’autentico ristoro, quello della Grazia che basta. È la scuola dove s’impara la mitezza che calma la ribellione e dove la fiducia prende il posto della presunzione.
Dalla cattedra della sua caduta Gesù c’impartisce soprattutto la grande lezione dell’umiltà, “la via che lo portò alla risurrezione” (14). La via che, dopo ogni caduta, ci dà la forza di dire: “Ora ricomincio, Signore, ma con te, non da solo!”.
Umile Gesù, le nostre cadute, intessute di limite e di peccato, feriscono l’orgoglio del nostro cuore, lo chiudono alla grazia dell’umiltà e arrestano il nostro cammino incontro a te. Vieni, Spirito di Verità, liberaci da ogni pretesa di autosufficienza e donaci di riconoscere in ogni nostra caduta un gradino della scala per salire a te!
Quarta stazione
Gesù incontra la Madre
San Giovanni ci presenta lo stare della Madre presso la Croce di Gesù, ma nessun evangelista ci parla direttamente di un incontro tra i due.
In realtà in questo stare della Madre si concentra l’espressione più densa e alta dell’incontro. Nell’apparente staticità del verbo stare vibra l’intima vitalità di un dinamismo. È il dinamismo intenso della preghiera, che si salda con la sua pacata passività. Pregare è lasciarsi avvolgere dallo sguardo amoroso e veritiero di Dio, che ci svela a noi stessi e ci invia per la missione. Nella preghiera autentica l’incontro personale con Gesù rende madre e discepolo amato, genera vita e trasmette amore. Dilata lo spazio interiore dell’accoglienza e intreccia mistici legami di comunione, affidandoci l’uno all’altro e aprendo il tu al noi della Chiesa.
Umile Gesù, quando le avversità e le ingiustizie della vita, il dolore innocente e la truce violenza ci fanno inveire contro di te, tu ci inviti a stare, come tua Madre, ai piedi della Croce. Quando le nostre aspettative e le nostre iniziative, spogliate di futuro o segnate dal fallimento, ci portano a fuggire nella disperazione, tu ci richiami alla forza dell’attesa. Abbiamo davvero dimenticato la potenza dello stare come espressione del pregare!
Vieni, Spirito di Verità, sii tu il “grido del nostro cuore” (15), che, incessante e inesprimibile, sta confidente alla presenza di Dio!
Quinta stazione
Gesù è aiutato da Simone di Cirene a portare la Croce
Simone di Cirene è un uomo ritratto dagli evangelisti con particolare precisione di nome e provenienza, parentela e attività; è un uomo fotografato in un luogo e in un tempo determinati, in qualche modo costretto a portare una croce non sua. In realtà Simone di Cirene è ciascuno di noi. Riceve il legno della Croce di Gesù, come noi un giorno ne abbiamo ricevuto e accolto il segno nel santo Battesimo. La vita del discepolo di Gesù è quest’obbedienza al segno della Croce, in un gesto sempre più segnato dalla libertà dell’amore. È il riflesso dell’obbedienza del suo Maestro. È il pieno abbandono a lasciarsi istruire come lui dalla geometria dell’amore (16), dalle stesse dimensioni della Croce: “la larghezza delle opere di bontà; la lunghezza della perseveranza nelle avversità; l’altezza dell’aspettativa che spera e guarda alto; la profondità della radice della grazia che affonda nella gratuità” (17).
Umile Gesù, quando la vita ci porge un calice amaro e difficile da bere, la nostra natura si chiude, recalcitra, non osa lasciarsi attirare dalla follia di quell’amore più grande che rende la rinuncia gioia, l’obbedienza libertà, il sacrificio dilatazione del cuore!
Vieni, Spirito di Verità, rendici obbedienti alla visita della Croce, docili al suo segno che tutto abbraccia di noi: “corpo e anima, pensieri e volontà, senso e sentimento, agire e patire” (18), e tutto dilata a misura dell’amore!
Sesta stazione
Veronica asciuga il volto di Gesù
Lungo la Via della Croce, la pietà popolare ritrae il gesto di una donna, denso di delicatezza e venerazione, quasi una scia del profumo di Betania: Veronica asciuga il volto di Gesù. In quel Volto, sfigurato dal dolore, Veronica riconosce il Volto trasfigurato dalla gloria; nel sembiante del Servo sofferente, ella vede il Bellissimo tra i figli dell’uomo. È questo lo sguardo che suscita il gesto gratuito della tenerezza e riceve in ricompensa il sigillo del Santo Volto! Veronica c’insegna il segreto del suo sguardo di donna, “che muove all’incontro e porge l’aiuto: vedere col cuore!” (19). Umile Gesù, il nostro è uno sguardo incapace di andare oltre: oltre l’indigenza, per riconoscere la tua presenza, oltre l’ombra del peccato, per scorgere il sole della tua misericordia, oltre le rughe della Chiesa, per contemplare il volto della Madre. Vieni, Spirito di Verità, versa nei nostri occhi “il collirio della fede” (20) perché non si lascino attrarre dall’apparenza delle cose visibili, ma imparino il fascino di quelle invisibili!
Settima stazione
Gesù cade per la seconda volta
Gesù cade nuovamente sotto il peso della Croce. Sul legno della nostra salvezza gravano non solo le infermità della natura umana, ma anche le avversità dell’esistenza. Gesù ha portato il peso della persecuzione contro la Chiesa di ieri e di oggi, quella che uccide i cristiani in nome di un dio estraneo all’amore e quella che ne intacca la dignità con “labbra bugiarde e parole arroganti” (21). Gesù ha portato il peso della persecuzione nei confronti di Pietro, quella contro la voce limpida della “verità che interroga e libera il cuore” (22). Gesù con la sua Croce ha portato il peso della persecuzione contro i suoi servi e discepoli, contro coloro che rispondono con l’amore all’odio, con la mitezza alla violenza. Gesù con la sua Croce ha portato il peso dell’esasperato “amore di sé che giunge al disprezzo di Dio” (23) e calpesta il fratello. Tutto ha portato volontariamente, tutto ha sofferto “con la sua pazienza, per dare un insegnamento alla nostra pazienza” (24). Umile Gesù, nelle ingiustizie e avversità di questa vita noi non resistiamo nella pazienza. Spesso invochiamo, quale segno della Tua potenza, di liberarci dal peso del legno della nostra croce.
Vieni, Spirito di Verità, insegnaci a camminare sull’esempio di Cristo per “attuare i suoi grandi precetti di pazienza con gli atteggiamenti del cuore” (25)!
Ottava stazione
Gesù incontra le donne di Gerusalemme che piangono su di lui
Gesù Maestro, lungo la Via del Calvario, continua a formare la nostra umanità. Incontrando le donne di Gerusalemme raccoglie nel suo sguardo di verità e misericordia le lacrime di compassione riversate su di lui. Il Dio, che ha pianto un lamento su Gerusalemme (26), educa ora il pianto di quelle donne a non restare sterile commiserazione esterna. Le invita a riconoscere in lui la sorte dell’Innocente ingiustamente condannato e arso, come legno verde, dal “castigo che dà salvezza” (27). Le aiuta a interrogare il legno secco del proprio cuore per sperimentare il dolore benefico della compunzione.
Il pianto autentico sgorga qui, quando gli occhi confessano con le lacrime non solo il peccato, ma anche il dolore del cuore. Sono lacrime benedette, come quelle di Pietro, segno di pentimento e pegno di conversione, che rinnovano in noi la grazia del Battesimo.
Umile Gesù, nel tuo Corpo sofferente e maltrattato, screditato e irriso, non sappiamo riconoscere le ferite delle nostre infedeltà e delle nostre ambizioni, dei nostri tradimenti e delle nostre ribellioni. Sono ferite che gemono e invocano il balsamo della nostra conversione, mentre noi oggi non sappiamo più piangere per i nostri peccati.
Vieni, Spirito di Verità, effondi su di noi il dono della Sapienza! Nella luce dell’Amore che salva donaci la conoscenza della nostra miseria, “le lacrime che sciolgono la colpa, il pianto che merita il perdono” (28)!
Nona stazione
Gesù cade per la terza volta
Con la sua terza caduta Gesù confessa l’amore con cui ha abbracciato per noi il peso della prova e rinnova la chiamata a seguirlo fino alla fine nella fedeltà. Ma ci concede anche di gettare uno sguardo oltre il velo della promessa: “Se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo” (29).
Le sue cadute appartengono al mistero della sua Incarnazione. Ci ha cercato nella nostra debolezza, scendendo sino in fondo ad essa, per sollevarci a sé. “Ci ha mostrato in se stesso la via dell’umiltà, per aprirci la via del ritorno” (30). “Ci ha insegnato la pazienza come arma per vincere il mondo” (31).
Ora, caduto a terra per la terza volta, mentre “com-patisce le nostre infermità” (32), ci addita il modo per non soccombere nella prova: perseverare, rimanere fermi e saldi. Semplicemente: “rimanere in lui” (33). Umile Gesù, dinanzi alle prove che vagliano la nostra fede ci sentiamo desolati: non crediamo ancora che queste nostre prove siano già state le tue e che tu ci inviti semplicemente a viverle con te.
Vieni, Spirito di Verità, nelle cadute che segnano il nostro cammino! Insegnaci ad appoggiarci alla fedeltà di Gesù, a credere nella sua preghiera per noi, per accogliere quella corrente di forza che solo lui, il Dio-con-noi, può donarci!
Decima stazione
Gesù è spogliato delle vesti
Gesù resta nudo. L’icona di Cristo spogliato delle vesti è ricca di risonanze bibliche: ci riporta alla nudità innocente delle origini e alla vergogna della caduta (34).
Nell’innocenza originaria la nudità era la veste di gloria dell’uomo: la sua amicizia trasparente e bella con Dio. Con la caduta, l’armonia di quella relazione s’infrange, la nudità soffre vergogna e porta in sé il ricordo drammatico di quella perdita.
Nudità è sinonimo di verità dell’essere.
Gesù, spogliato delle sue vesti, tesse dalla Croce l’abito nuovo della dignità filiale dell’uomo. Quella tunica senza cuciture resta lì, integra per noi: la veste della sua figliolanza divina non si è lacerata, ma, dall’alto della Croce, è a noi donata.
Umile Gesù, davanti alla tua nudità scopriamo l’essenziale della nostra vita e della nostra gioia: essere in te figli del Padre. Ma confessiamo pure la resistenza ad abbracciare la povertà come dipendenza dal Padre, e ad accogliere la nudità come abito filiale.
Vieni, Spirito di Verità, aiutaci a riconoscere e benedire in ogni spogliamento che soffriamo un appuntamento con la verità del nostro essere, un incontro con la nudità redentrice del Salvatore, un trampolino di lancio verso l’abbraccio filiale col Padre!
Undicesima stazione
Gesù è inchiodato sulla Croce
Gesù crocifisso è al centro; l’iscrizione regale, alta sulla Croce, schiude le profondità del mistero: Gesù è il Re e la Croce il suo trono. La regalità di Gesù, scritta in tre lingue, è un messaggio universale: per il semplice e il sapiente, per il povero e il potente, per chi si affida alla Legge divina e per chi confida nel potere politico. L’immagine del Crocifisso, che nessuna sentenza umana potrà mai rimuovere dalle pareti del nostro cuore, resterà per sempre la Parola regale della Verità: “Luce crocifissa che illumina i ciechi” (35), “tesoro coperto che solo la preghiera può aprire” (36), cuore del mondo.
Gesù non regna dominando con un potere di questo mondo, lui “non dispone di alcuna legione” (37). “Gesù regna attraendo” (38): il suo magnete è l’amore del Padre che in lui si dona per noi “fino all’infinita fine” (39). “Nulla si sottrae al suo calore” (40)!
Signore Gesù, crocifisso per noi! Tu sei la confessione del grande amore del Padre per l’umanità, l’icona della sola verità credibile. Attiraci a te, perché impariamo a vivere “per amore del tuo amore” (41). Vieni, Spirito di Verità, aiutaci a scegliere sempre “Dio e la sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze, per scoprire nell’impotenza esterna del Crocifisso la potenza sempre nuova della verità” (42).
Dodicesima stazione
Gesù muore sulla Croce
“Ho sete”. “È compiuto!”. In queste due parole Gesù ci consegna, con uno sguardo verso l’umanità e uno verso il Padre, il desiderio ardente che ha coinvolto la sua persona e la sua missione: l’amore all’uomo e l’obbedienza al Padre. Un amore orizzontale e un amore verticale: ecco il disegno della Croce! E dal punto d’incontro del duplice amore, là dove Gesù china il capo, sgorga lo Spirito Santo, primo frutto del suo ritorno al Padre.
In questo soffio vitale del compimento vibra il richiamo all’opera della creazione (43) ora redenta. Ma anche il richiamo a tutti noi credenti in lui, a “dare compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella nostra carne” (44). Finché tutto sia compiuto!
Signore Gesù, morto per noi! Tu chiedi per donare, muori per consegnare e intanto ci fai scoprire nel dono di sé il gesto che crea lo spazio dell’unità. Perdona l’aceto del nostro rifiuto e della nostra incredulità, perdona la sordità del nostro cuore al tuo grido di sete che continua a salire dal dolore di tanti fratelli. Vieni, Spirito Santo, eredità del Figlio che muore per noi: sii tu la guida che “c’introduce alla verità tutta intera” (45) e “la radice che ci custodisce in unità” (46)!
Tredicesima stazione
Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre
La trafittura del costato di Gesù da ferita diventa feritoia, porta aperta sul cuore di Dio. Qui il suo infinito amore per noi si lascia attingere come acqua che vivifica e bevanda che invisibilmente sazia e fa rinascere. Anche noi ci avviciniamo al corpo di Gesù calato dalla Croce e sostenuto dalle braccia della Madre. Ci avviciniamo “non camminando, ma credendo, non con i passi del corpo, ma con la libera decisione del cuore” (47). In questo Corpo esanime ci riconosciamo come sue membra ferite e sofferenti, ma custodite dall’abbraccio amoroso della Madre. Ma ci riconosciamo anche in queste braccia materne, forti e tenere insieme.
Le braccia aperte della Chiesa-Madre sono come l’altare che ci offre il Corpo di Cristo e là, noi, diveniamo Corpo mistico di Cristo.
Signore Gesù, consegnato alla Madre, figura della Chiesa-Madre! Davanti all’icona della Pietà impariamo la dedizione al sì dell’amore, l’abbandono e l’accoglienza, la fiducia e l’attenzione concreta, la tenerezza che sana la vita e suscita la gioia.
Vieni, Spirito Santo, guidaci, come hai guidato Maria, nella gratuità irradiante dell’amore “riversato da Dio nei nostri cuori col dono della tua presenza” (48)!
Quattordicesima stazione
Gesù è deposto nel sepolcro
Un giardino, simbolo della vita con i suoi colori, accoglie il mistero dell’uomo creato e redento. In un giardino Dio collocò la sua creatura (49) e da lì la cacciò dopo la caduta (50). In un giardino ebbe inizio la Passione di Gesù (51) e in un giardino un sepolcro nuovo accoglie il nuovo Adamo che torna alla terra (52), grembo materno che custodisce il seme fecondo che muore.
È il tempo della fede che attende silente, e della speranza che sul ramo secco già scorge lo spuntare di una piccola gemma, promessa di salvezza e di gioia.
Ora la voce di “Dio parla nel gran silenzio del cuore” (53).
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