Il dibattito sull’aborto dovrà proseguire alle Camere anche dopo il 14 aprile Il Parlamento, nel riformare la legge sull’interruzione di gravidanza, potrà tener conto dei risultati ottenuti dalla rete dei Cav
di Carlo Casini
Tratto da Avvenire del 3 aprile 2008
«La rivolta dei fatti contro la legge 194»: potrebbe essere questo il giudizio di sintesi su ciò che da mesi rompe il silenzio di anni ed occupa prime pagine di giornali e servizi televisivi. Poche vetero-femministe ed alcune ragazzine nate dopo la 194/1978 gridano ancora: «La legge 194 non si tocca!»; la maggioranza dei politici ripete: «La 194 non è materia di campagna elettorale».
Anche chi proclama il diritto alla vita fin dal concepimento precisa spesso che non intende mettere in discussione la legge e la prudenza suggerisce a molti, da sempre critici della legge, di proporre un cambiamento della sua gestione piuttosto che del suo contenuto.
Eppure mai come in questa campagna elettorale si è parlato dell'aborto e della legge che lo regola. Perché i fatti sono sotto gli occhi di tutti.
Dal 19 dicembre scorso i gridi e gli insulti contro il parallelo proposto da Giuliano Ferrara tra pena di morte ed aborto dimostrano una inquietudine che non può essere cancellata. Perché l'ironia o l'indifferenza sarebbero state la risposta se la provocazione del Direttore de Il Foglio fosse una stupidaggine e non un pensiero serio, che tocca corde profonde e problemi sociali e individuali non risolti. Come non parlare della legge 194? Il suo presupposto è il riconoscimento o la negazione dell'umanità del concepito?
Si moltiplicano le lettere a Il Foglio (e ad altri giornali) di donne che confessano di avere a suo tempo difeso la legge, ma che ora dichiarano: «ho cambiato idea».
Molte raccontano un loro aborto provocato e testimoniano un dolore persistente, un rimpianto implacabile. Ma l'aborto legale non avrebbe dovuto «guarire» una «malattia psichica della madre»?
Non sarà che, invece, la genera?
A Napoli dal 13 febbraio scorso, a Genova dall'inizio di marzo si svolgono indagini su aborti ritenuti clandestini: nel primo caso erroneamente, nel secondo facendo venire alla luce una rete vasta e sistematica di aborti illegali. Immediatamente viene difesa anche la illegalità, perché le donne debbono poter interrompere la gravidanza liberamente, senza impacci, nei tempi e nei modi da loro scelti. Ma l'obiettivo della 194 non era la lotta alla clandestinità?
Perché insorgere quando si tenta di arginarla applicando la legge? Non è forse vero che la Corte Costituzionale ha ancorato la liceità della Ivg (interruzione volontaria di gravidanza) alla «necessità» e non alla «libera scelta»?
Le relazioni ministeriali dicono che gli aborti clandestini sono quasi scomparsi e annunciano, trionfanti che la legge, con la contraccezione e i consultori familiari, ha ridotto anche quelli legali. Tuttavia negli ultimi tre mesi vengono scoperte reti di aborti clandestini non solo a Genova, ma anche a Milano, Firenze, Ischia: la punta di iceberg di un fenomeno ancora massiccio?
Il 7 dicembre scorso la stampa ha riportato l'allarme di Lord Still, principale autore della legge permissiva inglese di 40 anni fa.
Insieme a lui è manifestata anche la preoccupazione di una speciale commissione del servizio sanitario nazionale inglese: nel Regno Unito, nonostante la diffusissima contraccezione, l'aborto è in continua crescita, ha superato i 200.000 casi all'anno e ha toccato il record della frequenza. Lo stesso fenomeno si registra in Francia.
Francia e Regno Unito hanno quantità di popolazione e legge simile a quella dell'Italia, ma un assai più vasto uso della contraccezione. Ma allora, che cosa può aver determinato in Italia la auspicabile riduzione delle Ivg?
La legge 194 oppure la resistenza, fatta di pensiero e solidarietà verso la vita, di chi vi si oppone?
Il 9 gennaio, Il Giornale documenta con una mini inchiesta ciò che tutti già sanno, che, cioè, i consultori pubblici per lo più non svolgono nessuna attività di prevenzione post-concezionale, ma si limitano a registrare la volontà della donna.
I quattro colloqui registrati in quattro consultori restano nel silenzio, ma è l'ennesima prova che i consultori, in cui oltretutto si rivolge una minoranza di donne, non hanno affatto ridotto il numero degli aborti. Perché l'art. 2 della legge 194 non viene applicato? Difetto di gestione o difetto strutturale? Panorama del 28 febbraio (n. 9) pubblica un ampio servizio sul Cav Mangiagalli, lodandone l'azione e rende noto il numero verde nazionale S.O.S. Vita (8008.13000).
Dunque l'opinione pubblica comincia a capire che è possibile evitare l'aborto anche quando è in corso una gravidanza non desiderata. Perché non tener conto di queste esperienze e di quella di tutti i Cav per modificare la legge 194?
Nei giorni immediatamente successivi alla pubblicazione di Panorama si moltiplicano le chiamate a S.O.S. Vita: decine di bambini salvati. Perché non predisporre una più completa informazione? Perché non valorizzare il volontariato?
L'8 febbraio un corpicino di neonato viene trovato a Roma in un compattatore di immondizie, il 17 a Genova, un altro in uno scantinato, un altro, non ricordo dove, in una autovettura. Sono gli ultimi abbandoni di una ininterrotta serie. Ma l'aborto legale non avrebbe dovuto eliminare gli infanticidi? Non sarà, invece, che la perdita di cuore verso i bambini non ancora nati incrina anche la capacità di accoglienza dei neonati?
Il 25 marzo la stampa rende noto che a Pordenone una ragazzina di 15 anni si è rivolta a un avvocato per difendersi da genitori che la vogliono costringere ad abortire.
Un caso analogo si era verificato poco prima a Torino con un'altra minorenne fuggita dall'ospedale.
Dove sta la libertà della donna?
Forse anch'ella in molti casi è vittima, non solo se minorenne, dell'ambiente, dei mass media, del gruppo familiare e amicale. La legge 194 è preoccupata soprattutto di garantire la libertà della donna di abortire. Lo scopo primario non dovrebbe, invece, essere quello di restituirle il coraggio e la libertà di non abortire?
Milano, 28 febbraio 2007: aborto selettivo su due gemelli. Il feto è sbagliato, viene ucciso quello sano.
Bisogna subito eliminare anche l'altro «malato», vero destinatario dei ferri letali. Non è il primo caso.
Con degrado di attenzione quando si tratta di aborto?
In una recente intervista il ginecologo radicale di Torino, Silvio Viale, dichiara essere normale che da un aborto «terapeutico» tardivo possa derivare un feto per qualche tempo vivo.
Ma la legge 194, all'art. 7, non stabilisce che l'Ivg è vietata, salvo il pericolo di vita della madre, quando vi è possibilità di vita autonoma del figlio?
Tuttavia vi sono pronunciamenti di medici e politici: i neonati troppo prematuri devono essere lasciati morire se non vi è richiesta di rianimazione da parte dei genitori: nel caso di aborto lo volevano eliminare!
Perché contrastare la loro volontà?
La Regione Lombardia ha ridotto a 22 settimane di gestazione il limite estremo dell'aborto «terapeutico» e scrive nelle sue leggi il diritto alla vita fin dal concepimento. Le altre Regioni e soprattutto lo Stato, che faranno?
All'inizio di dicembre grande clamore perché scienziati giapponesi e statunitensi hanno potuto ottenere da tessuti adulti cellule staminali aventi le stesse caratteristiche di quelle embrionali senza distruggere embrioni. Avvenire lancia la «moratoria europea» sul finanziamento della ricerca distruttiva su embrioni umani. Marzo 2008: risposta negativa dal Commissario competente. Una volta di più si rivela l'opportunità della richiesta del Movimento per la vita e del Forum delle famiglie di riconoscere la capacità giuridica ad ogni essere umano fin dal concepimento, rimuovendo anche l'equivocità nefasta, radice di ogni degrado, dell'art. 1 della legge 194.
La descrizione della linea del fronte potrebbe continuare a lungo. Vi sono la questione della obiezione di coscienza riguardo alla «pillola del giorno dopo», il tentativo di introdurre in Italia l'uso della Ru486, la pretesa del Ministro Turco di interpretare in senso peggiorativo la legge 194, mediante l'emanazione di apposite linee guida, il parallelo attorno alla legge 40 sulla procreazione artificiale condotto anche mediante intervento della Magistratura ( Tar Lazio, 31 ottobre 2007; Tribunale di Firenze, 17 dicembre 2007).
Ve ne è, dunque, abbastanza per tenere la legge 194 bene dentro la riflessione che prima delle elezioni conduce alla scelta del voto e dopo all'impegno per una sua possibile, realistica revisione.
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