......Lo stesso don Giussani, negli anni caldi del Movimento Popolare, a scanso di sbandamenti aveva richiamato più volte i suoi all' «esperienza della fede» come radice del movimento. E così è il discorso di don Carrón a dare la famosa «linea», la radicalità della fede, la stessa rotta tenuta ferma dal «Gius», anche e soprattutto negli ultimi anni. Il tema è la libertà, «oggi un bene tanto prezioso quanto scarso», perché al di là della «soddisfazione dei desideri» la libertà autentica è quella «filiale» della parabola evangelica del Figliol prodigo. «È questa apertura alla totalità che mi fa essere libero, capace di scegliere tra diverse cose, di non essere ridotto a parte dell' ingranaggio delle circostanze, del potere». Come Giussani, l' argomentazione è sostenuta dalle inquietudini del pensiero laico, da Hannah Arendt («Solo perché non mi sono fatto da me posso essere libero; se mi fossi fatto da solo, avrei potuto prevedermi e, così, avrei perso la libertà») al Cesare Pavese de Il mestiere di vivere («ciò che uno cerca nei piaceri è un infinito, e nessuno rinuncerebbe mai alla speranza di conseguire questa infinità»), fino al poeta più amato dal fondatore, Leopardi: «Il desiderio nostro sarebbe più grande che sì fatto universo». Così «l' unica possibilità» di essere davvero liberi è che «il cristianesimo continui ad accadere come avvenimento», e questo avviene «nella Chiesa», ma «solo se essa mi educa al riconoscimento del Mistero». Come fece don Giussani, ricorda commosso: «Possiamo fare esperienza della libertà perché abbiamo conosciuto un uomo libero». Il che significa non chiudersi, «non rimanere incastrati nell' ingranaggio delle circostanze». E stare attenti alle imitazioni: «Il cristianesimo non può proporsi all' uomo in nessuna delle versioni riduttive, come moralismo o spiritualismo, ma attraverso la testimonianza di una esperienza: il cristianesimo deve mettere sul palcoscenico del mondo "uomini liberi"»......
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