“Origini storiche del cristianesimo”, presso la facoltà di Storia dell’Università Complutense di Madrid. Una monografia, dunque, scritta per credenti ma anche per atei o agnostici, che con rigore e metodo prende in rassegna le principali fonti storiche e le esamina “alla luce della ragione scientifica”.
di José Miguel García
464 pp. BUR, euro 11
"Gli uomini raramente imparano ciò che credono già di sapere”, affermava la scrittrice inglese Barbara Ward. E uno dei temi su cui la stragrande maggioranza delle persone crede già di sapere è chi sia veramente Gesù Cristo, e in cosa consista il cristianesimo.
Sembra quasi che sull’argomento non ci sia più nulla di sostanziale da imparare, che al massimo si possano aggiungere, al fatto in sé, solo lezioni etiche o analisi sociologiche, o scoop giornalistici dalla pretesa pseudoscientifica. Il compito non facile che si propone il teologo e biblista spagnolo José Miguel García è di misurarsi “con il cristianesimo reale espresso nelle fonti, non con quanto suppongono o immaginano alcuni autori”. Un libro scritto pensando soprattutto a chi teoricamente è nella posizione privilegiata per una indagine seria e scevra di preconcetti, come gli studenti che ogni anno frequentano il suo corso universitario intitolato “Origini storiche del cristianesimo”, presso la facoltà di Storia dell’Università Complutense di Madrid. Una monografia, dunque, scritta per credenti ma anche per atei o agnostici, che con rigore e metodo prende in rassegna le principali fonti storiche e le esamina “alla luce della ragione scientifica”.Le prime testimonianze a essere considerate sono quelle pagane ed ebraiche: Tacito, Plinio il Giovane, Svetonio, le Diciotto benedizioni e Giuseppe Flavio sono solo alcuni degli autori di cui García riporta brani e brevi testimonianze. Particolarità che rende il libro interessante e che permette di scoprire notizie spesso poco note o sconosciute.
Si respira una singolare aria di libertà e di amore per la verità dei fatti, in questo libro dello studioso spagnolo, ad esempio quando leggiamo: “Tutte le fonti, sia quelle scritte dagli avversari che quelle composte dai seguaci di Gesù, possono esserci utili per ricostruire la verità storica. L’unica condizione richiesta è che vengano utilizzate secondo la critica”. In quest’ottica – e questa è la seconda piacevole sorpresa per il lettore – “anche i Vangeli – valutati secondo i criteri della scienza storica, possono essere utili per avvicinarci all’evento”. Ciò vuol dire che i Vangeli sono riabilitati come vere fonti storiche su Gesù, a dispetto della forte opposizione della critica moderna che ne ha messo in dubbio la veridicità storica. Ed ecco svelato il motivo principale di tanta resistenza: non esattamente la dimostrazione di una falsità presente in quei testi, quanto piuttosto un pregiudizio filosofico: “La presenza del soprannaturale non è possibile; pertanto i racconti che lo affermano non possono essere storici”.
Il teologo spagnolo tuttavia non è mai frettoloso o superficiale nel considerare tutte le obiezioni mosse dagli studiosi che hanno dovuto fare i conti, per esempio, con alcune stranezze o contraddizioni contenute nei racconti evangelici. Anche a queste obiezioni risponde con pacatezza e con la forza della ragione, avallando e sostenendo l’ipotesi che le oscurità del greco evangelico siano dovute a una cattiva comprensione e traduzione di un originale aramaico, che tra l’altro era proprio la lingua in cui si esprimeva Gesù e in cui viene formulata la prima predicazione apostolica. I Vangeli, così come gli Atti degli apostoli o le lettere di san Paolo, non sono degli scritti che affermano verità etiche o spirituali a prescindere da fatti precisi, realmente accaduti e riferiti da testimoni. La storicità delle testimonianze evangeliche, dice García, “è indispensabile per dare l’approvazione di fede in modo ragionevole, umano”. E l’adesione è appunto non a un’idea o a una legge, ma a una persona precisa realmente vissuta: Gesù di Nazareth, incontrabile ancora oggi, concretamente, nella chiesa.
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