"Vedete quanto qui accadde fuori neanche lo possono immaginare... che una coppia scelga di celebrare il giorno più bello della sua vita cosciente, il matrimonio in un ospedale per ammalati terminali è la vittoria della risurrezione di Cristo, è il mondo nuovo evidente, è il "Tu che mi fai" istante per istante che cambia, rende viva, vibrante capisce e se raccontate ciò che oggi avete visto vi prendono per matti. Ma questo è il cristianesimo, questa è la vittoria di Cristo, è la sconfitta della morte, è il significato salvifico del dolore. Provocato no importa da quale malattia".
21 settembre 2009
Cari amici
Guardate che bello! Non siamo su una rampa che porta a un ristorante , ma alla mia clinica per ammalati terminali dove Miriam, la farmacista della clinica ha deciso sposarsi. Qui sono morti i suoi genitori e lei ha voluto che l'accompagnassi all'altare come papà e poi celebrare il matrimonio . Tutti gli ammalati terminali, che avevano un poco di energia hanno assistito seduti sulle sedie a rotelle. Nella stanza a fianco c èra Lorenzo, appena morto.
In un'altra la piccola Lucia, la bimba senza occhi e naso che fino a sabato sera lottava con la morte. Ha 2 mesi. Nelle altre stanze gli ammalati in coma o molto gravi e i miei bambini Victor (quello senza cranio) Aldo, il mio figlio adottivo con la testa sempre più per la prima volta prende paura, per me invece è solo una grande ostia bianca che adoro, come ogni ammalato 3 volte al giorno.
Poi c’era il personale medico, paramedico, etc. vestiti a festa. Infine alcuni dei miei bambini della casita di Betlemme, dove ieri è arrivata la figlia di Fabiana di due anni che abbiamo recuperato a 400 km di qui... anche lei con l’aids. Ma bella come il sole. Tristemente non ha riconosciuto la mamma Fabiana, che lascio a voi immaginare el dolore. Fabiana 19 anni, oltre all’aids, le hanno trovato anche un cancro nella testa. È sofferente non sta più in piedi, il suo volto quasi sfigurato. Eppure che testimonianza ha dato a Carron e tutti noi lunedi scorso!
Segue commovendoci per la letizia, nel dolore più atroce, che ci trasmette una letizia che permette non solo agli ammalati di celebrare il matrimonio prima di morire ma anche ai sani. "Miriam perchè hai scelto di sposarti qui, fra ammalati terminali ed oggi anche un morto?". Le ho chiesto: "perchè qui sono felice, perchè qui è il trionfo della vita, qui c'e Gesù, ci siete voi i miei amici, qui sono di cielo". Dopo queste parole che potevo dire?
"Vedete quanto qui accadde fuori neanche lo possono immaginare... che una coppia scelga di celebrare il giorno più bello della sua vita cosciente, il matrimonio in un ospedale per ammalati terminali è la vittoria della risurrezione di Cristo, è il mondo nuovo evidente, è il "Tu che mi fai" istante per istante che cambia, rende viva, vibrante capisce e se raccontate ciò che oggi avete visto vi prendono per matti. Ma questo è il cristianesimo, questa è la vittoria di Cristo, è la sconfitta della morte, è il significato salvifico del dolore. Provocato no importa da quale malattia".
E mentre dicevo queste cose arriva Rosetta, la bella diciassettenne, metastasi generale, una gamba amputata, l'altra con un ginocchio come un pallone per il cancro e sorda, mi vede, mi sorride. Alzo il pollice destro, come quando voglio sapere come sta, e lei mi risponde sorridendo allo stesso modo. Terminata la cerimonia, tutti alla festa nella sala dell'ospedale, ed io vado a recitare il breviario nella cella mortuaria dove c'è Lorenzo, ormai freddo che mi aspetta. Gli do un bacio, la fronte è proprio fredda, ha gli occhi ancora un po' aperti, con amore gli premo le palpebre e si chiudono al mondo per sempre, ma ora contemplano quel mio "Tu che mi fai".
Sto solo con lui, anche perchè non ha nessuno. Noi siamo la sua famiglia. Provo una grande pace, una letizia, come sempre quando sto solo con un cadavere. Ma non è il cadavere a darmi la pace ma la certezza di quanto diciamo in modo distratto nel "Credo": "Credo la risurrezione della carne, la vita eterna, amen". In fondo la clinica è nata perchè ho preso sul serio anche questo dogma della nostra fede.. ed è quello più dimenticato da tutti, anche dai preti.
Ciao, P. Aldo
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