domenica 11 ottobre 2009

TESTIMONIANZA

La settimana si conclude con una gara emozionante dove ogni bambino, con o senza istruttore secondo il livello di autonomia, effettua la discesa tra gli incoraggiamenti di un pubblico entusiasta. Alla fine tutti sono premiati, perchÈ tutti hanno vinto la loro sfida contro l’handicap”. Giulia sorride, ama la vita, vuole vivere a dispetto delle prognosi, dei dati scientifici, delle sentenze senza appello.



Mariangela Fontanini e Riccardo Ribera sono una coppia italiana che dal 1989 vive a Bruxelles. Trasferitesi per lavoro, lÏ hanno costruito la loro famiglia, cresciuto due gemelle, Alessandra ed Elisabetta e la piccola Giulia. “Lavoriamo entrambi al Parlamento Europeo” dice Mariangela, “oramai il nostro esilio dura da circa vent’anni”. Una vita serena, fatta di soddisfazioni, interessi e amicizie. Potremmo dire comune a quella di molte altre famiglie. Tutto questo sino al 2002 quando Mariangela rimane incinta di Giulia.

Alla dodicesima settimana rischia un aborto spontaneo, ma nel giro di un mese tutto sembra rientrato nella normalit‡. All’ottavo mese, facendo un’ecografia i medici rilevano alcune anomalie e le consigliano di fare una risonanza magnetica. E’ il 23 dicembre, il neurologo che la visita Ë molto schietto e definitivo: “Suo figlia avra' un gravissimo handicap, nella migliore delle ipotesi vivra' come un vegetale, nella peggiore morira'. Le consigliamo l’aborto terapeutico. L’appuntamento Ë fissato per il 26 dicembre”. Al cospetto di quella sentenza definitiva, rimanere saldi non fu facile. Dal punto di vista medico, la questione non si discuteva. La diagnosi non lasciava presagire nulla di buono: una microcefalia associata a una grave polimicrogeria laterale sinistra. In pratica, durante la minaccia di aborto avvenuta alla dodicesima settimana, il cervello della bambina era stato gravemente danneggiato da un’ischemia. Erano compromesse quasi tutte le attivita' motorie e la parola. Unico organo a salvarsi il cervelletto, quindi la vista ed una parte dell’equilibrio. Considerata la patologia riscontrata i medici davano per scontato che la coppia scegliesse la via “dell’aborto terapeutico”. Nella loro logica sembrava non esserci alcuna possibilit‡ per una decisione differente. Spiegarono alla madre anche il metodo che avrebbero utilizzato per l’intervento. Con l’amniocentesi avrebbero tolto la vita alla bambina, poi lei avrebbe partorito “normalmente”. “Io e mio marito” racconta Mariangela “escludemmo immediatamente questa via. Giulia sarebbe nata. L’ultimo mese e mezzo fu durissimo. Le prospettive all’orizzonte si presentavano molto cupe, il quadro nerissimo. Con mio marito abbiamo iniziato a Mendicare la preghiera, in tutto il mondo. Si sono mosse amicizie e comunit‡. Tutto questo ci ha dato una grande serenit‡ e siamo arrivati al parto molto tranquilli, Giulia Ë nata senza alcuna difficolt‡. Era una bambina bellissima. Sull’immediato non si notava alcuna problematica ma con il passare dei mesi le sue difficolt‡ furono subito palesi”. Mariangela, secondo la normativa belga avrebbe potuto affidare la bimba ad un istituto, lasciarla alle cure dei medici e andarla a trovare di quando in quando. Lo stato Belga, si presenta molto solido nella tutela dei suoi cittadini. Elimina alla radice qualsiasi problema. “E’ impressionante” racconta Riccardo, il pap‡ di Giulia, “girando per Bruxelles non c’Ë verso di incontrare un disabile, un portatore di handicap. Sembrano tutti sani. Nella realt‡ chi ha una menomazione, vive negli istituti o confinato in casa. Non esiste la contaminazione con l’altro. Spesso non sono figli di povera gente, o di stranieri ma di medici, professionisti o di affermati imprenditori. Si direbbe che in Belgio l’essere umano ha senso solo sino a quando Ë produttivo, efficiente, perfettamente inserito nell’ingranaggio”. Riccardo e Mariangela si sono scontrati con questa assenza dell’umano in modo faticoso, drammatico. “Dopo che la bambina Ë nata” continua Mariangela “siamo andati dal neurologo che mi aveva consigliato l’aborto e quando ho iniziato a fargli domande, a chiedere cosa potevo fare per aiutare mia figlia, mi ha semplicemente ricordato che era lui il medico e che quello che mi aveva detto era la realt‡, cercare di andare a fondo era inutile e controproducente. Mi ha consigliato uno psicologo per risolvere i miei problemi!” Ovviamente la famiglia Ribera non ha pi_ fatto ritorno da quel medico ed ha iniziato a cercare contatti anche fuori dal Belgio, negli Stati Uniti in Italia. Proprio nella terra natia, quando Giulia aveva due mesi, hanno conosciuto la Dottoressa Marilena Pedrinazzi, terapista della riabilitazione e Docente della scuola diretta a fini speciali per terapisti della riabilitazione, all’Universit‡ di Milano. Da quel momento la loro vita Ë nuovamente cambiata. Finalmente hanno trovato ascolto, una terapia riabilitativa e soprattutto la speranza. Il metodo, in uso negli Stati Uniti, prevedeva una stimolazione continua della bimba, ripetuti massaggi ed esercizi di equilibrio. Un lavoro costante per quasi tutto l’arco della giornata. “Lentamente” continua sorridendo Mariangela “la nostra piccola ha iniziato a progredire. Da inerme totale, ha incominciato ad articolare alcuni movimenti, a far percepire la propria presenza. Altro che vegetale! All’et‡ di due anni, per seguirla con costanza ed attenzione, abbiamo provato a cercare dei volontari che ci aiutassero. Per l’ennesima volta, tramite Giulia la nostra vita Ë cambiata nuovamente. Grazie a lei ci siamo aperti al mondo. Da un appello in parrocchia e con il passaparola, siamo arrivati ad avere trenta volontari che, con turni di un’ora al giorno, hanno iniziato a dedicarsi a nostra figlia. Sabato e domenica compresi. Con questo metodo si sono instaurate amicizie, rapporti solidi che hanno scardinato anche le nostre vite. Ognuno che Ë entrato in casa nostra Ë rimasto affascinato e attratto dalla curiosit‡ di Giulia, dalla sua caparbiet‡, dai suoi occhi accesi”. Ora Giulia ha sei anni, si muove a gattoni, sta sulle ginocchia in verticale, comunica con gli occhi e con i gesti. Se vuole qualcosa la indica, manifesta le sue esigenze, esprime e cerca affettivit‡. E’ sorridente, gioiosa, di buon umore. “Giulia” racconta la mamma “ci interroga ogni giorno sul concetto di felicit‡. Per me lei Ë il Mistero che si manifesta, ma questa attrazione riguarda tutti coloro che l’hanno incontrata, anche i nostri amici non credenti. Giulia, pur essendo limitata, sprizza vita. Mi basta il suo sguardo per capire che Ë viva e soprattutto che vuole vivere, a dispetto di coloro che l’avevano considerata un vegetale. Certo, la nostra vita non Ë facile. E’ un percorso da combattenti quello di un genitore con un figlio portatore di un handicap cosÏ grave. Bisogna gestire la quotidianit‡, cercare di rendere la sua vita piu' normale possibile. E poi rapportarsi con le altre due nostre figlie che stravedono per Giulia coinvolgendola in ogni tipo di attivita' , ma che hanno anche sofferto per il minor tempo dedicato a loro. Eppure nonostante le privazioni che anche loro hanno dovuto subire, oggi ci dicono che se Giulia non ci fosse la loro vita sarebbe triste”. I medici che oggi in Belgio seguono la famiglia Ribera, si sono dovuti confrontare con la realt‡, e cosÏ anche se condizionati dalla mentalit‡ dilagante che non permette loro di spingersi in dichiarazioni che fuoriescono dal protocollo, continuano a domandarsi, piacevolmente sorpresi, come siano possibili i progressi di Giulia visto il suo danno celebrale. Polimicrogiria laterale sinistra, uno stato praticamente vegetativo, eppure Giulia comunica, ride e quest’anno ha partecipato per la terza volta consecutiva alla settimana di sci per bambini e ragazzi con disabilit‡ che la dottoressa Marilena Pedrinazzi organizza ogni anno ad Asiago. Con l’aiuto di istruttori specializzati, racconta Mariangela “bambini e ragazzi con varie disabillit‡, talvolta anche gravi, provano ogni anno, in gennaio, l’esperienza unica dello sci che ha effetti positivi sull’equilibrio e sullo sviluppo delle loro potenzialit‡. I ragazzi e le famiglie alloggiano in un accogliente hotel che un albergatore di larghe vedute, “guadagnato alla causa”, ha concepito in funzione delle esigenze dei disabili. La settimana ad Asiago, che pur comporta delle fatiche per i genitori o i familiari che accompagnano i bambini, È anche l’occasione unica per un confronto umano ed uno scambio di esperienze tra le famiglie. LÏ nascono amicizie straordinarie anche tra i bambini, come quella tra Beppe, un bimbo trisomico, e Giulia. La settimana si conclude con una gara emozionante dove ogni bambino, con o senza istruttore secondo il livello di autonomia, effettua la discesa tra gli incoraggiamenti di un pubblico entusiasta. Alla fine tutti sono premiati, perchÈ tutti hanno vinto la loro sfida contro l’handicap”. Giulia sorride, ama la vita, vuole vivere a dispetto delle prognosi, dei dati scientifici, delle sentenze senza appello.

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