All’Angelus Benedetto XVI si è soffermato sulla crisi economica globale. Tale situazione - ha detto il Santo Padre - è un "sintomo acuto" che si è aggiunto ad altri gravi squilibri. In questo quadro - ha aggiunto il Papa - appare decisivo un rilancio strategico dell’agricoltura.
Cari fratelli e sorelle!
Nella seconda Lettura della Liturgia odierna, l’apostolo Paolo sottolinea l’importanza del lavoro per la vita dell’uomo. Tale aspetto è richiamato anche dalla “Giornata del Ringraziamento”, che si celebra tradizionalmente in Italia in questa seconda domenica di novembre come azione di grazie a Dio al termine della stagione dei raccolti. Anche se in altre aree geografiche i tempi delle coltivazioni sono naturalmente diversi, vorrei oggi prendere lo spunto dalle parole di san Paolo per qualche riflessione, in particolare sul lavoro agricolo.
La crisi economica in atto, di cui si è trattato anche in questi giorni nella riunione del cosiddetto G20, va presa in tutta la sua serietà: essa ha numerose cause e manda un forte richiamo ad una revisione profonda del modello di sviluppo economico globale (cfr Enc. Caritas in veritate, 21). E’ un sintomo acuto che si è aggiunto ad altri ben più gravi e già ben conosciuti, quali il perdurare dello squilibrio tra ricchezza e povertà, lo scandalo della fame, l’emergenza ecologica e, ormai anch’esso generale, il problema della disoccupazione. In questo quadro, appare decisivo un rilancio strategico dell’agricoltura. Infatti, il processo di industrializzazione talvolta ha messo in ombra il settore agricolo, che, pur traendo a sua volta beneficio dalle conoscenze e dalle tecniche moderne, ha comunque perso di importanza, con notevoli conseguenze anche sul piano culturale. Mi pare il momento per un richiamo a rivalutare l’agricoltura non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro.
Nell’attuale situazione economica, la tentazione per le economie più dinamiche è quella di rincorrere alleanze vantaggiose che, tuttavia, possono risultare gravose per altri Stati più poveri, prolungando situazioni di povertà estrema di masse di uomini e donne e prosciugando le risorse naturali della Terra, affidata da Dio Creatore all’uomo – come dice la Genesi – affinché la coltivi e la custodisca (cfr 2,15). Inoltre, malgrado la crisi, consta ancora che in Paesi di antica industrializzazione si incentivino stili di vita improntati ad un consumo insostenibile, che risultano anche dannosi per l’ambiente e per i poveri. Occorre puntare, allora, in modo veramente concertato, su un nuovo equilibro tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia sostenibile, a nessuno manchino il pane e il lavoro, e l’aria, l’acqua e le altre risorse primarie siano preservate come beni universali (cfr Enc. Caritas in veritate, 27). E’ fondamentale per questo coltivare e diffondere una chiara consapevolezza etica, all’altezza delle sfide più complesse del tempo presente; educarsi tutti ad un consumo più saggio e responsabile; promuovere la responsabilità personale insieme con la dimensione sociale delle attività rurali, fondate su valori perenni, quali l’accoglienza, la solidarietà, la condivisione della fatica nel lavoro. Non pochi giovani hanno già scelto questa strada; anche diversi laureati tornano a dedicarsi all’impresa agricola, sentendo di rispondere così non solo ad un bisogno personale e familiare, ma anche ad un segno dei tempi, ad una sensibilità concreta per il bene comune.
Preghiamo la Vergine Maria, perché queste riflessioni possano servire da stimolo alla comunità internazionale, mentre eleviamo a Dio il nostro ringraziamento per i frutti della terra e del lavoro dell'uomo.
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