Con questo blog desidero dare la possibilita' a tutti di leggere articoli ,commenti ,interventi che mi aiutano a guardare la realta', a saperla leggere ed essere aiutati a vivere ogni circostanza positivamente. Mounier diceva "la vita e' arcigna con chi le mette il muso" (lettere sul dolore). E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.
giovedì 5 novembre 2009
MERINI
L'AMORE UMANO NON BASTA
Maddalena Bertolini Fanton martedì 3 novembre 2009
La Merini invoca un Dio materno e plurimo , afferma «ogni cosa bella diventa peritura nelle mani degli uomini, ma ogni cosa bella baciata da Dio diventa una rosa rossa piena di sangue» (da Corpo d’amore). Questo padre, distante e imperante, è tuttavia amoroso in quanto ha mandato un Uomo, Cristo, ad amarci con le mani e lo spiro. Perché Gesù è soprattutto uomo, il suo divino si scrive con la minuscola, lui ama sua mamma con un amore d’amante, lui dona il suo sangue e la sua carne dolorosamente, il sacrificio è prevalente, il dolore è grande, la comunione cioè il suo corpo-pane si spezza sanguinando; e la sua magnifica madre, la donna amata, è cieca e muta davanti a Dio che per questo la possiede, la usa, la feconda.
Certo, non è facile assaporare questa poesia, almeno per quel cristiano che di Cristo conosce il lato felice, anzi, per colui che nella Comunione è assimilato all’Amore e alla Vita Eterna; per chi guarda alla Madre di Dio come immacolata e Prescelta, come colei il cui assenso ha dato senso al mondo; ecco, questo credo sia il limite della poetica mistica della Merini, lei si è fermata sulla soglia del Mistero e sbirciando dentro, ha visto il sangue e il dolore; cose che conosceva bene, che ha prontamente riscattato. Ha visto un Dio che si fa carne ma è rimasta alla carezza, alla mano, non è andata oltre, al Tabor: come se uno si interessasse a uno spettacolo teatrale, ne pagasse il biglietto ma non restasse fino alla fine, fino al compimento, al lieto evento. Perché c’è una misura umana della gioia e quella se la fa bastare. Ma la gioia può essere immensa, quanto la misericordia, più di quella che può stare nel cuore e nel corpo di un uomo, di una donna.
Questa mistica umana si riflette anche nelle sue numerosissime e famose poesie d’amore; erotica, la definiscono, ma no, romantica forse, perché l’eros è ben altro di carezze e carne, l’eros è il piacere che pervade tutto, soprattutto il pensiero e il destino. L’eros non ha limiti, è totale e felice, non colmo di nostalgia e rimpianto, come spesso il suo: è dono totale, disfarsi nella fiducia dell’Altro e è fecondo. La Merini ama la madre, più della maternità, l’amante più dell’amore.
E così si fa amare, parzialmente, numerosamente, ma mai completamente, non si fa mai colmare. Quello che la colma è la poesia, in un invasamento lirico e delirante, a volte; a volte invece lucido e allora umano, terribilmente: il tentativo di uno che basta a sé con il sentore dell’inevitabile perdita.
Piace la Merini in questa poesia, in questo tempo, da questa cultura che va sui mass-media: è adatta e adattabile, è musicabile, è sempre smentibile, povera pazza amante.
Ma a me piace il suo tormento, la sua madre mancante, che sente la dismisura dell’amore
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