Don Giorgio Pontiggia: Lo scandalo di Cristo
«L’idea di Dio non è Dio. Invece, quel bambino che piange e che fa tutto quello che i bambini si fanno addosso, quello lì è Dio». L’ultima lezione di don Giorgio Pontiggia
Negli anni scolastici 2007-2008 e 2008-2009, don Giorgio Pontiggia ha svolto lezione di Religione agli studenti degli ultimi tre anni dell’Istituto tecnico e del Liceo scientifico al Collegio della Guastalla di Monza. Questi sono gli appunti della sua ultima lezione, che si è svolta il 29 aprile 2009.
Non posso più garantire una continuità di presenza, perché inizio, di nuovo, una cura per un cancro endocrino al pancreas, che ho da dieci anni. Perciò, da oggi, capovolgiamo il modo delle lezioni: i vostri professori spiegano e io, quando mi chiamate, approfondisco. Mi dispiace non riuscire a far lezione con continuità, soprattutto perché la lezione serve a me per dover dare le ragioni, a voi, di quello che affermo.
Cos’è il problema religioso
Attraverso quello che accade uno capisce chi è, non attraverso i discorsi. Questi, semmai, servono a capire quello che accade. Noi capiamo cos’è la vita non perché ci sforziamo di capirla, ma perché reagiamo a ciò che accade. Così, noi ci siamo impegnati in questi due anni a vedere con voi che cos’è veramente il cristianesimo, non a capire quello che abbiamo in mente del cristianesimo. Diceva Tolstoj che «l’idea di Dio non è Dio». Così, l’idea che abbiamo della vita non è la vita. Tu puoi avere tutte le idee che vuoi, ma la vita non è le tue idee. Allo stesso modo, l’idea che hai dell’esperienza cristiana non è di per sé una realtà, a meno che quell’idea corrisponda alla cosa. Lo scopo che abbiamo è che voi vi confrontiate con ciò che ogni avvenimento è; che vi raffrontiate non con ciò che pensate che sia, ma con quello che è la sua realtà.
Il problema religioso, abbiamo detto sin dalla prima lezione, non è il problema di Dio, è il problema della vita. Qual è, infatti, lo scopo del lavoro che abbiamo fatto? La questione è sul senso della vita. Perciò occorre sorprendere cosa sia Dio nella nostra vita. Tale sorpresa genera la domanda: chi sono io perché Tu ti curi di me?
Umano in tutto e per tutto
Il cristianesimo non è quello che abbiamo in mente, ma è quello che corrisponde di più al fatto in sé. Se Dio è diventato un uomo vuol dire che la verità coincide con quest’uomo. Se, invece, rimane questa divisione tra lo spirituale e il materiale, se l’umano rimane separato dallo spirituale, allora siamo ancora da capo: Cristo viene rigettato indietro. Invece, quel bambino che piange e che fa tutto quello che i bambini si fanno addosso, quello lì è Dio. Lo scandalo del cristianesimo non è Dio, ma è quell’uomo lì, è il fatto che Dio decida di rendersi presente attraverso un uomo, Cristo. Se Cristo è diventato un uomo e poi se ne va, non ne rimane traccia. Il cristianesimo è diventato scandaloso non per Dio, ma per la sua presenza in un uomo, Cristo di Nazareth. Tutte le volte che dividiamo i due aspetti – divino/umano – noi neghiamo il cristianesimo. Gesù, secondo tale separazione, non era vero uomo: era solo un attore che fa finta di essere un uomo. La conseguenza è che, così, Dio rimane nell’Iperuranio.
«Il pensiero di Dio non è Dio». Se il divino decide di comunicarsi attraverso l’umano, la prima implicazione è che l’umano rimane umano in tutti i sensi, non è umano per finta.
Come un terremoto
Solo rendendomi conto di questo io posso giudicare che cosa c’è in gioco, senza ridurre la realtà a ciò che io ho già in mente. In questi giorni avete potuto vedere tutti la tragedia del terremoto in Abruzzo. Che cosa ha voluto dire? Il terremoto sta a dimostrare la iella di chi l’ha subìto oppure che l’uomo non riesce a vivere le cose che pur vuole vivere? Come le cose della vita, anche il terremoto è una sfida. Qual è, dunque, la vera risposta a quello che questa gente prova? La verità è quella di quell’uomo che ha perso tutto, due figli e la moglie, e che ha saputo dire, alla televisione, di aver sempre pregato Dio nella sua vita, ma di riuscire solo adesso a dire: «Io chi sono, o Signore, Tu che ti sai preoccupare anche del filo d’erba?».
Comunque, per capire il cristianesimo occorre innanzitutto rendersi conto di ciò che è veramente in gioco; e poi, in secondo luogo, verificarlo rispetto alla nostra vita. Proviamo, così, a riprendere il nostro percorso di quest’anno.
Un incontro, non un pensiero
Dunque: il cristianesimo, prima di tutte le idee che abbiamo, è un uomo che ha detto: «Io sono Dio». È uno che, sul tuo cammino, dice: «Io sono quello che il tuo cuore cerca». Derivano da qui due conseguenze: la prima è che, se Dio è diventato un uomo, il modo in cui mi rendo conto di Lui è un incontro, non un pensiero. Un incontro con quell’uomo, con l’umanità di quell’uomo. Questo Dio ha un fattore oggettivo, perché un uomo nella storia ha detto: «Io sono Dio».
Occorre dunque imbattersi in questo uomo, non basta conoscerne la storia.
La verità si sperimenta
La seconda conseguenza del fatto che devo incontrarlo, quest’uomo, è originata da una domanda: ma io come faccio a accorgermi, a capire che quell’uomo lì è Dio? Per rispondere, chiediamoci come hanno fatto i suoi discepoli a rendersi conto di quel fatto, duemila anni fa. L’hanno capito, forse, perché Lui continuava a ripetere: «Io sono Dio»? No, i discepoli si sono imbattuti con una personalità che li ha affascinati. E, dunque, come si fa a rendersi conto che l’imbattersi con una personalità così è l’imbattersi col Mistero di Dio, presente in quella persona? Come faccio a rendermi conto di questo? C’è un unico modo: provare, verificare. La risposta di Gesù a coloro che chiedevano: «Ma tu chi sei?» è stata questa: «Venite e vedete». Cioè vedete se la vostra vita diventa più felice. Cos’è, infatti, la verifica? È sperimentare la verità come capacità.
Gesù è la nostra realizzazione
Così, per noi, oggi, come può essere la verifica di quella presenza? La verifica, per noi, nasce dalla domanda: la Sua presenza realizza meglio la nostra vita, o no? Infatti, si capisce che Dio è Dio dalla sua capacità di migliore realizzazione dell’umano. Egli è come un medico che cura meglio di tutti gli altri una malattia. Gesù è il medico delle anime. Come Cristo risponde al problema umano? Non togliendolo, ma rendendolo utile. Realizzando pienamente ciò per cui Lui c’è. La coscienza della presenza di Cristo rende, perciò, più umana la mia vita.
O Dio è una marca o è una corrispondenza dell’umano. Come Cristo risponde al problema umano? Realizzando compiutamente l’umano. Perciò, più i discepoli stavano con Cristo, più cresceva in loro, sorprendentemente, la domanda su loro stessi. Cristo rispondeva alle loro attese più di tutti gli altri, rispondeva alle loro esigenze costitutive fin dalla loro origine, da dove queste nascono.
Senza questa verifica uno non può dirsi cristiano (e sarà anticristiano per pura reazione), perché non avrebbe le ragioni del suo assenso (o del suo dissenso).
Una risposta inimmaginabile
Un tempo, quando qualcuno faceva un oggetto particolarmente bene, si diceva: «L’ha fatto da Dio», che vuol dire che l’ha fatto proprio come quell’oggetto sarebbe dovuto essere. Dio può fare una cosa non vera? Vera, dico, cioè piena, che risponde meglio a ciò che desidero io. Ecco, questa è la verifica che in quella persona ci si imbatte col Mistero di Dio presente, la verifica che quello che ci stiamo dicendo non è una balla: che, affrontando la vita come quella Presenza ci indica, questo realizza meglio la nostra vita. D’altra parte, penso che a voi piacciano le Ferrari: chi conosce meglio la Ferrari, il tizio che se la guida, oppure chi l’ha progettata? Chi la possiede di più?
Che Dio sia Dio si capisce dalla modalità che vive, che è quella più corrispondente anche alla realizzazione della mia vita. Gli altri ti dicono solo di fare delle cose. Così, rendersi conto di questo è la grande battaglia, la grande alternativa, tra chi ti dice: «Fai come dico io» e un Altro che dice: «Segui me». Chi è più vero? Chi realizza meglio la tua vita. Chi distrugge la sua vita semplicemente afferma che ciò per cui vive non è vero. Guardate, invece, a quella vecchia di 98 anni che, in Abruzzo, per trenta ore è stata sotto le macerie prima di essere portata fuori. E che ha detto: «Ho fatto l’uncinetto e ho pregato molto». Dal punto di vista umano, chi realizza di più la sua vita, una così o altri? La coscienza della presenza di Cristo rende più trasparente, più umana la vita, e non con visioni soprannaturali, ma perché mi risponde in un modo inimmaginabile.
Dio non chiede mai troppo ai suoi figli.
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