sabato 23 gennaio 2010

L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL MEETING EMILIA GUARNIERI A NEW YORK

....Oggi capisco che il desiderio del cuore non si ferma neppure di fronte al rombo del cannone.
Lo capisco perché ho visto accadere nella mia vita un gusto per la realtà, una passione per gli uomini, un interesse per il mondo, un fascino per la bellezza, che non mi sarei mai immaginata. E ho visto e incontrato tanti uomini animati dalla stessa passione, mossi dallo stesso impeto, commossi dallo stesso struggente bisogno di infinito......


New York Encounter 2010
New York Marriott Marquis – Times Square, 1535 Broadway, New York City

Illustri ospiti e cari amici, grazie per questo invito che mi ha dato la possibilità di essere per la prima volta in America. Grazie a coloro che avranno la pazienza di ascoltarmi e ai quali chiedo scusa di non essere in grado di parlare se non nella mia lingua.



È una grande gioia, oltre che una incredibile emozione, essere qui a parlarvi del Meeting di Rimini, che significa parlarvi di metà della mia vita, perché, da quando abbiamo iniziato questa avventura nell’estate del 1980, il Meeting ha rappresentato per me uno dei fattori fondamentali attraverso cui ho imparato a vivere e a conoscere la realtà.
Dio mi regalato alcune cose stupende, don Giussani, la mia famiglia, Carrón (l’ultima grazia in ordine di tempo) e, non ultima, la possibilità di collaborare alla costruzione del Meeting.
Cito don Giussani e Carrón con familiarità, come si citano degli amici, perché tali sono per me, come per tanti di noi. Don Giussani è il fondatore di Comunione e Liberazione, il movimento cattolico internazionale che è anche uno degli organizzatori del New York Encounter. Don Carrón è la guida di Comunione e liberazione dalla morte di don Giussani, avvenuta nel 2005, e domani in questa sala presenterà l’ultimo libro di don Giussani pubblicato negli Usa.

Il Meeting non l’ho inventato io (infatti l’idea è di Antonio, mio marito), a me è solo capitato di potere accogliere la proposta di parteciparvi.

Era l’inizio dell’estate del’80; già da molti mesi un gruppo di amici stava lavorando intorno ad un’idea, nata intorno ad una pizza alla fine dell’estate precedente: l’idea di portare a Rimini, grande capitale della vacanza, tutto quello che di bello, di vero e di interessante c’era nel mondo: artisti, personalità impegnate nelle lotte di liberazione, testimoni della fede, scienziati, uomini che nel mondo stavano costruendo opere….

Perché volevamo incontrare queste persone e perché avevamo la presunzione di ritenere che avrebbero accettato il nostro invito?
La risposta a queste due domande penso possa essere il filo che tiene insieme le cose che vi dirò.


Perché incontrare?
Eravamo stanchi delle ideologie, dei dibattiti, delle analisi…avevamo imparato attraverso la nostra esperienza che ciò di cui noi e tutti gli uomini hanno bisogno è un avvenimento di liberazione, un presente già salvato e non l’utopia di un futuro da costruire. Questa liberazione già noi la vivevamo, nell’amicizia con don Giussani nel movimento di CL, nella nostra amicizia, e volevamo veramente “metterla in piazza" perché tutti potessero conoscerla ed incontrarla.
Di fronte al nemico di allora che era l’ideologia, come di fronte al nemico di oggi che è il nichilismo, la cosa più utile e vera che gli uomini possono comunicare agli altri è la forza della propria esperienza e di una costruttività già in atto, per questo fin dall’inizio invitavamo soprattutto testimoni. Quel primo anno vennero a Rimini i dissidenti russi Maximov e Bukovskij, l’Abbè Pierre, Congdon… e negli anni immediatamente successivi Ionesco, Tarkovskji, Madre Teresa, Giovanni Paolo II, il Dalai Lama, Michelin, Walesa, il Cardinale Ratzinger, Li Lu di piazza Tienanmen e tanti altri.
Ospiti e autorevoli relatori del Meeting sono stati in questi anni gli amici insieme ai quali ho l’onore di parlare questa sera: il prof. Weiler, che conosce ormai il Meeting meglio di me, il prof. Sulmasy che ci ha regalato nel 2004 una grande testimonianza della sua professione medica, il prof Gregory, intervenuto lo scorso anno sul tema dell’educazione. Li ringrazio della loro presenza, così come mi permetto di ringraziare il presidente della New York University John Sexton che ha così autorevolmente introdotto il nostro incontro.
Sarebbe lungo citare tutti gli ospiti americani di questi anni, mi limito pertanto ad alcuni che documentano, con la loro partecipazione, come il Meeting possa ormai vantare una amicizia stabile con il vostro paese: il giudice Samuel Alíto, Chaim Potok, Edmund Pellegrino, John Mather, Mary Ann Glendon, che ormai ci permettiamo di considerare quasi una nostra ambasciatrice.


Il Meeting fin dai suoi inizi si è connotato come un avvenimento di amicizia. La parola “amicizia”, inserita nel titolo della manifestazione, Meeting per l’amicizia fra i popoli, esprime infatti la certezza che il dialogo, il pluralismo, temi molto di moda negli anni '80 e anche oggi, sono valori importanti, ma l’amicizia è qualcosa di più, viene prima, è una stima gratuita nei confronti della diversità dell’altro, è il riconoscimento che ciò che può fare incontrare gli uomini è innanzitutto ciò che essi hanno in comune: il desiderio di felicità e di bellezza, il gusto della verità e della positività del vivere, ciò che Giussani, e ormai tanti di noi, chiamano cuore.
Non è un caso che il titolo del prossimo Meeting sia “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”.
Ogni anno infatti il Meeting ha un titolo, una suggestione, una provocazione, con la quale coloro che partecipano sono in qualche modo chiamati a paragonare la loro esperienza. Noi stessi siamo provocati a fare esperienza di ciò che il titolo suggerisce, perché se non è vero in ogni istante, per noi che lavoriamo, che invitiamo e incontriamo gli ospiti, che ciò che ci definisce è questa tensione alle “cose grandi”, all’infinito, non siamo neppure in grado di testimoniare il contenuto della nostra proposta.

A partire dalla provocazione del titolo, ogni anno si crea un luogo, uno spazio e un tempo, in cui, intorno al miracolo della gratuità di oltre 3000 volontari, l’esperienza della fede cristiana documenta la sua energia di incontro e di reale dialogo, sconfiggendo in azione uno dei grandi dogmi della cultura moderna, cioè che l’identità sia nemica dell’universalità.
I volontari, provenienti ormai da tanti paesi del mondo, quest’anno addirittura un gruppo di studenti americani realizzerà per il Meeting una mostra sulla figura e l’opera di una grande scrittrice americana, Flannery O’Connor, sono il punto più espressivo del Meeting, perché è proprio l’esperienza vissuta della loro carità, cioè della loro affezione a Cristo, che crea quel clima umano dove è possibile per tutti sentirsi accolti ed abbracciati. Don Giussani, incontrando nell’82 i volontari del Meeting di allora, diceva che la gratuità è l’unico modo che l’uomo ha di imitare Dio.


Perché tante persone hanno accolto il nostro invito? Perché avevamo la presunzione di credere che questo potesse accadere? Perché il Meeting è cresciuto?
Questo è l’orizzonte della seconda domanda che avevo posto all’inizio.

Abbiamo avuto sempre un punto di forza: partire dalla realtà, da ciò che già c’é.
E ciò che c’era e c’è è la nostra amicizia, la nostra storia e la trama di rapporti che questa storia ha intessuto nel mondo. Chi viene al Meeting normalmente lo fa perché qualche amico gliene ha parlato o perché è legato a qualche filo che arriva fino a Rimini.
Tanti che sono oggi in questa sala credo potrebbero documentare questa affermazione.
Sono rapporti che diventano stabili, storie di persone che continuano a crescere insieme, iniziative che si sviluppano e si incrementano, come il rapporto con la Thempleton Foundation o con Jane Stavis e Salvatore Petrosino della Scuola of Visual Arts, in collaborazione con la quale da tre anni il Meeting organizza con successo un concorso internazionale per cortometraggi .
Non abbiamo mai fatto alchimie o calcoli sui rapporti, anche perché l’esperienza ci ha da subito documentato che solo puntare sul “cuore” e sull’esperienza mette veramente insieme e fa diventare amici.
La gratitudine per l’incontro con Cristo ci rende appassionatamente compagni di tutti gli uomini e di tutti i tentativi che gli uomini fanno alla ricerca del bene e della verità.
Questa è l’esperienza che abbiamo vissuto in questi 30 anni di meeting e che ci ha consentito di incontrare tutti, ebrei, mussulmani, atei, cristiani delle diverse confessioni, buddisti…

Chi partecipa al Meeting, anche chi magari è arrivato solo per ragioni o interessi particolari, come uno sponsor, un artista che viene per la sua esibizione, un accademico invitato per un particolare contributo scientifico, un politico,un capo di stato o un rappresentante di qualche importante istituzione pubblica, normalmente rimane colpito da “qualcosa di più” che incontra: un clima, un tessuto umano in cui sperimenta che ciò che è a tema è la propria umanità, il proprio io. E questo fa sentire “a casa”, fa star bene. Il grande Eugène Ionesco, venuto al Meeting nell’87, commentava così la sua esperienza “sarebbe stato mio desiderio poter vivere in quell’ambiente di fraternità e spiritualità una vita intera. Ciascuno vi viveva la propria intimità riuscendo al tempo stesso ad incontrare tutti gli altri, condividendola. Il fenomeno degli incontri di Rimini mi ha portato l’equilibrio della serenità. Di una sorta di saggezza. Forse più di questo.”

Non avremmo mai avuto l’ardire di investire sul cuore, la presunzione di potere amare gli altri, di interessarci alla loro vita, di potere diventare amici, se noi per primi non ci sentissimo stimati ed amati nella nostra umanità.
Don Giussani ci ha voluto bene, ha voluto bene a me, a ognuno dei miei amici; ho sperimentato il calore di questo affetto e di questo interesse alla mia persona fin dalla prima volta in cui l’ho incontrato, avevo 16 anni e lui semplicemente mi ha detto “adesso sei qui”, cioè sei con noi.
Giussani ha stimato fin dall’inizio il tentativo del Meeting, ci ha fatto compagnia, ci ha corretto. E quando vedo che oggi Carrón fa come lui, mi commuovo di stupore e di gratitudine. Vivere senza la paura che i tuoi errori possano toglierti la stima e l’affetto delle persone a cui tieni è l’esperienza più bella e gratuita che un uomo possa fare.

Questa benevolenza sperimentata ha reso il nostro cuore aperto e disponibile ad accogliere la grande consegna che Giovanni Paolo II ci lasciò nell’82 quando, al termine del suo discorso al Meeting, ci disse “per non agonizzare, per non spegnersi nell’egoismo sfrenato… costruite senza stancarvi mai una civiltà che nasca dalla verità e dall’amore”.
Non siamo migliori degli altri, siamo persone che ogni giorno combattono contro la tentazione dell’individualismo, del proprio interesse, perché, come diceva recentemente Carrón “questa tentazione è sempre in agguato”. Ma siamo anche persone che hanno incontrato, cito ancora Carrón “un affetto più soddisfacente di qualsiasi individualismo, Gesù, il Mistero diventato carne. Solo chi ha avuto la grazia di incontrare un dono così, può capire cos’è quella soddisfazione che consente di sostenere tutta la vita”.


È un dono gratuito il fatto che la trama di amicizie di cui parlavo prima cresca e che ogni anno il Meeting sia, per chi vi partecipa, un avvenimento, un’esperienza umana reale e personale, qualcosa che può cambiare la vita.
Sono sempre più certa che se il Mistero di Dio ha chiesto a me, a Marco, responsabile della programmazione di tutti i convegni del Meeting che è qui con me, ai nostri amici che lavorano con noi, di servirlo in questo modo….fino a questo istante almeno… la Grazia che lui ci elargisce con l’Avvenimento della sua Presenza è l’indicazione secondo la quale dobbiamo lavorare. Tanti anni fa, proprio agli inizi del Meeting, don Giussani, mentre stavo uscendo da una sala stracolma di preti ai quali avevo presentato il Meeting, mi richiamò indietro e mi urlò ”Emilia, prega la Madonna perché ti conservi l’energia che hai!”. Non l’ho più dimenticato! Il Meeting non è nostro, non ci appartiene. Anche le nostre energie non sono le nostre, il temperamento che abbiamo e che contribuisce alla realizzazione dell’evento ci è dato, gli incontri che accadono… tutto è un dono che ci capita di incontrare.

È veramente un gran colpo di fortuna quello che ci è successo! Incontrare CL è proprio una fortuna, perché una esperienza umana così intensa, così bella, così ricca non me la sarei immaginata. Neanche a 15 anni, quando mi commuovevo leggendo nel diario di Anna Frank “sento il rombo del cannone che ucciderà noi pure, ma non posso rinunciare a sperare che quello che desidero possa realizzarsi” e mi chiedevo, affascinata ed incredula, come si potesse avere una certezza così incrollabile.
Oggi capisco che il desiderio del cuore non si ferma neppure di fronte al rombo del cannone.
Lo capisco perché ho visto accadere nella mia vita un gusto per la realtà, una passione per gli uomini, un interesse per il mondo, un fascino per la bellezza, che non mi sarei mai immaginata. E ho visto e incontrato tanti uomini animati dalla stessa passione, mossi dallo stesso impeto, commossi dallo stesso struggente bisogno di infinito.

Sarà bello quest’estate vedere, ancora una volta, in azione “questo cuore che ci spinge a desiderare cose grandi”.

Vi aspettiamo a Rimini. Grazie!

lunedì 18 gennaio 2010

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