giovedì 5 luglio 2007

QUELLO CHE UNA PERSONA GIOVANE O ADULTA VERAMENTE VUOLE- LO SI CAPISCE NON DAL LAVORO DALLO STUDIO CIOE' DA CIO' CHE E' OBBLIGATO A FARE

dalle convenienze o dalle necessità sociali, ma da come usa il suo tempo libero. Se un ragazzo o una persona matura disperde il tempo libero, non ama la vita: è sciocco. La vacanza, infatti, è il classico tempo in cui quasi tutti diventano sciocchi. Al contrario, la vacanza è il tempo più nobile dell’anno, perché è il momento in cui uno si impegna come vuole col valore che riconosce prevalente nella sua vita oppure non si impegna affatto con niente e allora, appunto, è sciocco.
....«L’attesa delle vacanze documenta una volontà di vivere: proprio per questo non devono essere una “vacanza” da se stessi. Allora l’estate non sarà una interruzione o una proroga al prendere sul serio la vita» ...
Ciao
sono al mare con Laura che olre a farmi compagnia ed aiutarmi mi aiuta a vivere la giornata nella peghiera e nella domanda.
Mi ha raccontato che l'anno scorso aveva scritto a don Carron.
La sua lettera era poi comparsa su tracce.
L'ho cercata ed ora la pubblico.
Giovanni sta molto bene con Laura e certamente si sente guardato con stima e amato.
E' difficile che Giovanni si sbagli nei giudizi,lui ha un sesto senso e sente subito se lo sguardo dell'altro e' un abbraccio o una misura del limite.


Voler bene


Caro don Carrón, il giorno dopo gli Esercizi, ero nella biblioteca della mia scuola con alcuni miei allievi. È entrata Enza, un’assistente educatrice che conoscevo solo di vista, con un ragazzo disabile su una carrozzella che non riesce né a parlare né a muoversi. Ha chiesto scusa, ha fatto per allontanarsi con lui, temendo di disturbarci, ma io l’ho fermata, pregandola di dividerci l’ampio spazio della stanza. Mentre lavoravo, la osservavo: era tenerissima con lui, gli asciugava la saliva, lo abbracciava, si dondolava dolcemente con lui al suono della musica, gli parlava all’orecchio. All’improvviso per me è stato come se non ci fosse più né tempo né spazio: mi sono resa conto che avevo questa coscienza: c’era Cristo in quel ragazzo, e Enza era braccia, gambe, voce di Cristo per quel ragazzo. Stavo ricevendo una grazia, perché tutto quello che avevo sentito agli Esercizi, alla Giornata di inizio anno, alla Scuola di comunità, nei momenti di aiuto di Famiglie per l’Accoglienza era lì, lo stavo vivendo. Mi sono venuti in mente gli amici, le lezioni, le iniziative, i gesti che mi hanno aiutato a “vedere” questo, come il don Gius che, vedendo una mamma imboccare il figlio spastico con un cucchiaio che si perdeva sulla faccia, ha detto: «Dio, fammi essere come lei!», o di Giuseppe, capace di accoglienza gratuita nei confronti di un disabile che ha adottato da tanti anni.
Al pomeriggio ho raccontato questo a Elena che mi ha detto: «Racconta questa tua esperienza anche a Enza». Così ho fatto. Lei mi ha ascoltato, ribattendo che per lei era naturale comportarsi così con lui perché gli voleva bene.

Alla fine della mattina mi ha rincorso e mi ha dato un biglietto con scritto: «Grazie per quello che mi hai detto e soprattutto per quello che i tuoi occhi hanno detto. Io credo che ognuno di noi è portatore del messaggio di Dio e del suo amore. Questa volta però l’angelo di Dio non sono io, ma da quel ragazzo e lo capisci dal suo sguardo. Oggi di angeli ne ho incontrati due: lui e te, perché, tramite le tue lacrime, mi hai trasmesso Amore». Laura, Bergamo

Nessun commento: