.....Ingombri di morte, invece che poverissima ma degnissima vita. E ora queste scoperte, che occorre guardare con una specie di tenerezza, ci vengono a dire qualcosa di stupefacente. Di struggente. Perché la vita cerca la vita. E dunque la vita che ha dato spinta a tutta la ricerca, la finezza tecnologica che costruisce e aggiorna tali strumenti, ecco a tutta la vita spesa nella ricerca e nel perfezionamento tecnologico, risponde la vita, flebilmente ma imperiosamente. La vita risponde alla vita. Se la vita la cerca. Troppe volte pare di sentire invece una strana, inquietante voluttà della morte. Come se in fondo la vita non fosse fatta per cercare ovunque gli ultrasuoni della vita.......
PERCHÈ SÌ
di Davide Rondoni
Il fatto è che la vita non è solo quel che decidiamo essa sia. È un mistero più grande. E, come raccomandava Einstein, il senso del mistero è il miglior alleato non solo dei poeti ma anche degli scienziati. La vita non è solo quel che ci pare, quel che decidiamo sia, o debba essere. Le nuove scoperte pubblicate sul New England Journal of Medicine da parte dell'équipe internazionale che ha impiegato mezzi sofisticati per comunicare con persone in stato vegetativo, riaprono una questione delicata e drammatica.
La vita, dunque, esiste anche là dove non la si vede. O dove non la si vuole vedere. Il fatto è che la vita non obbedisce solo al nostro sguardo. Da tempo, anche in mezzo a infuocate, tristissime e però necessarie polemiche intorno a casi pietosi elevati a casi pubblici, si era in molti a dire, confortati da diversi scienziati, che occorre cautela, molta rispettosa cautela a trattare certi malati come se lo stato vegetativo fosse una zona più simile alla morte che alla vita. Come se si trattasse di quasi morti, più che vivi. Come se si trattasse di gente più di là che di qua. Ingombri di morte, invece che poverissima ma degnissima vita. E ora queste scoperte, che occorre guardare con una specie di tenerezza, ci vengono a dire qualcosa di stupefacente. Di struggente. Perché la vita cerca la vita. E dunque la vita che ha dato spinta a tutta la ricerca, la finezza tecnologica che costruisce e aggiorna tali strumenti, ecco a tutta la vita spesa nella ricerca e nel perfezionamento tecnologico, risponde la vita, flebilmente ma imperiosamente. La vita risponde alla vita. Se la vita la cerca. Troppe volte pare di sentire invece una strana, inquietante voluttà della morte. Come se in fondo la vita non fosse fatta per cercare ovunque gli ultrasuoni della vita.Non ditemi che sono immagini poetiche: questa è la benedetta realtà di queste scoperte. La realissima dinamica di queste scoperte. E poi, sì, di fronte a un flebilissimo segno di vita possiamo decidere di non ascoltarlo, di spegnerlo. Di dire: come sei ridotto male, come sei inutile. E spegnere, tirare una riga, alzare lo stesso il lenzuolo sul viso. Come se non venisse niente da quel poverissimo corpo. Come se fosse muto, lui che muto non è. La lingua ha cercato la lingua per parlare alla vita residua, alla vita poverissima. È l'avventuroso cammino, la esaltante ricerca, il dovere purissimo della scienza: cercare sempre nuove lingue, nuove sonde per captare il segno, il battito, il bip sperduto ma realissimo della vita umana. Per interpretare anche la più povera traccia di noi. Questa è la gloria della scienza. Umiltà gloriosa. Vita che cerca la vita. Contro, se occorre, ogni accomodamento, ogni disperazione, ogni cecità che presume di vedere solo la morte. Che presume di dover condannare a morte quel che è ancora visitato da vita.
È grande il mistero di certe esistenze, toccate dalla disgrazia. Mistero, ma non indegnità. Disgrazia, ma non svalutazione. Riguarda i malati in stato vegetativo, o come vogliamo chiamare questo stato indefinibile, come riguarda ciò che definiamo rovinato, sfregiato e privato di valore e dignità. E che invece la scienza, accostandosi ad altre sapienze umane, ci richiama a battezzare ancora vita, e a onorarla.
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