.....Il giudice Gerard Dugré si è pronunciato - in ambito giuridico è ancora permesso - rispetto alla causa della scuola cattolica di Montréal, che aveva chiesto di riconsiderare il programma ERC, spiegando «cosa significasse richiedere a una scuola cattolica, come la Loyola high School, un atteggiamento neutrale». Dugré, «considerando il rispetto dei diritti fondamentali, le istanze di tolleranza e di multiculturalismo», si è detto «molto stupito» dalle idee del Ministro. «Lo Stato», ha affermato il giudice, «non può in alcun modo obbligare un istituto religioso a insegnare secondo una prospettiva neutrale». Ma poi si è spinto oltre. «Durante il suo intervento», racconta John, «ha ribadito che il fondamento stesso dello Stato canadese si trova "in principi che riconoscono il primato di Dio e lo Stato di diritto" (Charter of Rights and Freedoms)»... ....
di Linda Stroppa
23/06/2010 - Ricordate? Giusto un anno fa vi abbiamo raccontato il ricorso di un padre contro l'insegnamento dell'Etica al posto della Religione. Ora, il Tribunale del Québec gli dà ragione: «Perché pluralismo non significa libertà»
«Ce l’abbiamo fatta». Sorride John, abbracciando la moglie sui gradini del tribunale. «È passato un anno, ma abbiamo vinto». John Zucchi, professore di Storia alla McGill University di Montréal, nel giugno 2009 «si è ritrovato davanti a un giudice contro il Ministero dell’Istruzione del Québec, come coattore insieme alla Loyola high School di Montréal»
Nel settembre precedente, era stato presentato agli studenti canadesi il nuovo programma Etica e Cultura religiosa (ERC), definito dal Ministero «un progetto educativo per una società pluralista». In sostanza: viene eliminato l’insegnamento della religione, in nome di una più prudente “cultura religiosa”. Perché, sostiene il Ministro dell’Educazione, «solo una scuola aconfessionale è in grado di garantire la libertà di tutti». «Secondo il programma», spiega John, «i docenti dovranno attenersi a una visione “neutrale”, perché gli studenti possano sviluppare autonomamente le proprie posizioni». Le conseguenze di una visione del genere sono sotto gli occhi di tutti: la fede non c’entra più nulla. Né con la vita né con la conoscenza. Si può parlare. Punto. Ma attenzione a giudicare. Si correrebbe il rischio di passare per oscurantisti.
«In questo modo, però, è persa ogni possibilità di educazione», commenta Zucchi. Se un insegnante non può esprimere una posizione sull’etica, che cosa insegnerà ai suoi alunni? «Pensiamo a che confusione possa generare l’insegnamento “neutrale” dell’etica in un ragazzino di quindici anni». Il paradosso è evidente. Resterebbe da chiedersi cosa significa essere neutrali? Anche una posizione neutrale implica una scelta. Il pensiero di John va subito alla sua famiglia, ai suoi figli, ma anche ai suoi studenti. «Se i miei studenti fossero neutrali significherebbe o che sono addormentati o che non capiscono quello che stiamo studiando... Così ho pensato che non potevo restare indifferente. E non solo come insegnante, ma come padre», racconta il professore canadese. «Se in nome del pluralismo noi sopprimiamo una posizione di fede consapevolmente vissuta, perdiamo di vista la realtà».
John ne parla a casa e nella scuola del figlio Thomas. Si confronta, domanda. Poi decide: bisogna ribattere al Ministero. Così nel giugno scorso, il preside della Loyola e John sono andati in aula. Con una domanda: come si può imporre un’educazione secolarizzata, senza cadere nel paradosso totalitario?
Oggi, a distanza di un anno, il tribunale del Québec sembra aver colto la provocazione. Il giudice Gerard Dugré si è pronunciato - in ambito giuridico è ancora permesso - rispetto alla causa della scuola cattolica di Montréal, che aveva chiesto di riconsiderare il programma ERC, spiegando «cosa significasse richiedere a una scuola cattolica, come la Loyola high School, un atteggiamento neutrale». Dugré, «considerando il rispetto dei diritti fondamentali, le istanze di tolleranza e di multiculturalismo», si è detto «molto stupito» dalle idee del Ministro. «Lo Stato», ha affermato il giudice, «non può in alcun modo obbligare un istituto religioso a insegnare secondo una prospettiva neutrale». Ma poi si è spinto oltre. «Durante il suo intervento», racconta John, «ha ribadito che il fondamento stesso dello Stato canadese si trova "in principi che riconoscono il primato di Dio e lo Stato di diritto" (Charter of Rights and Freedoms)».
«Sono felice dell’esito della causa. Il Ministro è restato sulle sue convinzioni, è vero. Anzi, ci ha già comunicato che andrà in appello per riuscire nel suo intento. Ma non importa». John è tranquillo. Sa bene che la vicenda non terminerà a breve. «Ma, mi riscopro sempre più lieto. Sono sereno perché so che non devo dimostrare nulla. Saremo attaccati da tanti, ma sarà un’occasione per dire che cosa ci sta a cuore. Mi sono battuto per la vicenda della Loyola high School solo per questo: ribadire che sono fatto per un rapporto. E questo c’entra soprattutto con l’educazione». Il Ministero canadese, invece, faticando a capire, si è arreso. Sottraendosi all’avventura educativa. «Nell’educazione una posizione neutrale non è una posizione. Non lo è il secolarismo e nemmeno il liberalismo. Il rischio è quello di cadere sul fronte opposto: «La dittatura dell’uomo sull’uomo» (Giussani, Il senso religioso, p. 125). Allora l’unica via d’uscita, l’unica salvezza è in un rapporto che educa e abbraccia la persona». Questo però non lo insegnano al programma di etica.
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