C’è una costante nelle vite dei grandi santi. Gente diversa, di ogni tipo. Con idee diverse su molte cose. Addirittura su fronti opposti in diatribe teologiche infuocate. O di diverse fedi politiche, metodi di azione, giri di amicizie e fortune (o sfortune) sociali. Ma tutti questi tipi diversi hanno una cosa in comune. Non sopportavano il lamento. San Francesco come san Benedetto. Santa Francesca Cabrini come Giovanni Bosco, san Bernardo come Madre Teresa. Non solo era gente che non si lamentava - della aria fetida di Bombay o del fetore che talvolta alligna anche nella Chiesa. Ma s’arrabbiava pure se i loro fratelli e figli spirituali si mettevano a mormorare per qualunque motivo. Ai mormoratori, molti santi, come pure la Bibbia, dedicano parole di fuoco. Eppure di motivi per lamentarsi ce ne sono a bizzeffe. Dentro e fuori la Chiesa. L’invito a non mormorare è un tipico consiglio pratico, non solo morale. Molto ebraico, in questo senso. Se si mormora si perde tempo, invece di cambiare le cose che si pensa non vadano bene. Insomma, un dispendio di energie inutile. Roba pratica. L’avversione al lamento, insomma, non viene da una specie di conservatorismo - moltissimi di questi santi hanno fatto parecchio sommovimento e prodotto cambiamenti e innovazioni radicali - ma da una consapevolezza che mormorare contro l’autorità è comodo, vile e inutile. Obbedire e cambiare. Due cose che sembrano inconciliabili, ma solo per chi non sa cosa è la Chiesa.
Davide Rondoni (tracce.it)
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