.....oggi vivo l’esperienza, grazie anche all’opportunità di stare vicino a Carròn, che ci voleva un altro a farci rendere conto fino in fondo di ciò che avevamo incontrato. Viene in mente una frase che il Giuss ha detto più volte: è meglio che me ne vada, è un vantaggio per voi. Che poi è lo stesso che Gesù diceva ai suoi apostoli: me ne devo andare, è meglio per voi. Non ho mai capito questa frase del Giuss, e neanche quella di Gesù: cosa desideravano gli apostoli se non di poter sempre restare con Lui? Però l’esperienza documenta un fatto: il momento in cui Gesù se ne va, diventa la possibilità per quegli uomini di riconoscere Cristo presente ovunque........
.....La mancanza del Giuss ha costretto tutti, grazie anche a Carron, a riconoscere cosa lui ci aveva portato, ci aveva insegnato, cosa aveva vissuto, cosa noi avevamo incontrato, cioè la presenza di Cristo nella storia......
Intervista di ariminol a don Eugenio Nembrini.
E' di qualche anno fa ma mi sembra molto attuale
CL al tempo di Carròn. Cosa è cambiato nel ‘Movimento’ a tre anni dalla morte di Don Giussani.
È cambiato niente, è cambiato tutto. Un paradosso, una filosofia da Gattopardo uguale e contraria. Eugenio Nembrini la usa per spiegare ad Ariminol cosa sia Comunione e Liberazione a tre anni dalla scomparsa del fondatore e leader don Luigi Giussani.
Il cronista osserva che Cl a Rimini è quella realtà che in una sera di febbraio riempie l’auditorium del Palacongressi per presentare un libro del fondatore la cui prima edizione risale a più di dieci anni fa. Un bel paradosso, anche questo. Sul palco ci sono uno psicanalista famoso, che risponde alle domande dei lettori sui giornali, ed un sacerdote, per molti anni missionario in Kazakistan, che non conosce Elisabetta Canalis ma la sa intrattenere sull’aereo intorno alle sfide di don Giussani. Eugenio Nembrini, appunto. L’auditorium pieno ed un parterre popolato di vip che non avresti mai immaginato nell’atto di ascoltare la testimonianza di un barbuto e ruspante prete bergamasco.
Nembrini è stato richiamato in Italia da don Julian Carròn, il successore di Giussani alla guida del movimento. Vive nella stessa casa con lui, lo conosce bene, è uno dei suoi collaboratori fidati. “Quando è morto il don Giuss, non sono nemmeno tornato in Italia per i funerali, dovevo stare coi ragazzi. Sono rientrato dopo qualche mese e sono rimasto impressionato da un fatto: non era cambiato nulla rispetto alla sostanza di quell’esperienza che avevo incontrato nel 1972: la proposta del Giuss, la promessa enorme che Cristo risponde al cuore dell’uomo, era ancora vera e stava diventando ancora più affascinante. Nello stesso tempo a me sembra che oggi sia cambiato tutto. Mi spiego: io a don Giuss volevo bene, ho avuto la fortuna di incontrarlo, anche se negli ultimi tempi un po’ meno. Ma oggi vivo l’esperienza, grazie anche all’opportunità di stare vicino a Carròn, che ci voleva un altro a farci rendere conto fino in fondo di ciò che avevamo incontrato. Viene in mente una frase che il Giuss ha detto più volte: è meglio che me ne vada, è un vantaggio per voi. Che poi è lo stesso che Gesù diceva ai suoi apostoli: me ne devo andare, è meglio per voi. Non ho mai capito questa frase del Giuss, e neanche quella di Gesù: cosa desideravano gli apostoli se non di poter sempre restare con Lui? Però l’esperienza documenta un fatto: il momento in cui Gesù se ne va, diventa la possibilità per quegli uomini di riconoscere Cristo presente ovunque.
La mancanza del Giuss ha costretto tutti, grazie anche a Carron, a riconoscere cosa lui ci aveva portato, ci aveva insegnato, cosa aveva vissuto, cosa noi avevamo incontrato, cioè la presenza di Cristo nella storia.
Posso spiegarlo anche in un altro modo. Per vari motivi, in questi anni abbiamo spesso corso il rischio di far diventare il movimento una struttura, un’organizzazione: ‘io sono di Cl, quindi faccio, dico certe cose’.
Con Carron è stata ‘ripulita’ tutta la questione organizzativa, non che non ci sia più l’organizzazione, che per una vita è necessaria, ma si è riportato tutto alla questione centrale: la possibilità che il mio cuore incontri il cuore di Gesù Cristo presente nella realtà.” Fino a quattro anni fa, Carròn non era un ‘prete in carriera’ dentro Comunione e Liberazione. Era un tranquillo docente di teologia a Madrid. Eppure Giussani scelse lui. Nembrini ne traccia il ritratto: “E’ un uomo che non viene dalla struttura. Lui lo dice molto spesso: io il Giuss l’ho conosciuto pochissimo, lo vedevo una volta all’anno, l’ho incontrato attraverso i suoi libri. In particolare cita sempre il capitolo decimo del Senso Religioso. Racconta: l’ho letto e riletto centinaia e centinaia di volte. Abbiamo quindi un uomo, professore al seminario, che sapeva spiegare benissimo Dio, i santi, la Trinità, la Madonna, ma a un certo punto gli accade qualcosa di straordinario: comincia a capire che quelle realtà non sono più una cosa da discutere, da spiegare ma diventano l’esperienza di un Cristo vivo adesso, del Mistero presente ora. Nel suo percorso, nell’incontro con il Giuss, il suo rapporto con la realtà viene sconvolto, finalmente vengono messi insieme l’io e la realtà. Carròn è un uomo che, per la sua storia, ama questo tema del rapporto tra l’io e la realtà. Tant’è che anche con noi del movimento ha cominciato tre anni fa un percorso, a cui ci sta ancora accompagnando, che era partito come una bomba: la questione del cuore. Noi non capivamo e obiettavamo: ma cosa c’entra il cuore? Ma Carron tirava e tira fuori continuamente don Giussani, i suoi scritti, perché lui li ha proprio gustati, amati e capiti come una proposta per la propria umanità, per la propria libertà. Cerca di coinvolgere ognuno di noi in questo percorso di libertà che lui ha compiuto”.
Non è proprio immediato – a meno che non se ne sia fatta esperienza - pensare a Cl come qualcosa che ha a che fare con il cuore dell’uomo, con le sue esperienze elementari e le sue esigenze insopprimibili. Del movimento – amato o detestato – si hanno tante immagini, le più diverse e contrastanti. Spesso prevale l’idea del gruppo cattolico compatto, lanciato a conquistare la società e il potere. Don Eugenio Nembrini propone la sua immagine: “Se oggi dovessi morire, Cristo non mi chiederebbe cosa ho fatto o cosa non ho fatto. Penso che la sua domanda sarebbe: ma quando ti ho chiamato, in quell’istante tu mi volevi bene? Questo è il punto, non altro. E la chiamata ha colto ciascuno in una situazione diversa: uno stava studiando, uno stava lavorando, uno stava facendo la politica, uno stava facendo il commerciante, uno stava peccando. Per tutti, però, la stessa domanda: in quell’istante mi volevi bene? La stessa parola movimento è affascinante, il movimento non può essere quello di ieri; se è quello di ieri, è morto. Il movimento è la libertà della persona che nell’incontro con Cristo, dentro la compagnia e il rapporto con dei testimoni, incomincia ad abbracciare la realtà, tutta la realtà, giocandovi la propria responsabilità, il proprio carattere, la propria istintività. Peraltro, questa è la descrizione della Chiesa, pari pari”.
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