giovedì 22 luglio 2010

CATERINA CHE E' RISORTA CON UNA RISATA


.......«La vicenda fa riflettere: innanzitutto, sulla grande incertezza e sulla variabilità della volontà personale di sospendere le terapie. Dovremmo sapere molto bene che un conto è la volontà espressa quando si è in piena salute o sotto l’influsso doloroso della difficile condizione esistenziale di un amico o un parente, tutto un altro è decidere di se stessi nel momento in cui si diventa fragilissimi e appesi alla vita con un filo. Si scopre, allora, che non desideriamo affatto spezzare questo filo, per quanto sottile esso sia […] Il favor vitae, poi, è un principio cardine di ogni ordinamento davvero civile.........


A CURA DI ROBERTA MERCURI PER IL FOGLIO DEI FOGLI -
«La mattina di quel 12 settembre ero baldanzoso come un bambino e non sapevo che Caterina, la mia Caterina, doveva morire quella sera stessa. Era scritto che alle 21.30 sarebbe finito il mondo. Per me. Per sempre. O sarebbe cominciato un nuovo mondo» (il giornalista e scrittore Antonio Socci nel libro Caterina, diario di un padre nella tempesta, dove racconta il coma e il risveglio della figlia). [1]

Antonio Socci, cattolico, indagatore di misteri cristiani, dai Segreti di Karol Wojtyla al Segreto di padre Pio, fino al Quarto segreto di Fatima. [2]
Caterina Socci, 24 anni, bella, occhi scuri e riccioli neri, studentessa universitaria, la sera del 12 settembre 2009, dodici giorni prima della laurea, entra in coma a causa di un improvviso arresto cardiaco: il suo cuore smette di battere per un’ora e mezzo («Il cuore fermo per un’ora e mezzo significa un coma senza speranza o danni immensi, devastanti… Probabilmente irrecuperabili»). Il padre Antonio nel suo blog rivolge agli amici una richiesta accorata: «C’è una cosa importantissima e preziosissima che si può fare: pregare!».

Da quelle poche parole, attorno a Caterina «si crea una straordinaria catena di solidarietà e di preghiera». Nei primi cinque mesi vengono celebrate almeno quattrocento messe per la sua guarigione, in famiglia e in vari santuari del mondo: da Santiago di Compostela a Fatima, da Loreto a Guadalupe, dalla Divina Misericordia di Assisi a San Pietro a Roma, fino alle sperdute missioni dell’Africa profonda. [1]


Il 16 settembre Caterina riapre gli occhi per la prima volta, il 13 ottobre, a causa di complicanze gravissime, di nuovo rischia la vita e viene ripresa per i capelli, il 3 gennaio risponde per la prima volta quando la si chiama («Risponde con un semplice “ah”, ma riesce a esprimere molto chiaramente la sua riposta»). Il 7 gennaio Socci prega «ardentemente che Gesù ci dia un segno certo che Caterina capisce». Uscendo dalla chiesa ed entrando nella stanza della figlia, vede «Caterina a letto e Alessandra al suo fianco che stanno ridendo a crepapelle! […] Cosa è successo? Da giorni provavamo a leggere qualche pagina a Caterina. Era dunque accaduto che Alessandra quel pomeriggio stava leggendo a voce alta Il giovane Holden di Salinger e, arrivata a un punto in cui il romanzo ha un paio di battute, Caterina è scoppiata a ridere di colpo […] Solo oggi ci siamo resi conto che dal 3 gennaio Caterina ha fatto un passo decisivo. In qualche modo potremmo dire: è tornata». [1]


«Caterina si è svegliata dal coma ed ora è cosciente e presente. In barba anche a quanto previsto da certi neurologi… Certo la situazione è ancora drammatica, Cate ha un lunghissimo e faticoso lavoro di riabilitazione e recupero da affrontare. Ma noi speriamo e crediamo che la madre di Dio, dopo aver iniziato questo miracolo, porti a compimento l’opera» (Antonio Socci). [1]


Nel novembre scorso era stato annunciato il «miracolo» di Rom Houben, un belga in coma dal 1983 che improvvisamente sembrava cosciente e in grado di comunicare battendo sui tasti di un computer. Poi il dottor Steven Laureys, primario della facoltà di Neurologia all’ospedale dell’Università di Liegi, ha ammesso che il paziente resta isolato nel suo mondo e incapace di comunicare. «Houben, secondo quanto dichiarato in novembre, aveva indicato alla sua terapista che gli teneva la mano quali tasti del computer premere. Il messaggio del paziente era agghiacciante: “Immaginate cosa è sentire, vedere, provare sentimenti e pensare ma nessuno se ne può accorgere. Voglio leggere, parlare con gli amici via computer e godermi la vita ora che tutti sanno che non sono morto”. Ulteriori test condotti da Laureys senza la presenza della terapista hanno invece dimostrato che Houben non è in grado di indicare i tasti del computer, anche se il medico continua a ritenere che il paziente sia più cosciente di quanto appaia». [3]


«La delusione per il miracolo mai avvenuto non deve però ridimensionare i veri, sconvolgenti progressi della neurologia. Come quello annunciato dall’Università di Cambridge e dallo stesso Laureys. Utilizzando una forma avanzata di risonanza magnetica funzionale, i medici sono riusciti a leggere l’attività cerebrale di un ragazzo belga in stato vegetativo da cinque anni, che ha risposto sì o no a sei domande». [3]


Con l’espressione «stato vegetativo», fino ad oggi, i medici hanno descritto un essere umano chiuso nel silenzio dell’incoscienza totale e quindi dell’assoluta incomunicabilità. Secondo il recente rapporto del “gruppo di lavoro sullo stato vegetativo e di minima coscienza” istituito dal ministero della Salute dopo il caso di Eluana Englaro, invece, «non si può escludere la presenza di elementi di coscienza» nei pazienti in stato vegetativo. Ma il «livello e la qualità di tali elementi di coscienza variano verosimilmente da paziente a paziente». [4]


Secondo un’indagine del ministero della Salute, in Italia sono circa 2.500 i pazienti in stato di coma vegetativo. Il 40% dei casi deriva da malattie vascolari, il 21,7% da traumi, il resto da altre patologie. [5]


Il «risveglio» più clamoroso fu quello dell’americano Terry Wallis, in stato vegetativo in seguito a un incidente stradale nel 1984, che improvvisamente nel 2003, dopo 19 anni, disse «mamma» e nel giro di poco tempo riprese a parlare. I neurologi della Cornell University di New York studiando il suo cervello con tecniche di imaging sofisticato hanno poi scoperto che si erano ricreate connessioni fra i due emisferi: una specie di paziente ragnatela che alla fine aveva riportato l’ uomo alla coscienza. «Come mettere insieme questo e altri casi analoghi successivi, con l’osservazione nel 2005 del risveglio di un uomo in stato vegetativo grazie alla stimolazione cerebrale profonda, tecnica che si impiega nel Parkinson per ridurre il tremore? E ancora, come spiegare l’effetto paradossale di un blando sonnifero, lo zolpidem, in tre persone in stato vegetativo dove ha avuto l’effetto di un “tocco” di vita, riportandole per alcune ore in condizioni di coscienza e questo per tre anni? Gli esperti hanno dovuto ammettere che esiste una condizione, definita ora “stato minimo di coscienza”, nella quale la corteccia cerebrale conserva aree integre, ma non sufficienti a ripristinare la coscienza, oppure è integra ma non esprime alcuna funzione perché sono interrotte le connessioni con i centri nervosi sottostanti. “In sostanza - afferma Rita Formisano, primario dell’unità post-coma della Fondazione Santa Lucia di Roma - le ultime ricerche, invece di aggiungere certezze, hanno fatto crescere i dubbi. Allo stato attuale delle conoscenze è difficile fare previsioni in questi malati”». [6]


Il caso dell’inglese Richard Rudd, 43 anni, due figli, paralizzato a letto dall’ottobre 2009 dopo un incidente in moto. L’uomo non reagiva alle cure e alla stimolazioni, i monitor non davano segnali di attività cerebrali (l’elettroencefalogramma risultava piatto): era, o appariva, clinicamente morto. Il padre, con le lacrime agli occhi, qualche mese fa aveva chiesto di staccargli la spina perché Richard, quando un incidente simile era accaduto a un suo amico, aveva espresso la volontà di non vivere attaccato a una macchina. Quando le telecamere della Bbc erano nella sua stanza per documentare la storia di un addio, è accaduto invece che le palpebre e gli occhi di Richard Rudd si siano mossi. L’ex conduttore di autobus ha chiesto, nell’unico modo possibile, un modo imprevisto e improvviso, di non morire. I responsabili del reparto di rianimazione, la Neuro Critical Care Unit di Cambridge, per tre volte, con le macchine attorno che ancora riferivano di una condizione perduta, hanno domandato al paziente di confermare la sua volontà di vivere («Prima non eravamo mai riusciti a comunicare con lui, il suo cervello era come blindato»). I movimenti degli occhi erano il riferimento: le pupille che vanno a sinistra significano «sì», le pupille a destra significano «no». I medici le hanno viste muoversi a sinistra. E le macchine non sono state sigillate. [7]


«La vicenda fa riflettere: innanzitutto, sulla grande incertezza e sulla variabilità della volontà personale di sospendere le terapie. Dovremmo sapere molto bene che un conto è la volontà espressa quando si è in piena salute o sotto l’influsso doloroso della difficile condizione esistenziale di un amico o un parente, tutto un altro è decidere di se stessi nel momento in cui si diventa fragilissimi e appesi alla vita con un filo. Si scopre, allora, che non desideriamo affatto spezzare questo filo, per quanto sottile esso sia […] Il favor vitae, poi, è un principio cardine di ogni ordinamento davvero civile.
Purtroppo, però, in più Paesi si sta scivolando nella direzione di un’aperta superficialità nei confronti della vita, per cui tutti i casi limite vengono considerati nient’altro che vite inutili: di fronte a esse ogni appiglio sembra sufficiente per dare la morte, giustificandosi col dire che così si sta semplicemente realizzando la libertà del morente. Chi si oppone a questo scivolamento nel disimpegno nei confronti degli esseri umani più fragili viene persino accusato di essere attaccato materialisticamente alla vita. Richard Rudd vuole vivere. Speriamo che ora nessuno lo accusi di “vitalismo”» (Michele Aramini). [8]


A distanza di mesi Richard Rudd muove la testa, percepisce le situazioni attorno, sorride agli scherzi. Il suo corpo resterà paralizzato, ma imparerà a comunicare usando lingua, occhi e muscoli della faccia. «Doveva essere una storia di eutanasia, per la Bbc che era lì in corsia, autorizzata, a riprendere. È diventata una storia diversa. Un documento straordinario sulla difficile esplorazione di quel confine estremo fra vita e morte» (Fabio Cavalera). [7]


Note: [1] Antonio Socci, Caterina, diario di un padre nella tempesta (Rizzoli, 2010); [2] Il. Sa., Corriere.it 15/7; [3] N. D. I., Il Sole 24 Ore 21/2; [4] Alberto Custodero, la Repubblica 7/6; [5] Corriere della Sera 12/7/2008; [6] Franca Porciani, Corriere della Sera 23/11/ 2008; [8] Michele Aramini, Avvenire 15/7.



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