"Blade Runner"
Tempi num.20 del 14/05/2007
di Corradi Marina
..«Se un amico mi regalasse un portafogli di vitello, lo denuncerei», dice una fanciulla clone, e a questo animalismo estremo stiamo arrivando. Mentre nessuno in questa storia ha da obiettare alla fabbricazione genetica di semiuomini schiavi. I cloni non sono stati dotati di memoria affettiva, di ricordi che ne intralcerebbero l'efficienza e la sottomissione. Tuttavia, la loro umana natura scoppia inevitabilmente nella eterna ribellione degli uomini: perché dobbiamo morire?...
... Blade Runner è da molti ritenuto più di un semplice film di genere, perché si confronta con temi profondi come l'umana paura di morire, l'anelito all'immortalità, la nostra debolezza di fronte ad eventi più grandi di noi, ma anche la capacità di alcuni di dar prova di una grandissima quanto inaspettata generosità.
È uscito in edicola, con Panorama, Blade runner, un "cult" di fantascienza di Ridley Scott, vecchio di 25 anni e finora difficilmente rintracciabile nelle videoteche. Corre l'anno, all'incirca, 2020. L'uomo ha creato dei cloni allo scopo di procurarsi soldati e manovali efficienti: degli schiavi. I cloni, in tutto fisicamente identici agli uomini, non possono vivere più di quattro anni, e lo sanno. Un giorno alcuni si ribellano a questo destino, e fuggono da una qualche colonia galattica. Approdano sulla Terra, in una sorta di città degli inferi dove è sempre notte, caotica come Hong Kong e ardita nell'architettura come New York: dove un'umanità frenetica come insetti in un formicaio si muove tra archeograttacieli in rovina, sotto a un cielo di fumo. Harrison Ford dà la caccia agli schiavi fuggitivi, ma uno di loro arriva ad affrontare il suo creatore e pretende di essere riprogrammato, per non morire. Lo scienziato risponde che è impossibile, e il clone prima lo abbraccia teneramente - come si abbraccia un padre - e poi lo uccide.
Vale la pena di guardarselo ancora, questo film del 1982, a sua volta tratto da un romanzo di Philip Dick del 1968. Perché c'è non poca profezia in questa storia cupa; c'è, 25 o anche 40 anni prima, l'intuizione di dove un modo di pensare oggi diffuso ci potrebbe portare. «Se un amico mi regalasse un portafogli di vitello, lo denuncerei», dice una fanciulla clone, e a questo animalismo estremo stiamo arrivando. Mentre nessuno in questa storia ha da obiettare alla fabbricazione genetica di semiuomini schiavi. I cloni non sono stati dotati di memoria affettiva, di ricordi che ne intralcerebbero l'efficienza e la sottomissione. Tuttavia, la loro umana natura scoppia inevitabilmente nella eterna ribellione degli uomini: perché dobbiamo morire? Quei cloni condannati altro non sono che metafora di noi.
E il creatore che ribadisce la condanna, in un mondo dove l'umanità corre miserabile in una notte senz'alba, non assomiglia al Dio cancellato dall'orgoglio di uomini come noi - capaci di creare la vita, ma dimentichi di essere figli, e annichiliti nella speranza?
Gli schiavi senza memoria fuggono e uccidono, vendicatori della mutilazione subìta. Solo alla fine il più spietato di loro, davanti al suo cacciatore, è preso come dal ricordo di una misteriosa pietà, e gli salva la vita. Poi abbassa la testa, e muore della sua giovanissima vecchiaia. In quel balenio di pietà, e nel chinare quasi con dolcezza il capo allo scoccare della sua ora, il clone sembra farsi pienamente uomo. Ritorna uomo, quando ritorna figlio. E mentre scorrono i titoli di coda fatichi a uscire dalla oscura metropoli del 2020, preso da un retropensiero doloroso. Come se alla fine si fosse parlato proprio di noi.
[modifica] Trama
Attenzione: di seguito viene rivelata, del tutto o in parte, la trama dell'opera.
Il poliziotto Deckard (Harrison Ford), già agente dell'unità speciale Blade Runner, viene forzatamente richiamato in servizio per "terminare" ("ritirare", nel gergo dei poliziotti) alcuni replicanti (androidi pressoché indistinguibili all'uomo) fuggiti dalle colonie extramondo e già giunti furtivamente in una Los Angeles ove è interamente ambientato il film (e che appare degradata negli strati sociali più infimi, in cui è comunque predominante la componente asiatica giapponese), seminando una scia di sangue.
I replicanti, capitanati da Roy Batty (Rutger Hauer) cercano infatti di introdursi nella fabbrica dove sono stati prodotti, nella speranza di riuscire a modificare la loro imminente "data di termine".
Nel frattempo Deckard si innamora della bellissima replicante Rachel (Sean Young).
[modifica] Critica
Blade Runner è da molti ritenuto più di un semplice film di genere, perché si confronta con temi profondi come l'umana paura di morire, l'anelito all'immortalità, la nostra debolezza di fronte ad eventi più grandi di noi, ma anche la capacità di alcuni di dar prova di una grandissima quanto inaspettata generosità.
L'estrema cura e ricercatezza delle immagini e degli effetti, la particolare ambientazione (anche gli esterni hanno sempre una luce notturna), le innovative atmosfere create (la continua dominante blu, gli ambienti urbani tecnologicamente sofisticati ma caotici e brulicanti di una umanità confusa e sempre immersa in una penombra artefatta), le sofisticate e coinvolgenti musiche di Vangelis, hanno rapidamente reso questo film un cult-movie, che ha fatto scuola e ha segnato una svolta irreversibile nella successiva produzione di film di fantascienza. Quasi tutti i film del genere girati dopo Blade Runner, infatti, in un modo o nell'altro non possono fare a meno di richiamarne più o meno consapevolmente il tipo di immagini, o di atmosfere, o anche solo di colori o suggestioni visive.
In Blade Runner possiamo identificare un altro aspetto di natura filosofica e secondo alcuni religiosa [1] che costituisce un elemento importante in tutto il film: basterebbe considerare le parole dell'androide che rifiuta la morte perché si sente diverso e migliore degli umani (vedi :con esplicito riferimento a Cartesio e sulla natura filosofica del film). Uno dei problemi fondamentali della filosofia è stato infatti quello del rapporto tra il soggetto e l'oggetto che nasce quando il primo pensatore si chiede che cosa sia il mondo che lo circonda con i suoi oggetti diversi da lui. Per questo problematico rapporto anche gli altri soggetti però sono, nei riguardi del soggetto, degli oggetti che si presumono siano soggetti come me, ma dei quali io non ho piena certezza. Chi è l'altro? Prova davvero i miei stessi sentimenti, ha i miei stessi pensieri? L'universo che percepisce è come il mio? Il mondo interiore che mi caratterizza come soggetto appartiene a me e soltanto a me. Cosa si agita veramente nell'involucro dell'altro presunto soggetto-oggetto? Ci sono in lui meccanismi bionici o lo stesso sangue che circola in me?
Sono certo di me stesso perché il mio pensiero me lo conferma, non si può dubitare di se stessi ma chi mi sta di fronte è un soggetto come me o piuttosto… un cyborg ?. Il "cogito ergo sum" di Cartesio non basta più ad avere certezza di se stessi[2]. Questi sono le domande che assillano Rick Deckard. Questo può essere il tema dominante di tutto il film. Se il protagonista, il cacciatore Rick Deckard , pure ritiene sia un automa la bellissima Rachel, ma che proprio per la sua perfezione tecnologica non si differenzia sostanzialmente da lui perché non amarla? Che cosa distingue l'uomo vero dall'androide? Anche lei possiede sentimenti, anche lei può piangere, anche lei ha ricordi, magari prefabbricati ma che lei crede suoi. Questo è il dramma dei cyborg: scoprire di essere un oggetto; ma in fondo è anche il dramma del blade runner : solo con se stesso, chiuso nella sua soggettività, unico soggetto in tutto l'universo, monade diceva Leibnitz, eppure anche lui oggetto, probabile androide per gli altri, e forse, a sua insaputa, egli stesso replicante addestrato ad uccidere i suoi simili.
In questo film viene quindi ripreso sotto tutt'altri aspetti, anche il tema della " incomunicabilità " che costituì la traccia di un famoso film della cinematografia italiana: "Deserto rosso" (1964) del regista Michelangelo Antonioni.
[modifica] Curiosità
Il finale del film nella sua versione del 1982, quando Deckard e Rachel si allontanano sullo sfondo di uno splendido paesaggio verdeggiante, usava delle scene girate da Stanley Kubrick per Shining e poi scartate. Nella versione director's cut del 1991, una delle modifiche più rilevanti è proprio la soppressione del lieto fine presente nella versione precedente, compresa la voce fuori campo di Deckard che spiega e commenta la vicenda.
Il monologo finale di Batty (Rutger Hauer) fu ideato dallo stesso Hauer.
È ormai assodato (esiste anche una dichiarazione di Ridley Scott in proposito) che il Director's cut è basato sull'idea che anche Rick Deckard sia un replicante, impiegato a sua insaputa per dare la caccia ai suoi simili. Questo spiegherebbe perché Gaff sia a conoscenza dei sogni di Rick, e soprattutto di come possa Deckard sopravvivere al brutale pestaggio cui lo sottopone Roy Batty nello scontro finale. Questa versione renderebbe anche più comprensibili la scelta di Roy di graziare Rick (addirittura di salvarlo) e il senso di alcune battute che gli rivolge durante lo scontro.
La scena nella quale Rick Deckard riesce a identificare Rachael quale replicante, si basa sul fatto che, nell'interrogatorio condotto da Deckard con un dispositivo puntato sull'occhio dell'interrogata, la donna-replicante non ha alcuna reazione empatica alla suggestione suggeritagli dal suo inquisitore circa la morte violenta dell'animale. Il mondo del futuro immaginato da Dick non ha infatti più quasi alcuna presenza vegetale e animale, a causa di una passata guerra nucleare, e l'idea del massacro di animali veri e propri avrebbe dovuto fare impercettibilmente e inconsapevolmente far contrarre la pupilla dell'interrogato a causa dell'orrore indottogli. Questo almeno in un autentico essere umano, ma la mancata contrazione tradisce immediatamente l'androide per la sua impossibilità di provare empatia.
Blade Runner e Alien - Quando Gaff preleva Deckard, la sequenza di lancio sul computer è la stessa usata da Scott nel film Alien, quando il modulo di salvataggio si stacca dalla nave madre. Anche il display in bianco e nero della macchina per il test Voigt-Kampff è stato usato in Alien come display da muro. Quando Deckard entra nel suo appartamento, alla fine, il mormorio in sottofondo è esattamente lo stesso di alcune parti del film Alien. Anche le sigarette fumate in entrambi i film sono dello stesso color giallo. Da notare che tanto Alien quanto Blade Runner contengono "persone artificiali" e che in entrambi i film c'è ambiguità su chi sia davvero umano (tuttavia Ash è un androide che, differentemente dai replicanti, possiede congegni meccanici interni).
Prima che il ruolo andasse a Harrison Ford, si era pensato di affidare la parte di Deckard a Dustin Hoffman.
Lo scrittore K. W. Jeter ha scritto dal 1995 una serie di romanzi come seguito del film (e non del romanzo originale di Dick).
Nella sequenza durante la quale Deckard e Gaff "approdano" alla centrale di polizia, nell'angolo in basso a sinistra dello schermo è possibile vedere un modello del Millennium Falcon (l'astronave di Harrison Ford in Guerre stellari) mascherata da palazzo.
Per la scena nella quale Pris attacca Deckard (eseguendo capriole e salti mortali) era stata ingaggiata una ginnasta professionista, ma Ridley Scott le fece riprovare talmente tanto la scena che quando erano pronti per girare lei era così esausta da non poter far nulla. La scena è stata girata con un ginnasta uomo che è stato capace di replicare la scena durante la pausa pranzo.
La data di "nascita" di Pris è il 14 febbraio del 2016 (secondo la sua scheda personale).
Quando Gaff parla a Deckard nel ristorante giapponese, lo fa parzialmente in ungherese. Prima gli dice: "Azonnal kövessen engem", che significa "Seguimi immediatamente" e "Lófasz" (letteralmente "pene di cavallo"), appellativo che suona come una versione volgare di "uomo senza valore". Poi continua dicendo "Nehogy mar, te vagy a Blade Runner..." che significa "Nessuna alternativa, sei tu il Blade Runner...".
Il regista Ridley Scott portava sempre con se una foto del famoso dipinto di Edward Hopper intitolato "Nighthawks" e lo mostrava spesso ai membri del cast per far loro capire il tipo di "umore" che voleva ricreare nel film.
Joanna Cassidy (l'attrice che interpreta Zhora) riusciva a sentirsi a suo agio con il serpente intorno al collo perché era il suo animale domestico, un pitone birmano di nome Darling.
Le mosse che Roy utilizza per dare scacco matto a Tyrell sono quelle utilizzate, in una famosa partita del 1851, dal campione tedesco di scacchi Adolf Anderssen. È conosciuta dagli appassionati come "The Immortal Game" ("La partita immortale"), nella quale Anderssen sacrificò la sua regina per ottenere lo scacco matto nella mossa successiva, così come avviene nel film.
Fuori dal laboratorio del "creatore di occhi", sul lato sinistro della porta, si possono vedere dei graffiti scritti in caratteri cinesi che dicono "cinesi buoni, americani cattivi".
In momenti particolari all'interno del film, ogni replicante ha un riflesso rosso nei propri occhi (Rachael a casa di Deckard, Pris a casa di Sebastian). Anche Deckard ha lo stesso scintillio negli occhi quando parla con Rachael a casa sua.
[modifica] Il videogame
Nel 1998, 16 anni dopo il film, è stato prodotto dalla Westwood Studios un videogame ispirato al film diretto da Scott. Il gioco riprende in modo fedele gli scenari e l'atmosfera del film, ma introduce nuovi personaggi e prevede diversi finali. Ora è Ray McCoy, Blade Runner principiante, il protagonista della vicenda. Deve indagare sull'uccisione di alcuni animali presso la Runciter Animals, ad opera di due replicanti. Nel gioco è anche possibile utilizzare un macchinario per eseguire il test diVoigt-Kampff in grado di scoprire se un sospettato è in realtà un replicante.
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