martedì 29 maggio 2007

TRAMONTA IL CULTO DELLA TRASGRESSIONE


Anche perché ormai è tutto lecito in partenza
Tempi num.21 del 24/05/2007
di Risè Claudio
L'eroe dunque, la personalità che esprime più forza, non è definitivamente più il coccolatissimo trasgressivo, ma colui che, rifiutando ogni sollecitazione e premio al disimpegno, si assume invece la responsabilità, per sé e per gli altri, verso i quali sente di averne.

Potremmo essere ormai verso la fine. La fine dell'onnipotenza, del "io sono mio", del "carpe diem", cogli l'attimo, inteso come ingorda bulimia, come svuotare il piatto senza pensare agli altri, al domani e al dopo, come rimozione assoluta dell'orizzonte temporale e del suo senso. I segnali che qualcosa stia cambiando sono molti. Il popolo forte e tranquillo del Family day, naturalmente, è uno dei più vistosi. Ma ce ne sono altri, meno visibili, eppure presenti.
Uno è la perdita di forza, e di attrazione, della trasgressione. Dopo trent'anni di autorizzazioni a tutto, di "fate pure" concessi da genitori, maestri, politici e potenti in genere, la trasgressione non ha più nessuna attrattiva. Anche perché è autorizzata in partenza, spogliata del suo alone di mistero e di scoperta. Se non è più l'ingresso in una zona proibita, col suo significato iniziatico di rito di passaggio, la trasgressione perde forza e diventa subito scivolamento nella depressione, nella non motivazione e nel bisogno come ferrea dipendenza da qualcosa. Come nelle droghe in generale e nella più usata fra esse, la cannabis. Non che questo svuotamento di senso della trasgressione risolva il problema, naturalmente. Anzi, le vittime (forse ancora più numerose) continuano a porgere docili il capo agli occulti carnefici, i produttori di cinismo di massa. Fino a quando non avremo ricostituito il valore dei riti di passaggio e delle iniziazioni, finché non avremo ritrovato la bellezza della Cresima e del diventare "soldati di Cristo" (di assumere cioè un'appartenenza definitivamente significativa) e di tanti altri, indispensabili, nutrimenti dell'animo, i ragazzi saranno ansiosi di stordirsi di spinelli, e di scivolare ancora in quell'"abbassamento del livello di coscienza", dato dalla droga, che smorza la passione, ma insieme diminuisce il dolore di non provarla. La depressione di massa continuerà, temo, per un pezzo. Ma non la si potrà più travestire da ideale, da obiettivo da raggiungere, da vittoria da conquistare. Perché sono i ministri e i direttori dei grandi strumenti mediatici a spacciarla a piene mani, perché il difficile, della depressione di massa e dei suoi nutrimenti, non è conquistarla, ma schivarla, visto che te la tirano addosso in quantità, dalle lezioni a scuola alle leggi dello Stato. L'eroe dunque, la personalità che esprime più forza, non è definitivamente più il coccolatissimo trasgressivo, ma colui che, rifiutando ogni sollecitazione e premio al disimpegno, si assume invece la responsabilità, per sé e per gli altri, verso i quali sente di averne. È sempre accaduto così nella storia umana: le epoche senza cuore finiscono, per asfissia o per indigestione, e lasciano spazio al ritorno dell'uomo, che si fa strada tra il ciarpame ideologico e i parafernalia delle perversioni dominanti. È così anche oggi. Si esaurisce la sterilità dell'ideologia del "la verità non esiste" e ritorna la semplice verità del cuore, che riconosce istintivamente l'autenticità dell'io, della propria storia e appartenenza, e dell'altro, che incontra, con meraviglia e stupore, lungo la strada. Le nebbie intellettuali si disperdono. Si può finalmente cadere in ginocchio, e baciare i piedi dell'Altro. http://claudiorise.blogsome.com



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