venerdì 26 settembre 2008

IL CARDINALE BAGNASCO HA RAGIONE SERVE UNA LEGGE

....Io mi inchino alla saggezza umana della Chiesa. Non è questione di obbedienza disciplinare. Mi affido alla capacità raziocinante. Mi pare impossibile che su una materia così delicata il presidente dei vescovi italiani non abbia sentito Ratzinger....

Libero 24 Settembre, 2008
Renato Farina
Giuliano Ferrara attacca il capo dei vescovi, e lo sorpassa a destra (o a sinistra, fa lo stesso). Non mi va di scherzare sul fatto che insegni al cardinale il mestiere di cardinale. Il caso è serio. E ci sta che su queste faccende si litighi: c'è di mezzo la vita e la morte. Si parla qui del territorio estremo su cui il cardinal Angelo Bagnasco è intervenuto aprendo alla possibilità di una legge che fissi confini rispetto alle volontà sulle propri e ultime ore e relative cure. Ciascuno applica come può la sua coscienza a questa materia.


E quella di Giuliano è invisibile ma non si nasconde. Dice: questo è un cedimento, "la cosa non funziona", la Chiesa cessa «di resistere al relativismo culturale». Una qualsiasi legge che entri «dentro il mistero» di quegli ultimi istanti è una caduta «intimidita e confusa». Giusto? Io mi inchino alla saggezza umana della Chiesa. Non è questione di obbedienza disciplinare. Mi affido alla capacità raziocinante. Mi pare impossibile che su una materia così delicata il presidente dei vescovi italiani non abbia sentito Ratzinger.

Per capirsi. E appoggiarsi a qualche antecedente se non di storia almeno "di cronaca. Al tempo della battaglia politica sulla fecondazione artificiale (1994-1995), ci fu un settimanale di forti sentimenti cattolici (Tempi) che propose,una copertina con Giuliano Ferrara vestito da cardinale. Era un augurio, ma anche una constatazione. Ferrara contava allora in Italia, grazie alla sua potenza di fuoco intellettuale, come il presidente della Cei, Camillo Ruini. Il quale gli lasciò volentieri il pulpito. Ma al momento in cui ci fu da esercitare intelligenza politica, toccò al prelato mettere sotto un Ferrara pronto a battersi fino alla sconfitta. Ruini, pur di mandare a monte il referendum contro la legge 40, invitò all'astensione evitando lo scontro campale di princìpi. Giuliano invece voleva combattere la buona battaglia di testimonianza.

Poi, umilmente, ragionò e diede ragione a chi, in duemila anni, ha imparato a quanto pare abbastanza bene il suo mestiere di navigatore dei sette mari.

Il successore di Ruini alla guida dei vescovi italiani, il cardinal Angelo Bagnasco, ne ricalca la filosofia. Dice: occorre una legge precisa sulla "fine della vita". Non vuole la si chiami "testamento biologico", ma chiede si stabiliscano regole chiare. Dà alcune linee: eutanasia no, sospensione della alimentazione e delle bevande no, perché non sono cure mediche che si possano sospendere. Tanto varrebbe smettere di nutrire un malato di Alzheimer.

Accanimento terapeutico no, lo ha scritto anche Ratzinger. Resta da intendersi su dove siano i suoi confini. Ammette la possibilità che, davanti al notaio, un uomo, nella pienezza delle sue facoltà, esprime il sì o il no ad un certo tipo di cure " inutili".
Ferrara, con passione, nega: basta la legge che c'è, il vietato uccidere. Lo Stato non può legiferare oltre questo limite. Qualsiasi ulteriore specificazione lima la spina dorsale su cui si regge la nostra convivenza civile e la cultura cristiana (che non esige la fede, ma per cui basta la sana ragione).

Dunque la Chiesa sbaglia ad assecondare questa volontà. Istintivamente sarei dalla parte di Giuliano. Il suo ragionamento, che ricalca quello dell'eccellente filosofo Adriano Pessina, tiene però in un mondo dove non ci sia stata una rivoluzione giuridica, per quanto ingiusta e - anche secondo un giurista fine come Cossiga - contraddittoria con la Costituzione.

Bagnasco parte da un dato: la Cassazione e la Corte di Appello di Milano hanno sostenuto che la legge attuale consente di lasciar morire Eluana Englaro, la quale non è attaccata a nessuna macchina, ma viene nutrita con un tubicino, che in fondo è una specie di biberon per adulti, sulla base di una sua remota e non documentata volontà.

Rotta la diga, Bagnasco e i vescovi italiani ritengono non si possa fermare l'alluvione con le lance e le spade, ma si debba tirar su qualche muretto, usando del criterio di maggioranza per trovare un punto di consenso che blocchi l'eutanasia e qualsiasi abuso.

Una mia osservazione. La Chiesa non cambia i comandamenti o la dottrina non ne ha il potere. Non c'è bisogno di essere teologi, ma basta leggere il Vangelo per capire che non ci sono margini. "La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato", dice Gesù (Giovanni 7,16). E se non poteva lui, non può nemmeno il Papa. Wojtyla usò questa frase in latino per spiegare che era inutile lo supplicassero di aggiornare i suoi giudizi sull'aborto e sul consumismo sessuale. Se non può neanche il Pontefice, figuriamoci il presidente dei vescovi italiani. Se glielo chiedete, velo confermerà. Ma nessuno gli presta fede. Ci sono due modi di non credere a Bagnasco. Il primo è quello addolorato di Giuliano e di molti cattolici seri. Prevale però un altro modo. Basta leggere o ascoltare i commenti di politici e giornali: si sostiene che "finalmente, era ora" ci sia una rinuncia alle posizioni tradizionali cattoliche in tema di eutanasia e di accanimento terapeutico. Per la prima volta anche i radicali, per bocca di Maria Antonietta Coscioni, se ne compiacciono. Illusi? Temo, anzi mi auguro, che al concreto, ci saranno scintille in Parlamento e nel Paese. Interverrà il Papa a piantare un paio di paletti. Scommettiamo?


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