FARE IL PRETE LA PROFESSIONE PIU' FELICE
Giacomo Samek Lodovici
AVVENIRE 29 APRILE 2007
Nietzsche lo diceva con la sua tipica virulenza: «mi fanno pena questi preti […] per me essi sono dei prigionieri e dei marchiati. Colui che essi chiamano redentore li ha caricati di ceppi. Di ceppi di falsi valori e di folli parole! Ah, se qualcuno potesse redimerli dal loro redentore!». E la sua convinzione - temiamo - è molto diffusa: i preti sono degli infelici e dei frustrati. Ma oggi, Giornata delle vocazioni, possiamo riferire di uno studio che smentisce completamente questa visione. Infatti, da una ricerca del General Social Survey dell'Università di Chicago, risulta che i membri del clero sono la categoria "professionale" più felice e gratificata negli Stati Uniti. Il dato si riferisce al periodo 1972-2006 ed è stato ricavato su un campione di più di 50.000 americani. I ricercatori si aspettavano che le professioni più gratificanti fossero quelle più prestigiose e remunerate. Invece, a dispetto del disprezzo con cui sono spesso visti e del loro modesto salario, i più soddisfatti del loro lavoro sono risultati proprio preti e pastori. È vero, ci sono preti che lasciano il loro ministero: dal 1964 al 2004 i sacerdoti cattolici che hanno abbandonato il loro status sono stati 69.063. Non c'è da stupirsi, visto che la Chiesa è stata sconquassata da molte tempeste. Ma, nonostante queste tempeste, 11.213 di loro sono poi ritornati indietro, pentiti della loro scelta. Quale può essere, allora, la ragione dei dati americani sopra citati? Già questa ricerca spiega che gli uomini più felici sono quelli che si dedicano agli altri e che hanno individuato un senso della vita. Cioè il ritratto della vocazione dei membri del clero. In effetti, cercando di approfondire, l'esperienza certifica l'esistenza di una connessione tra amore e felicità: tutto ciò che facciamo per amore ci risulta meno gravoso e, anzi, spesso, è tanto gioioso quanto più è intenso l'amore che proviamo. Ad esempio, fare un lavoro non interessante per puro senso del dovere o solo per guadagnarmi da vivere è molto faticoso; mentre farlo per amore di mia moglie, dei miei figli, di Dio se ho senso soprannaturale, può diventare gratificante, come molte persone possono confermare. Infatti l'amore può trasfigurare le nostre azioni e anche i nostri sacrifici rendendoli gioiosi. Ancora, lo stesso Nietzsche diceva giustamente che chi detiene un senso della vita può sopportare qualsiasi cosa. Ebbene, a dispetto delle rappresentazioni fuorvianti del cristianesimo, che lo descrivono come una prigione di estenuanti doveri e divieti, in realtà, la sintesi dei comandamenti, l'essenza della morale cristiana incarnata dai sacerdoti, è il comandamento dell'amore: «Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua forza» e «il prossimo tuo come te stesso» (Mc 12, 29-31). Da questo comandamento scaturiscono tutti gli altri. Non solo, ma questo comandamento dell'amore coincide con il senso della vita
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