giovedì 12 giugno 2008

LE QUATTRO REGOLE DI BENEDETTO PER AVERE SPERANZA

Troppo spesso Dio viene messo tra parentesi, si vive senza di lui, lo si dimentica, e allora ecco che tutte le nostre «grandi e piccole speranze poggiano sul vuoto».Religione - mer 11 giu
di Paolo Rodari




Ieri sera Benedetto XVI ha aperto per la quarta volta il convegno diocesano di Roma all’interno della basilica di San Giovanni in Laterano. E come le tre volte precedenti, ha tenuto un discorso lungo e profondo, quest’anno dedicato al tema: “Gesù è risorto: educare alla speranza nella preghiera, nell’azione, nella sofferenza”.
Benedetto XVI ha iniziato sbugiardando coloro che, anche nella Chiesa, ritengono che la risurrezione di Cristo non si un fatto storico. Proseguendo, dunque, nell’interpretazione dei vangeli iniziata nel libro “Gesù di Nazaret” nel quale altro non ha voluto fare se non mostrare come il Gesù dei Vangeli sia quello storico, quello realmente esistito, il Pontefice si è chiesto ieri su cosa si fondasse la speranza cristiana. E ha risposto: sul fatto che Cristo è davvero risorto. «Gesù risorto dai morti - ha detto il Papa - è veramente il fondamento indefettibile su cui poggia la nostra fede e la nostra speranza. Lo è fin dall’inizio, fin dagli Apostoli, che sono stati testimoni diretti della sua risurrezione e l’hanno annunciata al mondo a prezzo della loro vita. Lo è oggi e lo sarà sempre».

Ma oggi non è facile riconoscere la risurrezione di Cristo e dunque vivere secondo la speranza cristiana. «È diffusa cioè la sensazione che, per l’Italia come per l’Europa, gli anni migliori siano ormai alle spalle e che un destino di precarietà e di incertezza attenda le nuove generazioni». Troppo spesso Dio viene messo tra parentesi, si vive senza di lui, lo si dimentica, e allora ecco che tutte le nostre «grandi e piccole speranze poggiano sul vuoto».

Come allora educarsi alla speranza cristiana?

Ecco le regole indicate dal Papa:

Primo: occorre «pregare»: «La persona che prega non è mai totalmente sola perché Dio è l’unico che, in ogni situazione e in qualunque prova, è sempre in grado di ascoltarla e di aiutarla».
Secondo: pregare «nel giusto modo»: «Il giusto modo di pregare è pertanto un processo di purificazione interiore. Dobbiamo esporci allo sguardo di Dio, a Dio stesso e così nella luce del volto di Dio cadono le menzogne, le ipocrisie. Questo esporsi nella preghiera al volto di Dio è realmente una purificazione che ci rinnova, ci libera e ci apre non solo a Dio, ma anche ai fratelli».

Terzo: avere «un atteggiamento di umiltà, che non pretende di avere sempre successo, o di essere in grado di risolvere ogni problema con le proprie forze».

Quarto: avere «coraggio»: «il credente sa infatti che, nonostante tutte le difficoltà e i fallimenti, la sua vita, il suo operare e la storia nel suo insieme sono custoditi nel potere indistruttibile dell’amore di Dio». La sofferenza, infatti, non può essere eliminata del tutto, ma la speranza «matura nella sofferenza».



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