domenica 1 giugno 2008

NESSUN MEDICO PUO' CONDANNARE QUEL BAMBINO

«Una delle tendenze della nostra epoca è di usare la sofferenza dei bambini per screditare la bontà di Dio, e una volta scredidata la sua bontà, aver chiuso il conto con lui. [...] Intenti a tagliar via l'umana imperfezione stanno facendo progressi anche sulla materia prima del bene. Ivan Karamazov non può credere finché ci sia un bambino che soffre; l'eroe di Camus non può accettare la divinità di Cristo per via del massacro degli innocenti».

Nessun medico può condannare quel bambino
LIBERO 30 MAGGIO 2008
di RENATO FARINA
Non ho competenza sul caso di Davide. In questi casi nessuno ha competenza. Competenza però mi richiama a questa etimologia: cum petere, cioè chiedere, cercare insieme. Quando non capisco chiedo a degli amici.

Un filosofo studioso di medicina mi ha detto: è pietà lasciar morire quel piccino senza toccarlo, è amore chiudere la sua vita. Così Matteo mi ha mandato questo messaggio definitivo: «Sul manuale Merck di medicina si legge: "... Agenesia: l'agenesia renale bilaterale (assenza di entrambi i reni o sindrome di Potter) è incompatibile con la vita. È associata con oligoidramnios, ipoplasia polmonare e impianto basso delle orecchie"».


Davvero Davide, il piccino di Bari, è «incompatibile con la vita»? Che titolo ha il professor Merck per sapere sulla vita e sulla morte più di Dio stesso (o della Natura) che ha strappato Davide dal nulla per farlo vivere, poco o tanto, ma vivere?

Nessuno può essere dannato da un camice immacolato. Questo ho pensato. E mi è venuto in mente un altro amico, il quale dedica la vita a quanti la medicina ritiene, nei suoi manuali, incompatibili con la vita: le persone in coma così detto vegetativo. È un grande medico, Titta.

Alcuni si svegliano e ricordano bene il piacere di essere accuditi da mani gentili. Mi dice:

«Nulla si risolve con la forza della magistratura, sono cose troppo delicate. Solo un rapporto pieno di fiducia tra medico e genitori può aiutare. Quanto a Davide: io lo curerei, ma certo. E proverei a spiegarlo a chi lo ha messo al mondo. Perché lasciarlo morire senza provarci? Certo sarebbe una vita difficile la sua, se si salvasse. Ma non possiamo scegliere noi per lui che cosa sia degno e che cosa no. La vita di un bambino è degna perché è di un bambino, non perché noi la riteniamo adeguata a certi parametri».

Ecco: io penso sia stato sbagliato togliere a quei genitori la patria potestà, essa va loro restituita. È una crudeltà verso di loro. Ma direi a quei genitori: non è "vostro" il figlio. E quel figlio non consiste nell'efficienza che promette o meno di esercitare nella sua esistenza. È un mistero comunque questo nostro io che negli anni si caricherà comunque e sempre di dolore. Il nostro mistero è più grande di noi. Anche quello di Davide, con quel corpicino offeso e scadente. Il fatto è che quel corpo non è un'aggiunta attaccata a Davide. Il corpo di Davide è Davide! Curarne il corpo significa curare Davide, voler bene a Davide vuol dire voler bene al suo corpo, far sì che viva.

Al vostro posto, cari mamma e papà di Davide, deciderei per queste cure, se esiste una possibilità che sopravviva, esploriamola insieme. La scrittrice americana Flannery O'Connor ha scritto alcune pagine sul mistero di Mary Ann, una bambina che aveva il viso deformato da un tumore, eppure non fu una vita gettata e indegna. Propongo alcune frasi.

«Una delle tendenze della nostra epoca è di usare la sofferenza dei bambini per screditare la bontà di Dio, e una volta scredidata la sua bontà, aver chiuso il conto con lui. [...] Intenti a tagliar via l'umana imperfezione stanno facendo progressi anche sulla materia prima del bene. Ivan Karamazov non può credere finché ci sia un bambino che soffre; l'eroe di Camus non può accettare la divinità di Cristo per via del massacro degli innocenti».

Che cosa c'entra Karamazov con Davide? La pietà popolare vuole che il bambino muoia pur di non soffrire come invece vorrebbe Dio. Flannery scrive. «In questa pietà popolare si guadagna in sensibilità, ma abbiamo perso la vista. Se avevano meno sensibilità, altre epoche vedevano di più, anche se vedevano con l'occhio cieco, profetico, insensibile dell'accettazione, vale a dire della fede.

Ora in assenza di questa fede siamo governati dalla tenerezza. Una tenerezza che da tempo, staccata dalla persona di Cristo, è avvolta nella teoria. Quando la tenerezza è separata dalla sorgente della tenerezza, la sua logica conseguenza è il terrore. Finisce nei campi di lavoro forzato e nei fumi delle camere a gas». Linguaggio duro. La vita è durissima, ma il nulla è peggio.

1 commento:

Anonymous ha detto...

Davvero strano il vostro Amore. Ha il gusto amaro della sofferenza cieca, adora la sopravvivenza e gli stenti e rifiuta la vita, in nome di una Vita astratta e lontana, che appre molto simile alla morte.

Ogni volta che leggo il vostro blog mi illudo di poter trovare anche solo una scintilla di quella Verità che vi riempie di malcelato orgoglio, e non trovo altro che le tenebre del bigottismo e dell'ignoranza.

Martino