Per Bernard Shaw era «colossale», ma Orwell, che lo apprezzava come polemista, lo accusò di apologetica. La verità è che in «GKC» convivono due anime: il libero pensatore e il pedagogo
di Ian Boyd
Tratto da Avvenire del 13 giugno 2008
Chesterton è stato descritto come uno dei più grandi annunciatori dell’ortodossia cristiana nell’epoca moderna.
Bernard Shaw lo ha anche definito 'genio colossale'. Ci sono state almeno due importanti leggende riguardo Chesterton come maestro di ortodossia cristiana che perdurarono durante tutta la sua vita. Ciascuna di loro ha incarnato verità parziali riguardo la vera natura dello scrittore; verità che sono state forse più manifeste al pubblico, di quanto lo fossero all’umile e diffidente Chesterton, che non poteva certo riconoscersi nelle versioni idealizzate che gli ammirati lettori avevano creato su di lui.
La prima di queste immagini leggendarie è stata quella che è esistita al tempo della morte di Chesterton, il 14 giugno 1936. Queste sono state le storie che hanno sicuramente contribuito a formare una particolare leggenda su Chesterton, uno scrittore che era preminentemente un maestro di vera ortodossia cattolica.
Queste stesse storie provocarono una risentita reazione alla stessa leggenda. George Orwell, che era sempre stato in sintonia con alcune idee politiche di Chesterton e i cui primi scritti furono pubblicati nella rivista di Chesterton G. K. ’s Weekly, espresse un’opinione alquanto convenzionale quando lo descrisse come uno scrittore di considerevole talento che scelse di sopprimere sia la sua onestà intellettuale sia la sua sensibilità letteraria per la causa della propaganda cattolico-romana. Comunque, l’effetto più scioccante dell’immagine di Chesterton educatore cattolico fu il modo in cui questa stessa immagine oscurò la memoria di un’altra immagine precedente ugualmente significativa. Se Chesterton fosse morto (come quasi accadde) nel novembre 1914, sarebbe stato ricordato come una figura pubblica molto diversa da quella del grandissimo polemista cattolico. L’immagine di un apologeta cattolico malaticcio ed avanzato nell’età senescente negli anni Venti e nei primi anni Trenta aveva rimpiazzato il ricordo di un’altra immagine pubblica, quella del wunderkind (bambino prodigio), la cui fama stratosferica nei primi anni del secolo, lo avevano reso come una delle più brillanti e meglio conosciute figure letterarie dell’epoca.
Ma c’è da dire che un’altra leggenda fu creata piuttosto inconsciamente, anche con una certa lentezza, riguardo al grande scrittore. L’esuberanza e il modo divertente che caratterizzavano il giovane Chesterton furono elementi decisivi nella creazione della sua immagine pubblica.
Egli aveva acquisito un segno sicuro di essere una specie di classico: era addirittura citato da persone che non avevano mai letto qualcuna delle sue opere. I suoi detti divennero rapidamente proverbiali. Ognuno conosceva una battuta di Chesterton o una battuta su Chesterton. Era la delizia dei fumettisti. Era uno dei pochi, pochissimi scrittori che veniva riconosciuto semplicemente con le sue iniziali. Si dice che la fama del suo articolo settimanale firmato «GKC» nel Daily News del Liberal London aveva fatto richiedere che il numero usuale del giornale fosse ristampato due volte per l’edizione del sabato in cui compariva la sua firma. Nel 1908 pubblicò due delle sue più brillanti e fantasiose autobiografie: il romanzo L’uomo che fu Giovedì, che ebbe un grandissimo successo sia come autobiografia di tipo narrativo sia come meditazione o rivisitazione del Libro di Giobbe, e un personale trattato filosofico, Ortodossia, che racconta la storia del suo tentativo di inventare una nuova religione e la sua successiva scoperta che questa era già stata inventata e che era stata chiamata cristianesimo. «Io non l’ho fatta», scrive. «Dio e l’umanità l’hanno fatta ed essa ha fatto me». Nel novembre 1911 a Cambridge, un pubblico di quasi mille persone andò per sentirlo parlare in un club studentesco sulla futura religione e per sentirsi dire che la religione cristiana, la quale secondo il mondo secolarizzato era morente, era in procinto di risorgere nuovamente dai morti: «Personalmente io credo che vinceremo», disse Chesterton al suo giovane pubblico.
Tuttavia il successo letterario fu soltanto un aspetto della reputazione che Chesterton ebbe nel periodo edoardiano come educatore ortodosso di una nazione. La più convincente caratteristica della sua immagine pubblica fu quella nella quale espresse il suo profondo e positivo impegno nella sua epoca. Era come se l’abbondanza della sua immaginazione creativa, la generosità e anche l’abbandono disinvolto nel suo poter spaziare in una mezza dozzina di generi letterari, ed il riso e il divertimento che potevano irradiare le sue opere fossero considerati soltanto dei segni palesi di una qualità interiore che il pubblico valutò molto, molto di più del valore intrinseco che le sue opere esprimevano.
In altre parole, di Chesterton si amavano dei particolari piuttosto che un libro, un saggio o una poesia. Il Chesterton del periodo edoardiano era l’incarnazione di ciò che i valori edoardiani rivelavano ed esprimevano nella nazione. Il giovane giornalista era diventato il depositario delle speranze e degli ideali dei suoi lettori. Egli esprimeva per loro lo spirito di una delle più esuberanti epoche dal periodo elisabettiano. Le due versioni di Padre Brown che Chesterton descrive nel suo ultimo volume della storia del prete detective, possono essere comparate alle due visioni di Chesterton che abbiamo già citato. Forse nessuna di queste immagini rappresenta pienamente la profondità e la complessità di questo uomo straordinario, ma ciascuna delle immagini di un insegnante leggendario esprime verità su di lui e ciascuna di queste verità vale la pena che sia studiata settant’anni dopo la sua morte.
Convegno
Appuntamento a Roma
Domani, alle 18, nella sede romana di «Civiltà Cattolica» (via di Porta Pinciana 1) padre Ian Boyd, direttore del Chesterton Institute for Faith and Culture (Seton Hall University, Usa) terrà una conferenza su «Chesterton e l’ortodossia del buonumore» che in parte anticipiamo. Partecipano all’incontro fra gli altri anche Ferdinando Castelli, Andrea Monda, Antonio Spadaro.
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