LIBERO 7 GIUGNO 2008
di RENATO FARINA
Ieri c'è stato l'incontro tra Benedetto XVI e Silvio Berlusconi nel Palazzo Apostolico. È stato il primo viaggio all'estero del premier dopo la fiducia. Una visita all'estero ma forse ancor più nell'intimo di questa Italia, dove c'è la sua coscienza più o meno dimenticata. Il Papa aveva profetizzato «gioia» e gioia fu. Almeno ieri lo fu. Vedremo se dura, ma promette bene. Nessun predecessore in Vaticano aveva mai usato una parola così forte, e in fondo ingenua, neanche per un capo del governo democristiano, dotato di sposa con il velo nero, e a posto con i sacramenti. Eppure il 29 maggio, in non casuale contemporanea con l'annuncio dell'udienza concessa al neo-premier, Ratzinger aveva concentrato in questo sentimento festoso il suo giudizio sulla politica italiana dopo il 13 aprile. Mai si era concessa in tempi tanto rapidi la possibilità ad un neo-presidente del Consiglio di farsi benedire dal Santo Padre. E nessuno si aspettava la formula "gioia": che è propria del suo linguaggio, non è da ufficio dei discorsi impomatati, il Pastore bavarese la adopera nelle omelie più serene, e c'entra parecchio con il suo sorriso. Perché? Che cosa ci vede, cosa spera il Papa da quest'uomo? E dalla parte del Cavaliere, come si intende convalidare questo entusiasmo? L'incontro di ieri ha reso più forte questa specie di intesa preventiva che ora si fa programmatica. È stato un avvenimento limpido e persino amoroso al punto che (quasi) nessuno ha osato spedire anatemi all'uno o all'altro per presunte offese alla laicità dello Stato. Il Cavaliere si era fatto precedere, consigliato da Gianni Letta ma ispirato in sogno da Mamma Rosa, da un intervista all'Osservatore Romano dove ha spiegato che lo Stato fa quel che deve fare in autonomia, ma ascolta, eccome se ascolta l'autorità morale della Chiesa che si muove «sullo stesso piano» ideale di lui, il Silvio Berlusconi, che vuol difendere «la libertà e i più poveri, la famiglia e la vita umana».
Ed è d'accorso che l'emergenza più seria oggi sia quella dell'educazione. Logico che questo Papa, molto più informato dell'Italia di quanto non si creda, avesse l'aria radiosa. E Berlusconi di più. Silvio è arrivato in anticipo, e non riusciva a stare zitto con i monsignori e i gentiluomini di Sua Santità, nelle cui file pinguinate e lustre alligna anche Gianni Letta. Si racconta abbia persino trovato un paio di barzellette e di allusioni meno salaci del solito, quasi da seminarista in gita. Pochi istanti prima che il Papa gli si facesse incontro (un privilegio concesso a capi di Stato e re) Berlusconi è ammutolito, ed era così emozionato che ha preso la mano del Papa e non ha baciato l'anello ma ha posato le labbra sul dorso come si fa con le signore, e gli uomini di governo non fanno mai. Cossiga, al di fuori della sua carica, si butta in ginocchio, ma nell'esercizio delle sue funzioni politiche, guai baciare alcunché. Letta, che queste cose le sa, non poteva a questo punto evitare almeno la mossa e ha fermato la bocca a trenta centimetri dalla nivea pelle papale. Ratzinger lo ha definito «il mio giovane vecchio amico», e ha riconosciuto Paolo Bonaiuti elogiandolo. Poi il colloquio. Si sottolinea: ottima e abbondante. Dieci minuti più del previsto, 40 minuti, con Letta al fianco del Papa o di Silvio, questo non è stato chiarito. Berlusconi ha cominciato parlando della fede della mamma, e di come gliel'abbia comunicata. Il resto non è noto, ma si sa che il Papa ha calcato moltissimo sulla emergenza educativa, sulla necessità di non lasciar morire le scuole non statali consentendo una vera parità, per il bene non dei cattolici ma di questa Italia che rischia la sciagura di generazioni che non credono più a niente. Logico che questa deriva relativista e nichilista va bloccata in ogni tipo di scuola, sostenendo gli insegnanti capaci di testimoniare un senso della vita positivo. Al Papa è molto piaciuta la campagna elettorale puntata sul "Rialzati Italia!", cioè sulla rinascita e non sul lamento. Come aveva detto ai vescovi nel citato discorso: «Avvertiamo con particolare gioia i segnali di un clima nuovo, più fiducioso e più costruttivo. Esso è legato al profilarsi di rapporti più sereni tra le forze politiche e le istituzioni... E ciò che conforta è che tale percezione sembra allargarsi al sentire popolare, al territorio e alle categorie sociali. È diffuso infatti il desiderio di riprendere il cammino, di affrontare e risolvere insieme almeno i problemi più urgenti e più gravi, di dare avvio a una nuova stagione di crescita economica ma anche civile e morale». Di qui la richiesta oltre che di aiuto alle scuole e di investimenti forti nell'educazione (e pare che Tremonti stavolta allarghi i cordoni della borsa), di una applicazione della 194 dove si parla di tutela della maternità, e di sostegno alle famiglie con la tassazione basata sul numero dei figli (il quoziente famigliare). Quest'ultima cosa, Silvio l'ha promessa, anche se arrivarci sarà una strada lunga. Poi le preoccupazioni internazionali, la fame nel mondo, il Medio Oriente... La possibilità per i cattolici di vivere pacificamente in Iraq, la possibilità di poter mandare missionari ovunque essendo tutelati... Non è importante che ci siano pochi cattolici "militanti" in posti di responsabilità. Non conta l'etichetta, ma se si darà spazio alla libertà delle persone: insomma, la famosa, e mai abbastanza capita sussidiarietà, per cui lo Stato fa un passo indietro e anzi sostiene chi risponde ai bisogni unendosi a gente dai comuni ideali. Questo nella scuola, nella sanità, nel vasto campo del sociale. Finito il colloquio, i doni: Silvio ha regalato al Papa (coi soldi suoi non dello Stato) una croce, visto che il Santo Padre com'è noto è il maggior collezionista: questa non sfigurerà per saecula saeculorum, essendo dotata di undici topazi e un grande diamante (con la spiegazione della simbologia in un foglio a parte, si suppone per illuminare il Papa). Il quale Papa gli regala una penna e una stampa ottocentesca di San Pietro, evitando per fortuna di competere con gli orologi. Poi Berlusconi e Letta vanno dal segretario di Stato, cardinal Tarcisio Bertone, della congregazione di Don Bosco. Anche lì, colloquio ampio, più tecnico però. Bertone aveva chiesto espressamente di scegliere Marcello Pera, amico personale di Benedetto XVI, come ministro della Giustizia: raccomandazione respinta. Ora Bertone ha ingoiato l'ama rezza passata e confermato la stima e le aspettative, ma chiede si tenga conto delle preoccupazioni del Papa in sede europea e nelle organizzazioni internazionali: basta condanne al Vaticano per i più svariati motivi in Consiglio d'Europa, nel Parlamento europeo. Tranquillizzazioni sull'8 per mille. Poi una richiesta "di carità cristiana" per favorire i ricongiungimenti famigliari degli extracomunitari in regola o che questa regolarizzazione meritano. Il riferimento era a badanti e colf che finché non avranno questo benedetto permesso, pur essendo brave persone, non possono rivedere figli e mariti. Altro che minacciarle di arresto. Nel comunicato congiunto ecco la risposta alle richieste da parte italiana: «Il Presidente Berlusconi ha confermato al Santo Padre la priorità attribuita dal Governo italiano, nella sua azione sul piano interno ed internazionale, ai valori di libertà e tolleranza ed alla sacralità della persona umana e della famiglia».
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