Medio Oriente - lun 17 mar
di Luigi Geninazzi
Avvenire del 16 marzo 2008
Chi s’interessa di loro? Chi difende i nuovi perseguitati a causa della fede? Chi si preoccupa della sorte dei cristiani in Medio Oriente?
Sono domande non più eludibili all’indomani della tragica morte del vescovo iracheno di Mosul che ci ha messo sotto gli occhi il martirio quotidiano della Chiesa caldea, una delle comunità cristiane più antiche ed ora più duramente messe alla prova.
«I cristiani iracheni rischiano di scomparire», è l’allarme lanciato dal prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Leonardo Sandri, nell’intervista pubblicata ieri dal nostro giornale. E le cose non vanno meglio nel resto della regione medio-orientale. «Qui la comunità cristiana soffre sempre di più» ammette padre Pizzaballa, custode francescano della Terra Santa che ricorda la drastica riduzione dei fedeli, scesi dal 20 al 2% della popolazione negli ultimi quarant’anni. «I cristiani del Libano sono vicini all’abisso », ha dichiarato pochi giorni fa il Patriarca Sfeir, la più alta autorità della Chiesa nel Paese dei cedri dove l’esodo di maroniti, ortodossi e latini ha subìto una forte accelerazione a partire dall’estate del 2006, in seguito al recente conflitto con Israele.
Fino al 1960 i cristiani erano la maggioranza in Libano, oggi sono circa un terzo. In Iraq erano 800 mila fino al 2003, in cinque anni se ne sono andati più della metà. Ad Aleppo, la città della Siria luogo storico della Chiesa dei primi secoli, fino a pochi anni fa un abitante su due era cristiano. Oggi i fedeli sono poche migliaia, il 6% della popolazione. È un fatto: la maggioranza dei cristiani del Medio Oriente vive ormai all’estero, in Europa, negli Stati Uniti, in America Latina. Ci sono più cattolici palestinesi a Buenos Aires che non a Betlemme.
Se ne vanno per sfuggire alla povertà, alla crisi economica, al caos sociale e alle discriminazioni politiche che spesso assumono un carattere persecutorio. Circondati da un clima di crescente ostilità, minacciati e ricattati dai fondamentalisti islamici, molti imboccano la via dell’emigrazione. Per i cristiani dell’Iraq si tratta di una scelta quasi obbligata, costretti da bande di jihadisti ad abbandonare case e negozi sotto la minaccia delle armi. Chi resiste si candida alla morte.
Così ci si avvia al genocidio strisciante, alla pulizia etnica della minoranza cristiana in Medio Oriente. Una tragedia davanti a cui l’Occidente preferisce chiudere gli occhi. Nel grande scontro di civiltà 'tra democrazia e islam' i cristiani medio-orientali rappresentano un terzo attore guardato con sospetto dai due protagonisti. In quanto cristiani sono visti come una quinta colonna del nemico, simpatizzanti nascosti dell’Occidente e dell’America. In quanto arabi sono considerati troppo orientali, incapaci d’intendere le ragioni della civiltà occidentale.
I cristiani del Medio Oriente sono il punto cieco della nostra visione del mondo. Ragioniamo e discettiamo senza tener conto della loro drammatica esistenza. È ora di cambiare prospettiva, mettendo al centro di ogni discorso sull’islam e di ogni analisi sul Medio Oriente il ruolo fondamentale della minoranza arabo-cristiana come fattore di dialogo e di e di ponte tra culture e religioni diverse. Ne va della loro sopravvivenza. Ma, a ben vedere, anche della nostra civiltà.
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