Domani giornata di preghiera
di Bernardo Cervellera
Tratto da Avvenire del 23 maggio 2008
Charles Péguy, il poeta francese convertito dal socialismo alla fede cattolica, è stato fra i più devoti alla Madonna. Per ben tre volte ha compiuto a piedi il pellegrinaggio da Parigi a Chartres.
Nel 'Portico del mistero della seconda virtù', dedicato alla speranza, dice che le Ave Maria sono come piccole navi dalle vele bianche, al cui assalto il cuore di Dio non riesce a resistere. Le piccole Ave Maria vi si insinuano e riescono a slegare le braccia del Padre in un abbraccio di misericordia.
Benedetto XVI, nel lanciare la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina, avrà fatto affidamento sulla stessa efficacia. Domani tutte le Chiese del mondo avvolgeranno di misericordia i cristiani e il popolo cinese chiedendo unità per la Chiesa e il bene per la nazione. Il Partito comunista ha sempre avuto paura dell’«organizzazione internazionale» dei cattolici, nel timore che essi cospirino contro la Cina. Ha sempre temuto Giovanni Paolo II, che con la caduta del comunismo in Europa, era considerato il «nemico numero 1». Invece l’abbraccio dei cattolici, è amorevole proprio verso la Cina. In questi giorni, da moltissime diocesi del mondo partono aiuti e preghiere per la popolazione del Sichuan, prostrata dal terremoto, e in questi anni la cooperazione dei cattolici allo sviluppo di villaggi, l’alfabetizzazione dei contadini, l’ospitalità verso migranti e handicappati ha strappato la gratitudine perfino dai governi locali di quel grande Paese.
Il Papa chiede alla Madonna di Sheshan, patrona della Cina che si festeggia il 24 maggio, la grazia dell’unità per la Chiesa cinese. Già Giovanni Paolo II aveva chiesto ai cattolici sotterranei di essere misericordiosi verso quelli ufficiali, che talvolta sembrano più compromessi col potere. A questi ultimi aveva domandato di avere più coraggio nel manifestare l’unità con il successore di Pietro.
Benedetto XVI fa la stessa richiesta. Ma i segni dell’unità sono già percepibili: ormai tutti i vescovi ufficiali, tranne quelli ordinati in modo illecito due anni fa, sono in comunione con lui, e in molte diocesi vescovi sotterranei e ufficiali collaborano nella pastorale e nella missione; vescovi sotterranei in prigione ricevono il soccorso della Chiesa ufficiale.
Ha contribuito a questa unità anche una dose di tolleranza da parte del governo centrale che negli ultimi anni ha accettato di fatto i candidati vaticani a sedi episcopali importanti, quali Pechino, Xian, Shanghai, Canton. I segni di distensione e una vaga volontà di dialogo, almeno fra membri del ministero degli Esteri, non mancano. A questi la Santa Sede sta offrendo la maggiore apertura possibile e soprattutto sta manifestando un atteggiamento positivo, che guarda al bene della Cina stessa.
Nella Lettera ai cattolici cinesi il Papa spiega con molta dolcezza e precisione che la Chiesa non pretende di «entrare nella battaglia politica», ma chiede uno spazio di libertà religiosa per «risvegliare le forze spirituali» della società, senza cui non vi è giustizia. Che la Cina abbia bisogno di questo «risveglio spirituale» lo si vede da tutti gli appelli di Hu Jintao e di Wen Jiabao in questi giorni per spingere alla solidarietà e frenare la corruzione.
Davanti al terremoto sono moltissimi i cinesi che offrono denaro, tempo, solidarietà. Ma sono anche tanti, soprattutto i più ricchi, a guardare solo al loro interesse. Il terremoto in Cina sta facendo emergere pericolose divisioni sociali che solo una riconciliazione spirituale potrà sanare.
Per questa rivoluzione dello Spirito la Chiesa è la migliore alleata della Cina e del suo futuro. La Giornata di preghiera serve anche perché se ne accorga chi ne ostacola il cammino.
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