Non c’è bene comune senza tensione al Bene
La caduta del Governo Prodi ci consegna la fotografia di un Paese che negli ultimi due anni
ha fatto più passi all’indietro che in avanti.
Nella primavera del 2006 esprimevamo la nostra posizione sulle elezioni politiche parlando di
correnti radicali e massimaliste, che rischiavano di mettere a tacere le posizioni moderate, e
di uno “statalismo rigido” che avrebbero causato gravi danni sui temi dell’economia, della
famiglia, della politica internazionale, della scuola, del welfare.
Nell’immediato post-voto, constatando che le urne avevano disegnato un Paese diviso a
metà, avevamo chiesto che le forze riformiste di entrambi gli schieramenti si mettessero
insieme per mettere mano alle riforme necessarie per il Paese.
Ma non è successo; e oggi ne paghiamo le conseguenze.
Ora si torna ai nastri di partenza, appesantiti da due anni di Governo che hanno creato un
clima sociale da “tutti contro tutti”, una ostilità verso la politica e una maggiore distanza della
politica dai problemi dei cittadini, un freno allo sviluppo economico dettato da politiche fiscali
preoccupate soprattutto di punire (in omaggio a quella grossolana ossessione di giustizia
sociale esplicitamente dettata dal motto “anche i ricchi piangano” e a un’ostilità ideologica
verso le piccole e microimprese, e il popolo delle partite Iva) con tutto ciò che ne consegue in
termini di peggioramento del benessere del Paese.
C’è davvero da augurarsi che il prossimo Governo sia più amico del popolo, delle imprese,
della famiglia, di chi costruisce il bene per sé e per tutti.
Ma le speranze per il nostro futuro non sono appese alla formazione del nuovo Parlamento e
del nuovo esecutivo. Come ci siamo ripetuti altre volte, non è dalla politica che possiamo
aspettarci il cambiamento.
Nell’Allocuzione per l’incontro con l’Università di Roma La Sapienza, il Papa sottolinea il
rischio di una prassi politica in cui prevalgano logiche dettate da interessi particolari invece
che la ricerca della verità. Scrive il Papa: ”Essi [i partiti politici] avranno immancabilmente di
mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con ciò baderanno quasi inevitabilmente
ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi però sono spesso particolari e non
servono veramente all'insieme. La sensibilità per la verità sempre di nuovo viene sopraffatta
dalla sensibilità per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della
sensibilità per la verità come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica,
reinserendo così il concetto di verità nel dibattito filosofico ed in quello politico”.
E’ in questa tensione alla verità che sta la nostra speranza: una tensione alla verità che si
esprime in ogni cosa che si fa, e quindi innanzitutto nel lavoro.
Ed è proprio da questo punto che nasce e rinasce continuamente l’esperienza di Compagnia
delle Opere. Come ci siamo ricordati all’Assemblea Generale di CDO dello scorso novembre,
se vogliamo dare un senso nuovo alla realtà, se vogliamo una vita nuova, dobbiamo ritornare
alla ricerca del destino in ogni cosa che si fa, per cui ogni circostanza è plasmata nel suo
significato, realizzata quindi nel modo più vero, più leale, più utile. Perché la vita umana
diventi più vera, più leale, più utile. Diventi migliore.
Questa tensione è la nostra responsabilità nel momento che il Paese sta attraversando: non
c’è bene comune senza la tensione di ciascuno al Bene.
Milano, febbraio 2008
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