....Per questo l'individualismo moderno è non solo una relazione, ma anche un'individualizzazione attraverso l'origine, non senza origine o contro l'origine. Ciò attesta che la nostra epoca è affascinata dalla genealogia, dall'identità, dalla ricerca delle origini nel caso in cui queste sono state occultate da un abbandono precoce seguito da un'adozione, e naturalmente dai doveri di memoria......
...Attualmente l'uomo derivato dal sapiens vive senza la consapevolezza della morte quasi per metà della sua vita. Vive senza la consapevolezza della morte, della sua morte, un po' come gli animali, in una sorta di euforia e di spensieratezza. Ciò significa che, per una parte della sua esistenza, accantona la sua umanità, ciò che definisce l'umanità: la consapevolezza della morte. La questione posta all'individuo moderno è di sapere in quale misura il reale lui è oggi compreso, e di quali trasformazioni della sua rappresentazione questa nuova situazione antropologica è portatrice.....
Un convegno alla Pontificia Università Lateranense per i quarat'anni dell' enciclica «Humanae vitae»
di Paul Yonnet
Tratto da L'Osservatore Romano del 9 maggio 2008
In Francia, a metà degli anni Novanta del 1900 l'82,1 per cento dei bambini nati erano stati desiderati "in quel momento", mentre il 10,5 erano stati desiderati ma "non in quel momento" e vengono detti "mal pianificati".
Resta un 7,4 per cento di nascite non desiderate. Questa percentuale era tre volte più alta a metà degli anni Sessanta. A quell'epoca (1963-1967), come nel periodo 1966-1972, le nascite non previste e non desiderate rappresentavano un totale di circa il 42 per cento del totale.
Fenomeni dello stesso tipo sono osservabili in tutte le società che hanno conosciuto la rivoluzione demografica, caratterizzata da una diminuzione sia della mortalità infantile sia della fecondità. La diminuzione della mortalità in età giovanile, con il suo spostamento verso l'anzianità, ha generato il concepimento e la nascita di bambini individualmente desiderati, una rottura totale e senza eguali nel modo di riproduzione della vita, della specie umana. La rivoluzione demografica, che è rivoluzione della quantità, ha così scatenato, o piuttosto permesso, una rivoluzione della qualità, rendendo possibile e liberando aspirazioni che erano in fermento da lungo tempo nei Paesi della cristianità latina occidentale e comportando conseguenze importanti per la vita sociale e culturale, alcune delle quali sono già visibili. (... )
Gli effetti della rivoluzione demografica non si fermano alla trasformazione delle forme familiari ma è all'origine di un mutamento antropologico. Il bambino è attualmente il frutto di una riproduzione guidata, voluta, e ha la certezza di vivere visto lo spostamento della mortalità verso l'anzianità. (... ) Essere stato desiderato, essere desiderato, credere o sapere che si è stati desiderati, è la rappresentazione razionale centrale attorno alla quale avviene la costruzione psicologica dell'individuo. Questa relazione originale, stabilita dall'inizio della vita, strutturerà la psicologia della persona per tutta la sua esistenza. L'individuo moderno può vivere solo se è costantemente rialimentato dal desiderio degli altri, dal desiderio degli altri che sia lui e lui solo - nel lavoro, in famiglia, nel suo entourage, ma anche in quanto cittadino, nella vita pubblica - da qui la sua fragilità costitutiva. Per questo tipo di personalità psicologica, il legame fondamentale è il filo che lo collega agli altri, e non in primo luogo ciò che lo collega alle norme. È attraverso questo legame con gli altri stabilito per mezzo del desiderio che gli altri hanno di lui, che accede alla norma e a morali collettive.
Per i genitori, ma anche per il bambino, si pone immediatamente una questione cruciale: quali prove addurre (a mio figlio, ma anche a noi stessi) del fatto che il mio bambino è stato concepito per se stesso, per essere se stesso, una personalità particolare, e che non è il frutto del caso accolto senza desiderio? Come manifestargli la realtà delle nostre intenzioni, una volta nato? Il desiderio di un bambino e queste intenzioni si manifestano e si realizzano nell'autonomia, nell'esigenza di autonomizzazione rapida della personalità nascosta nel bambino, e, per i genitori, attraverso un interrogativo lancinante, dal momento in cui deve essere presa una decisione di vita o educativa riguardante il bambino: ho avuto torto o ragione a decidere, a proibire, a autorizzare, persino a discutere, e secondo quelle norme, a piegarmi o a non piegarmi al suo desiderio poiché l'ho desiderato.
I bambini, naturalmente, hanno una conoscenza spontanea, intuitiva, di questo dibattito interiore. Questo meccanismo implicito, che sottende la relazione e la formazione psicologica del bambino, spiega il fatto che l'accesso a "un'autonomia piena e totale" sia divenuto la norma educativa più importante delle società, che figuri nei diversi testi internazionali che definiscono i diritti dell'uomo e quelli del bambino e che in Francia, ad esempio, si pretenda di misurarla a scuola. Fare emergere il singolo io del bambino è la norma educativa fondamentale del tempo, e perciò questo tempo è anche il tempo dell'egocentrismo (che non bisogna confondere con il narcisismo, concetto passe-partout aggiunto alla teoria freudiana). Tuttavia le condizioni nelle quali l'io del bambino desiderato è chiamato a nascere ci fanno altresì comprendere perché questo tempo è anche un tempo di crisi del divieto.
L'egocentrismo non risulta da un conflitto, ma da una relazione. Non ha vocazione a generare il conflitto, bensì la relazione. Non è l'egoismo, e non è neppure il contrario. Questo carattere sorprendente deriva dal suo modo di elaborazione. È il prodotto diretto della relazione con gli altri, i genitori. È il prodotto specifico dell'individualizzazione moderna. (... ) Per questo l'individualismo moderno è non solo una relazione, ma anche un'individualizzazione attraverso l'origine, non senza origine o contro l'origine. Ciò attesta che la nostra epoca è affascinata dalla genealogia, dall'identità, dalla ricerca delle origini nel caso in cui queste sono state occultate da un abbandono precoce seguito da un'adozione, e naturalmente dai doveri di memoria.
L'autonomia alla quale accede il bambino, poi l'adolescente, deve essere precisata: è un'autonomia psicologica e non sociale o materiale. Si sviluppa in un universo di restrizioni. (... ) Associata allo sradicamento della mortalità infantile e giovanile e alla diminuzione del tasso di mortalità, essa tende a generare sentimenti di onnipotenza, di fierezza, di orgoglio, e si può dire che ha sotterrato la vecchia umiltà della gioventù, a beneficio di atteggiamenti di sfida ricorrenti, divulgati dal cinema, dalla musica, dai videoclip, dalle serie televisive. È questo uno dei moventi, in cui si può vedere una sofferenza che ritorna, dello sviluppo della violenza fra i giovani.
Questa miscela esplosiva di autonomia psicologica precoce e di sentimenti di onnipotenza produce culture proprie, che vanno dalla loro messa in scena nelle diverse categorie di emissione della telerealtà alle musiche e alle mode degli adolescenti, la cui gravità si limita ai turbamenti dell'io. Questo genere di cultura devasta le culture ereditate, che tornano comprensibili solo più tardi.
La società rafforza però il fenomeno nell'adolescenza. Più che nelle altre fasi, l'adolescenza era il periodo della crescita sociale per eccellenza; attualmente, essa non è più, al massimo, che il periodo di potenzializzazione delle condizioni di una crescita sociale sospesa sine die, e in ogni caso rimandata. Così l'adolescente si trova dotato di un io chiamato precocemente a essere "pieno e totale", ma il cui uso utile viene sospeso dalla società. Da qui una contraddizione letale nella condizione dell'adolescente, lo sviluppo di patologie del dominio del reale e ciò che ho chiamato condotte di esaurimento nell'attesa, in particolare nell'ossessione per le feste.
La condizione dell'adolescente è un modo di vivere sotto una luce particolarmente acuta un nuovo dato della vita umana che ci interroga: la morte della mortalità. (... ) La morte ha smesso di essere la grande educatrice.
Attualmente l'uomo derivato dal sapiens vive senza la consapevolezza della morte quasi per metà della sua vita. Vive senza la consapevolezza della morte, della sua morte, un po' come gli animali, in una sorta di euforia e di spensieratezza. Ciò significa che, per una parte della sua esistenza, accantona la sua umanità, ciò che definisce l'umanità: la consapevolezza della morte. La questione posta all'individuo moderno è di sapere in quale misura il reale lui è oggi compreso, e di quali trasformazioni della sua rappresentazione questa nuova situazione antropologica è portatrice.
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