Ieri alla radio ho ascoltato un'intervista fatta alla figlia di Aldo Moro.
Nonostante i 30 anni dalla morte del padre si sentiva ,dalle sue risposte, la tristezza per come sia stato trattato il padre sia da vivo che da morto.
Le frase che maggiormente mi hanno colpito sono state:
1 Si continua a parlare di mio padre morto non si racconta mai chi sia stato mio padre.
2 Il popolo non ha fatto nulla,nessuno si e' mosso,nessuna manifestazione di piazza tutti sono responsabili .
E' vero ,30 anni fa tutti noi abbiamo lasciato morire un uomo in silenzio e ancor oggi lo ricordiamo solo in quella vecchia panda!
Novecento - lun 12 mag
di Riccardo Paradisi
Tratto da cronache di Liberal del 10 maggio 2008
Cominciò Sergio Zavoli con La notte della Repubblica alla fine degli anni Ottanta a mettere gli ex terroristi delle Brigate rosse davanti alle telecamere. Ma le luci – soffuse verso lo scuro – il tono seminquisitoriale del conduttore e una scenografia espiativa conferivano all’evento qualcosa di grave.
I ruoli erano ben definiti insomma, la memoria di quanto avevano fatto quelle persone ancora fresca e comunque rinnovata da uno Zavoli che incalzava con domande del tipo: «Che cosa si prova ad essere un assassino». Oppure: «Si è mai posto il problema del giudizio di Dio?». Gli ex terroristi – alcuni pentiti, altri solo dissociati – non avevano pose saccenti, apparivano aureolati di grigio, come contriti, schiacciati dal peso di quello che avevano fatto. Poi, e in fretta, le cose sono cominciate a cambiare: già all’inizio degli anni Novanta e per tutto il decennio fino ad anni recenti non c’era trasmissione o servizio giornalistico sugli anni di piombo che non ospitasse un ex terrorista – gettonatissimi quelli delle Br, ma anche Prima Linea o Nar tiravano molto. Si è così passati dalla contrizione a una rinnovata e malcelata aggressività polemica transitando per la stazione intermedia del narcisismo dei redenti.
E basta leggere alcune prove d’autore degli ex Br, tutte pubblicate da ottimi editori, per capire come non si fosse mai sopita in questi soggetti l’ambizione del protagonismo pubblico. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha còlto l’occasione del giorno della memoria per le vittime del terrorismo per dire che la misura è colma. Che è giunto il momento di dire basta alle tribune concesse da stampa e televisione ad ex terroristi. «Lo Stato democratico, il suo sistema penale e penitenziario - ha dichiarato il presidente della Repubblica – si è mostrato in tutti i casi generoso. Ma dei benefici ottenuti gli ex terroristi non avrebbero dovuto avvalersi per cercare tribune da cui esibirsi, dare le loro versioni dei fatti, tentare ancora subdole giustificazioni».
A far scattere l’indignazione di Napolitano, come ha spiegato lui stesso, è il fatto di avere letto alcuni giorni fa l’intervista di un ex brigatista, «lo stesso che un anno fa ha raccontato con agghiacciante freddezza come aveva ammazzato il vicedirettore della Stampa Carlo Casalegno e che ora ha detto di provare rammarico per i familiari delle vittime delle Br, ma aggiungendo di aver dato per scontato che, quando si fanno azioni di un certo tipo, accade di dare dei dispiaceri ad altri. No, non dovrebbero avere tribune per simili figuri».
Sono parole che le famiglie delle vittime – che in questi trent’anni non hanno avuto voce né microfoni perchè il loro dolore non faceva notizia quanto la ferocia dei carnefici – attendevano di ascoltare da decenni. Sono arrivate dal Quirinale nel giorno della memoria e nella ricorrenza dell’omicidio di Aldo Moro. «Vorrei sentiste questa iniziativa», ha detto Napolitano rivolgendosi ai famigliari delle vittime presenti alla cerimonia, «come un gesto di riparazione per il senso di solitudine che vi ha fatto temere di essere dimenticati». Un impegno che il presidente della repubblica si è assunto in nome delle Istituzioni, precisando che l’Italia doveva da tempo questo omaggio ai colpiti dal piombo terrorista.
Parole dure insomma quelle di Napolitano anche se non c’è nessuna inappellabilità nelle sue parole: «Chi ha commesso dei delitti ha il diritto di reinserirsi nella società, ma con discrezione e misura e mai dimenticando le sue responsabilità morali anche se non più penali. Così come non dovrebbero dimenticare le loro responsabilità morali tutti quanti abbiano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagne di odio da cui sono scaturite le azioni terroristiche, o abbiano offerto al terrorismo motivazioni, coperture e indulgenze fatali». Un passaggio questo sui cattivi maestri denso di riferimenti taciti a personaggi e ambienti precisi. Che ancora oggi mal sopportano di essere individuati come anch’essi responsabili di quanto è avvenuto in Italia negli anni di piombo.
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