Vittadini: cambiare la società “dal basso”. Dagli Usa una buona lezionePolitica - mar 15 lug
di Giorgio Vittadini
Tratto da L'Occidentale il 14 luglio 2008
Una concezione obsoleta di statalismo laicista continua a soffocare e rallentare il nostro Paese.
Che lo sviluppo di un Paese civile moderno non possa essere realizzato se non liberando le energie di tutti i soggetti sociali che lo compongono e ridando allo Stato centrale la sua funzione regolatrice, è sempre più evidente.
Barack Obama (descritto comunque a torto quasi come l’alter ego di Veltroni), lo scorso primo luglio, in un discorso in cui sottolineava l’importanza per la vita civile dei gruppi caratterizzati da appartenenze religiose, ha affermato che “il cambiamento non avviene dall'alto verso il basso, ma dal basso verso l'alto e pochi sono vicini alla gente più delle chiese, delle sinagoghe, dei templi e delle moschee”, anche negli interventi sociali a favore dei poveri.
Prendendo poi ad esempio il successo del programma “Youth Education for Tomorrow” realizzato a Philadelphia, il senatore arriva addirittura a dire che questa modalità di intervento a favore delle classi meno abbienti che nasce da realtà sociali e gruppi mossi da motivazioni religiose, è cruciale anche in campo educativo e se diventerà presidente farà nascere un organismo “for Faith-Based and Neighborhood Partnerships”, attraverso cui utilizzare fondi federali a favore di queste realtà.
Se si pensa che una concezione di vita civile che riconosce l'apporto imprescindibile di realtà sociali di base (visione “sussidiaria” della società) è appannaggio ancora di più del repubblicano McCain, si evince il suggerimento che arriva da oltreoceano. La sinistra italiana, nonostante la nascita del Partito democratico, continua ad essere egemonizzata da opinionisti e politici ossessionati dalle presunte violazioni clericali della laicità dello Stato, bloccati su una gestione diretta dei servizi da parte degli enti pubblici, convinti, in una concezione in cui allo Stato si contrappone solo l’individuo atomisticamente inteso, che l’unica alternativa allo statalismo è un mercato selvaggio dei servizi.
Questa concezione, contrabbandata per moderna, ma in realtà residuo di ideologie ottocentesche, è il più pesante orpello allo sviluppo libero e responsabile e al cambiamento del nostro Paese.
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