venerdì 27 giugno 2008, 07:00
di Andrea Tornielli
«Il Papa e il patriarca di Mosca si incontreranno, ne sono certo. Il clima sta cambiando...». Monsignor Paolo Pezzi, nato a Russi, in provincia di Ravenna, 48 anni fa, è da qualche mese il nuovo arcivescovo della cattedrale della Madre di Dio a Mosca, e domenica riceverà dalle mani di Benedetto XVI il pallio, la piccola stola di lana che simboleggia il legame dei metropoliti con il Pontefice.
Cresciuto nella Fraternità San Carlo, legata al movimento di Cl, Pezzi ha fatto per anni il missionario in Siberia. Raztinger l’ha scelto quale successore dell’arcivescovo Kondrusiewicz e l’arrivo di un italiano al posto di un prelato di origini bielorusse ha contribuito a rasserenare i rapporti con la Chiesa ortodossa.
Il dialogo con gli ortodossi procede?
«Ci sono segnali positivi. Sono stato invitato, dopo anni che non avveniva più, alle liturgie del Natale e della Pasqua ortodossa, ho avuto modo di parlare con Alessio II. A Natale, dopo il rito, il patriarca ha invitato a pregare per la Chiesa cattolica e per il Papa e ha fatto un brindisi in onore di Benedetto XVI. Mi ha detto che dobbiamo continuare a incontrarci e lavorare insieme per il bene del popolo di Dio. Insomma c’è una cordialità nuova, c’è disponibilità. Per la prima volta abbiamo trattato alcuni aspetti che riguardano le nostre necessità come Chiesa cattolica in Russia e abbiamo iniziato una collaborazione sul piano culturale. Abbiamo presentato insieme a un teologo ortodosso l’ultima enciclica di Papa Ratzinger, “Spe salvi”».
Il Papa e Alessio II si incontreranno?
«Credo di sì, ne sono convinto. Bisogna desiderarlo, bisogna pregare, perché quanto più lo si desidera, tanto più si cercano di creare le condizioni perché l’incontro avvenga. Il Papa lo desidera e il patriarca non è contrario. Ci sono delle difficoltà, ma superabili. È importante il fatto che né il Papa né Alessio II vogliano che l’incontro sia l’evento del secolo, da fare a tutti i costi. È una tappa che tende alla piena comunione».
Benedetto XVI verrà a Mosca?
«Il viaggio a Mosca penso sia in secondo piano rispetto all’incontro con il patriarca. Bisogna creare le condizioni per l’incontro, innanzitutto. Da questo punto di vista il recente viaggio di Alessio II a Parigi è stato importante. Credo molto in questi scambi, nelle visite fraterne, anche al di là dell’ufficialità».
La Chiesa ortodossa appare come legata a doppio filo con il potere politico. Non è un rischio?
«Per noi occidentali, abituati a una separazione molto più netta, può sembrare eccessivo quel legame. Ma dobbiamo comprendere la mentalità e la storia orientali. Le Chiese d’Oriente si sono sviluppate con un legame fortissimo al potere civile, all’imperatore. In questo oggi la Chiesa ortodossa si identifica con il sentimento che il popolo ha di se stesso».
Dopo la caduta del comunismo ha vinto la fede o il consumismo?
«Vedo un recupero di religiosità, che si evidenzia in due aspetti: una forte presenza del senso del mistero nella vita della gente; una accettazione, grazie allo sguardo di fede, delle condizioni in cui si vive, anche quando sono difficili».
Gli ortodossi hanno accusato i cattolici di voler fare «proselitismo». Lei come risponde?
«Il proselitismo è estraneo alla Chiesa cattolica e se ci fossero stati degli episodi andrebbero ascritti alla limitatezza di chi li ha compiuti. Il proselitismo comincia dove finisce la missione. Io mi sento missionario e cerco di portare la gente a Cristo e Cristo alla gente, e questo non è impedito da nessuno. Lo faccio con un grande rispetto per la Chiesa ortodossa perché non si tratta di ingrossare le fila del “mio” gruppo, ma di accompagnare la gente al proprio destino».
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