“Sei pro o contro il padre di Eluana?”. Me l’hanno chiesto più volte in questi giorni. Il sottinteso era: “tu cattolico”, dicci da che parte “stai”!
Mi spiace, ma non sto da nessuna di queste due parti. Non posso scegliere tra esse, perché non ci sono. Per vederle, queste parti, bisogna dimenticare l’uomo: dimenticare Eluana e Beppino. Farsi boria delle proprie idee e approfittare della sofferenza per affermarle. Io non voglio e non posso. Anche perché la mia mamma - che ha solo sessant’anni - è da molto messa come Eluana, ma il mio papà le vuole bene e ci passa le giornate insieme. Poi il mio amico Marco, che avendo da trent’anni la fortuna di deglutire e muovere ben tre dita, le userebbe per sillabarmi “minchione” al primo cedimento.
Posso solo stare dove sto: in mezzo alla vita.
Cercando di capire le cose, i fatti. Quando ne ho la forza, mettendoci su il rischio del giudizio e resistendo a definire in astratto la questione intera e gli uomini. Tantomeno il Signor Beppino.
Capisco che Eluana è viva e la vogliono ammazzare (facendola crepare di fame e sete: ma perché non si pigliano la coerenza di ammazzarla con una puntura, invece di far finta che se ne vada da sé). Capisco che questo si chiama eutanasia e in Italia la legge lo vieta (altro che buco legislativo). Capisco che, se l’eutanasia non fosse vietata, dovrebbe essere chi vuole morire a chiederla ed Eluana non può farlo e nemmeno ha lasciato scritto che l’avrebbe voluta (e comunque, ci fosse pure lo scritto, anche questo non avrebbe valore perché in Italia non c’è il “testamento biologico”).
Tutto questo lo capisco perché ragiono e mi stupisco che non lo capiscano i giudici.
Credo poi (e credo con razionalità) che la vita sia sacra e intangibile, che il darla e toglierla non sia nella mia disponibilità. Che questo credere non sia condanna, ma dono: un “tutore” che, in certi momenti, mi impedisce di chiedere o dare un bel taglio (basta poco, con certi malati). Un dono grande, perché mi porta oltre il mio star male, al senso di quelle vite strane: la certezza che partecipino a proprio modo di un destino buono. Che senza “tutore” avrei già spezzato (questo "spezzare" sarebbe anche peccato, per noi cattolici).
Quindi mi impegno socialmente e politicamente per il ricorso sulla sentenza della Corte di Appello e perché non siano approvate le leggi sull’eutanasia e il testamento biologico.
E’ coerente pensare che Beppe Englaro sbagli drammaticamente e gravemente - che voglia far ammazzare sua figlia! - e pure non perderne il rispetto. Condividerne umanamente e personalmente la sofferenza sino alla commozione e pure contraddirlo, cercando di fermare ancora, con la legge, la sua azione.
Lui non è un simbolo, del peccato o dei diritti civili: è un uomo. La preghiera per lui è la stessa di tutti e per tutti: che i guai e la fatica non ci chiudano la testa, tanto da farci perdere il senso. Della vita nostra e degli altri.
Se fosse convinto anche il Signor Beppino - come le Suore della Misericordia - che la vita di Eluana ha senso, non gliela vorrebbe negare. Perché le vuol bene
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