Lo aveva desiderato e richiesto e ora è arrivata una prima risposta. Ingrid Betancourt sarà ricevuta in udienza da Benedetto XVI, che lo scorso anno aveva già incontrato la madre. "Il comprensibile e nobile desiderio della signora di essere ricevuta dal Papa potrà realizzarsi appena lo permetteranno gli impegni di Sua Santità", ha precisato il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Ciro Benedettini, in risposta alle sollecitazioni dei giornalisti. Mancano intanto poche ore all'arrivo a Parigi della Betancourt e della sua famiglia. L'aereo su cui viaggia la senatrice colombiana - liberata due giorni fa dalle mani delle FARC - è atteso verso le 16 all'aeroporto militare di Villacoublay, a ovest della capitale francese. A ricevere la Betancourt sarà lo stesso presidente francese, Nicolas Sarkozy, e sua moglie, Carla Bruni. Intanto, l'eco della liberazione dell'ex candidata alle presidenziali colombiane è sempre al centro di commenti e di congratulazioni diretti al presidente della Colombia, Alvaro Uribe, e delle Forze Armate che hanno effettuato con successo il blitz.
Il servizio di Maurizio Salvi:
04/07/2008 15.14.28
la dichiarazione del vicedirettore della Sala Stampa Vaticana, padre Ciro Benedettini
Dal presidente statunitense, George W. Bush, al premier spagnolo, Luis Zapatero, dal segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, al presidente italiano, Giorgio Napolitano, tutti i principali statisti mondiali hanno elogiato il governo del presidente Alvaro Uribe. Ingrid Betancourt, apparsa in uno stato di forma più che accettabile, si è goduta prima a lungo l’incontro con la famiglia, i figli e le persone care, partendo poi alla volta della Francia. Oggi, poserà all’Eliseo per i fotografi, in compagnia del presidente francese Nicolas Sarkozy. Intanto, a Bogotà, tre ex presidenti colombiani si sono detti convinti che alle FARC non resti altra opzione che quella di deporre le armi e negoziare.
Un sequestro lungo sei anni, del quale la stessa Betancourt ha fornito delle prime, drammatiche descrizioni. Un incubo spezzato 48 ore fa che ha proiettato i vertici iestituzionali della Colombia al centro dell'attenzione mondiale. Anche la Chiesa colombiana ha festeggiato la notizia della liberazione, come spiega mons. Juan Vicente Còrdoba Villota, S.J., ausiliare di Baucaramanga, al microfono di Claire Malapert della redazione francese della nostra emittente:
R. Pour les évêques et pour l’église colombienne c’est un très important moment…
Per i vescovi e per la Chiesa colombiana è stato un momento molto importante, perché noi abbiamo lavorato molto per questa liberazione. I vescovi sono stati chiamati dal governo e dai guerriglieri per instaurare un tavolo di confronto e la Chiesa sempre è stata riconosciuta perché ha sempre cercato e lavorato molto per il dialogo. C’è poi un altro, importante lato da sottolineare: in tutto il mondo, la Colombia non ha una buona reputazione, perché la gente pensa che sia un Paese in cui impera la droga, la guerra. Ora, invece, abbiamo dimostrato a tutto il mondo che la Colombia è capace, da sola, di affrontare i problemi e risolverli con successo. Questo è molto importante per i vescovi, per la Chiesa, per il diritto, per la verità e per la vita.
D. - Come è stato percepito, dalla popolazione colombiana, questo avvenimento? Come un segno di speranza, del fatto che il Paese sta cambiando?
R. - Oui, l’espoir c’est très important pour nous…
Sì, la speranza è molto importante per noi, perché noi abbiamo una storia terribile di sofferenza e i colombiani sperano di vincere sulla guerra. Il 95% dei colombiani è gente per bene, gente buona, e penso che ora abbiamo dimostrato che c’è una speranza e che il nostro esercito è un esercito preparato, perché ha messo in atto una strategia molto importante, che ha permesso la liberazione degli ostaggi senza morti e senza spargimenti di sangue. Io penso che oggi comincia, per la Colombia, un momento storico: noi possiamo vincere la guerriglia, noi possiamo ottenere la pace. E io penso che per il mondo, per la Chiesa cattolica, per il Paese sia molto importante che le altre nazioni del mondo, da questo momento, siano aperte nei confronti della Colombia, che noi non abbiamo un Paese di guerra, ma che la verità, la vita, il rispetto, il diritto stesso sono importanti per i colombiani. Abbiamo, ripeto, dimostrato al mondo che noi vogliamo lottare contro la guerra, contro la menzogna e contro la mancanza di dignità. Adesso, abbiamo bisogno che gli altri Paesi nutrano un po’ di speranza nei confronti della Colombia, un po’ di comprensione. Abbiamo bisogno di aiuto psicologico e spirituale e che gli altri Paesi credano che noi siamo una Repubblica di libertà e che lottiamo per raggiungere questo scopo
Nessun commento:
Posta un commento