di Giulio Meotti
I demografi hanno analizzato gli aborti in uno dei più grandi distretti indiani, Salem. Il risultato è questo: “Il sessanta per cento delle bambine viene abortito o ucciso entro il terzo giorno dalla nascita”.
Ne ha parlato il quotidiano americano Christian Science Monitor, fra i più quotati nel racconto delle “missing girls” del Nobel Amartya Sen, denunciate pochi giorni fa dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. “La violenza contro le donne è una questione che non può attendere”
ha detto Ban Ki-moon alla Commissione sullo status della donna.
“Attraverso la pratica della selezione sessuale prenatale, un numero imprecisato non ha neppure diritto alla vita”.
La tecnologia neonatale in India è talmente finalizzata all’identificazione sessuale e all’aborto che la dottoressa Puneet Bedi, ginecologa dell’Apollo Hospitals di Nuova Delhi, ha spiegato che “nessuna donna incinta ne soffrirebbe se il test degli ultrasuoni venisse bandito. Oggi è usato per salvare un bambino su 20 mila e per ucciderne 20 su 100 se sono del sesso sbagliato”. “Paga 500 rupie oggi per risparmiarne 50 mila in futuro” è uno degli slogan più diffusi nello stato di Salem, dove il 60 per cento delle bambine è sistematicamente eliminato. Cinquecento rupie, nove euro, è il costo di un’ecografia oggi in India. The Hindu, grande quotidiano in lingua inglese, ha spiegato che si può acquistare on line un kit (formalmente illegale) che consente di determinare il sesso a casa propria dopo sei settimane con la semplice analisi di poche gocce di sangue.
Il governo ha avviato il programma “Girl Protection”, con il quale alla nascita di una bambina si apre un conto a suo nome dove vengono immediatamente depositati 20 mila rupie. “Ogni tipo di carestia, epidemia e guerra è niente in confronto a questo” ha detto la dottoressa Bedi. “In alcune parti dell’India, una bambina su cinque viene eliminata nella fase fetale. E’ una situazione da genocidio”. Quando nel Punjab venne introdotta la prima macchina per il test, nel 1979, c’erano 925 femmine ogni 1.000 maschi. Nel 1991 erano scese a 875 e nel 2001 a 793. La situazione va ogni giorno peggiorando. Times of India ha scritto più volte che “la Cina elimina ogni anno un milione di bambine, ma il trend attuale vede l’India in testa”. Renuka Chowdhury, ministro per lo Sviluppo delle donne e del bambino, si batte da anni contro l’aborto selettivo. “E’ una questione internazionale di vergogna, la maggior parte delle bambine viene uccisa prima della nascita, non dopo” dice il professor Sabu George, che studia il fenomeno da vent’anni al Center for Women’s Development Studies di New Delhi.
I demografi hanno analizzato gli aborti in uno dei più grandi distretti indiani, Salem. Il risultato è questo: “Il sessanta per cento delle bambine viene abortito o ucciso entro il terzo giorno dalla nascita”.
Ne ha parlato il quotidiano americano Christian Science Monitor, fra i più quotati nel racconto delle “missing girls” del Nobel Amartya Sen, denunciate pochi giorni fa dal Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. “La violenza contro le donne è una questione che non può attendere”
ha detto Ban Ki-moon alla Commissione sullo status della donna.
“Attraverso la pratica della selezione sessuale prenatale, un numero imprecisato non ha neppure diritto alla vita”.
La tecnologia neonatale in India è talmente finalizzata all’identificazione sessuale e all’aborto che la dottoressa Puneet Bedi, ginecologa dell’Apollo Hospitals di Nuova Delhi, ha spiegato che “nessuna donna incinta ne soffrirebbe se il test degli ultrasuoni venisse bandito. Oggi è usato per salvare un bambino su 20 mila e per ucciderne 20 su 100 se sono del sesso sbagliato”. “Paga 500 rupie oggi per risparmiarne 50 mila in futuro” è uno degli slogan più diffusi nello stato di Salem, dove il 60 per cento delle bambine è sistematicamente eliminato. Cinquecento rupie, nove euro, è il costo di un’ecografia oggi in India. The Hindu, grande quotidiano in lingua inglese, ha spiegato che si può acquistare on line un kit (formalmente illegale) che consente di determinare il sesso a casa propria dopo sei settimane con la semplice analisi di poche gocce di sangue.
Il governo ha avviato il programma “Girl Protection”, con il quale alla nascita di una bambina si apre un conto a suo nome dove vengono immediatamente depositati 20 mila rupie. “Ogni tipo di carestia, epidemia e guerra è niente in confronto a questo” ha detto la dottoressa Bedi. “In alcune parti dell’India, una bambina su cinque viene eliminata nella fase fetale. E’ una situazione da genocidio”. Quando nel Punjab venne introdotta la prima macchina per il test, nel 1979, c’erano 925 femmine ogni 1.000 maschi. Nel 1991 erano scese a 875 e nel 2001 a 793. La situazione va ogni giorno peggiorando. Times of India ha scritto più volte che “la Cina elimina ogni anno un milione di bambine, ma il trend attuale vede l’India in testa”. Renuka Chowdhury, ministro per lo Sviluppo delle donne e del bambino, si batte da anni contro l’aborto selettivo. “E’ una questione internazionale di vergogna, la maggior parte delle bambine viene uccisa prima della nascita, non dopo” dice il professor Sabu George, che studia il fenomeno da vent’anni al Center for Women’s Development Studies di New Delhi.
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