5 marzo 2008
Paola, una da votare
Al direttore- Leggo su Liberazione di ieri che alcune senatrici di Rifondazione comunista hanno presentato un’interrogazione sull’attività del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli. Paola Bonzi, che da oltre vent’anni lo dirige, pare abbia raccontato, in un’intervista, alcuni episodi che le parlamentari hanno trovato scandalosi,
come l’essersi “precipitata alle 6 del mattino da una ragazza che si trovava già nell’anticamera della sala operatoria”. Un vero e proprio attentato al “diritto” di aborto e alla libertà di quella donna: chi sarà stata l’anima nera, l’antiabortista che ha avvisato la Bonzi? Il ministro Turco, dicono le senatrici, deve indagare. Non ha importanza se la donna in questione sia felice di aver evitato l’aborto, non ha importanza se in quell’anticamera alle 6 del mattino fosse sola, dubbiosa, spaventata, e se qualcuno abbia avvertito il suo tormento e le abbia offerto ascolto e condivisione. Non ha nemmeno importanza che la Bonzi abbia operato per anni in piena sintonia e amicizia con un ginecologo pro choice come il prof. Pardi, e nemmeno importa sapere che Paola è una “natural born feminist”, una donna piena di amore e di rispetto verso le donne, dotata di un intuito delicato (tra l’altro è non vedente), e della felice capacità di entrare in contatto immediato con le altre. Per Liberazione, se la Bonzi lavora nei Cav, sicuramente “adotta ogni mezzo”, tra cui “l’esibizione di immagini di feti”, pur di “ledere il diritto delle donne ad esercitare le facoltà loro riconosciute” dalla 194. Qui non si tratta di essere pro choice, ma di essere abortiste e basta, convinte cioè che l’aborto sia in sé un’affermazione di autonomia e libertà, e non un momento ambiguo, doloroso e contraddittorio, che nessuna si augura di vivere.
Eugenia Roccella
Paola, una da votare
Al direttore- Leggo su Liberazione di ieri che alcune senatrici di Rifondazione comunista hanno presentato un’interrogazione sull’attività del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli. Paola Bonzi, che da oltre vent’anni lo dirige, pare abbia raccontato, in un’intervista, alcuni episodi che le parlamentari hanno trovato scandalosi,
come l’essersi “precipitata alle 6 del mattino da una ragazza che si trovava già nell’anticamera della sala operatoria”. Un vero e proprio attentato al “diritto” di aborto e alla libertà di quella donna: chi sarà stata l’anima nera, l’antiabortista che ha avvisato la Bonzi? Il ministro Turco, dicono le senatrici, deve indagare. Non ha importanza se la donna in questione sia felice di aver evitato l’aborto, non ha importanza se in quell’anticamera alle 6 del mattino fosse sola, dubbiosa, spaventata, e se qualcuno abbia avvertito il suo tormento e le abbia offerto ascolto e condivisione. Non ha nemmeno importanza che la Bonzi abbia operato per anni in piena sintonia e amicizia con un ginecologo pro choice come il prof. Pardi, e nemmeno importa sapere che Paola è una “natural born feminist”, una donna piena di amore e di rispetto verso le donne, dotata di un intuito delicato (tra l’altro è non vedente), e della felice capacità di entrare in contatto immediato con le altre. Per Liberazione, se la Bonzi lavora nei Cav, sicuramente “adotta ogni mezzo”, tra cui “l’esibizione di immagini di feti”, pur di “ledere il diritto delle donne ad esercitare le facoltà loro riconosciute” dalla 194. Qui non si tratta di essere pro choice, ma di essere abortiste e basta, convinte cioè che l’aborto sia in sé un’affermazione di autonomia e libertà, e non un momento ambiguo, doloroso e contraddittorio, che nessuna si augura di vivere.
Eugenia Roccella
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