Con questo blog desidero dare la possibilita' a tutti di leggere articoli ,commenti ,interventi che mi aiutano a guardare la realta', a saperla leggere ed essere aiutati a vivere ogni circostanza positivamente. Mounier diceva "la vita e' arcigna con chi le mette il muso" (lettere sul dolore). E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.
martedì 4 marzo 2008
SACRI MONTI UN MUSEO A CIELO APERTO DA VALORIZZARE
Guardando oltre di Philippe Daverio
Tratto da AVVENIRE del 2 marzo 2008
Si è aperto in questi giorni un conflitto, bonario ma non per questo di minor interesse, sotto il Sacromonte di Varese. Oppone questo conflitto due partiti capeggiati da due araldi d’eccezione.
Da un lato il nobile Giuseppe Panza di Biumo, insignito nel 1942 per decreto reale e proprietario della villa ormai omonima dal 1939, ottantenne. Dall’altro il nobile quattrocentesco Guglielmo Mozzoni, ultranovantenne, proprietario per matrimonio, con la dote Bernasconi nel 1610, della villa detta delle Quaranta Colonne, pure questa sita sulle dolci colline di Biumo, frazione della ridente Varese. Le due ville distano un tiro di schioppo e per aggiungere un dato curioso la villa del Panza è sta- ta affidata al Fondo per l’Ambiente Italiano, presieduto dalla consorte del Mozzoni, la notissima e attivissima Giulia Maria Crespi. Quindi une affaire d’Etat, come avrebbe detto Mazzarino.
Il più giovane è stato negli ultimi cinquant’anni brillante collezionista dell’arte contemporanea americana; ha rivenduto gran parte della sua collezione agli americani e donato la rimanenza al Fai, lasciandola nella villa dove fa eccellente figura. Una delle sezioni sicuramente più commoventi è quel lungo corridoio dove le istallazione luminose di Dan Flavin, successive di stanza in stanza, formano una sorta di percorso mistico che porta all’ultimo vano nel quale il visitatore scopre la luce, quella naturale. Il più maturo invece s’è laureato in architettura negli anni ’30 sposando la causa avanguardista del razionalismo nascente, ma s’è dato pure molto ai cavalli, ai cani e alla caccia, sicché nel 1943 non esitò a prendere il fucile per raggiungere la Resistenza sulle colline varesotte che confinavano con il rifugio della Svizzera. Poi si è convertito all’architettura utopica, ai viaggi e agli acquarelli di cui è maestro.
Si conoscono da sempre e solo ora si trovano a scontrarsi sulle ipotesi d’un futuro per il Sacromonte. La questione è affascinante. Queste grandi imprese artistiche dei Sacrimonti ebbero inizio dalla volontà di comunicazione post-tridentina di san Carlo Borromeo, nell’ottica di educare i fedeli in gran parte analfabeti grazie alle immagini e alla potenza della liturgia. Così nacquero le varie declinazioni di una allargata Biblia Pauperum. Il primo monte scelto fu quello in area di casa Borromeo, fra il lago e il Sesia, a Varallo: riproduceva, ad opera dei Francescani custodi della Terra Santa, il viaggio a Gerusalemme, Santo Sepolcro compreso, e la storia della Passione. Il secondo crebbe per volontà di Federico Borromeo a Varese e traccia l’itinerario fra i tre ordini dei Misteri del Rosario. Il lavori iniziarono nel 1606 e durarono tutto il XVII secolo lasciando una testimonianza della fede e pure della storia dell’arte di potentissimo vigore. Le quindici cappelle che portano alla chiesa nel borgo montano, tutte diverse l’una dall’altra sono un campionario assolutamente unico dell’architettura d’allora, da quella postrinascimentale a quella barocca per finire con i primi germi del neoclassicismo. Le statue a dimensione sovraumana che fanno da personaggi del racconto e sono contenute fra le pareti affrescate, furono affidate a vari artisti, non notissimi, che vi fecero però dei capolavori insuperati, in quanto quella scultura aveva pochi riferimenti e quindi si trovò capace di rappresentare d’istinto il nuovo senso della realtà.
Giovanni Paolo II ha aggiunto al rosario i cinque misteri della luce; sicché il Beppe Panza ha pensato di aggiungere al monte cinque cappelle della modernità americana (architetti e artisti internazionali) dedicate al tema. L’architetto ambientalista Guglielmo considera la cosa un crimine contro la storia, l’arte, il gusto e ovviamente l’ambiente. Il dibattito porta innegabilmente una attenzione rinnovata al caso. Che è quello, a dire il vero, d’una patrimonio dimenticato dai distratti lombardi e dai disattenti loro connazionali, un patrimonio formidabile che costituisce il più bel museo a cielo aperto del Settentrione e che andrebbe collegato forse con i suoi parenti di Varallo, di Oropa e di Orta e posti sotto la protezione d’una medesima istituzione di conservazione e, perché no, sotto la tutela dell’Unesco. Senza cambiare niente. Conservando, restaurando e soprattutto comunicando.
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