lunedì 4 agosto 2008

IL CRISTIANO UOMO SENZA PATRIA

Il che vuole dire: uno che non ha patria è continuamente senza sicurezze umane, senza protezioni, senza soste, sempre in qualche modo attraversando, perciò «contro», ma contro nel senso di attraversando. In fondo in fondo, se mettete insieme queste parole, esse rappresentano la descrizione o la definizione dell’anti-borghese, di ciò che non è borghese, di ciò che non è consolidato socialmente, di ciò che non è established. (…). Ma, dentro a tutto questo, è incosciente ciò che adesso dico essere il primo passo nella comprensione del come mai noi siamo senza patria. Perché, guardate, in fondo in fondo, tutta la nostra attività, da quando è nata Comunione e Liberazione, dal ‘70, specialmente dal ‘73, (…) tutto quello che noi facciamo è per avere una patria, è per avere una patria in questo mondo. Non dico che non sia giusto.

Dico che lo facciamo per avere una patria e che questa patria non l’avremo. «Voi siete senza patria». (…) Siamo andati avanti per dieci anni lavorando sui valori cristiani e dimenticando Cristo, senza conoscere Cristo. Il problema è Cristo, conoscere Cristo.




Il cristiano, uomo «senza patria» - di Luigi Giussani

Oltre allo spunto dei contributi che avete inviato, come da richiesta, e che sarà rispettato, ce n’è un altro, nel frattempo succeduto, che travolge anche la pertinenza dei vostri fogli e porta in modo suggestivamente drammatico la questione a un livello che noi abbiamo subìto, soprattutto dal ‘68 in poi, specialmente in certi anni, ma senza prenderne coscienza. Il fatto successo è l’incontro col Papa che abbiamo avuto settimana scorsa. A parte l’interesse che il Papa aveva per il Meeting, sul quale voleva da noi qualche apporto o qualche osservazione, la cosa più impressionante di quella conversazione, durata un’ora e mezza, è stata scoprire nel Papa, come persuasione ovvia, come atteggiamento acquisito, quello che almeno due altre volte aveva esplicitato con parole che per noi sono state subito preziose, che ci hanno destato entusiasmo, ma che è come se non vessimo accolto secondo tutta la serietà definitiva con cui il Papa le aveva pronunciate. Mi riferisco innanzitutto a quella frase che poi abbiamo collocato sulla copertina di un Litterae communionis: «Il vostro modo di affrontare i problemi umani è molto simile al mio, anzi, dirò, è lo stesso». E la disse una seconda volta, con gli universitari di Roma, in un raduno a Castelgandolfo. (…) Il Papa, per almeno due o tre volte, ha ripetuto questa identificazione per così dire - del destino della sua figura con il destino della nostra esperienza.



Mentre scendevamo per la colazione (…), parlando del fatto che il malanno della Chiesa è stato quello di introdurre, nel post-concilio, categorie della mentalità laica dominante, per esempio le categorie di «integrista» e di «aperturista», dove solo l’aperturista avrebbe nella società di oggi il diritto a esistere, ha detto: «Esattamente come dicono di me, dicono di voi; definiscono voi così, come definisco- no me così». E ancora: «Dove il Papa viene accolto, venite accolti anche voi». (…) Mentre era ancora seduto, e stava per girarsi sulla sedia per alzarsi, ha detto: «Voi non avete patria, perché voi siete inassimilabili a questa società». Poi ha fatto un momento di silenzio e, quasi mentre si alzava dalla sedia, ha ripetuto questa parola: «Voi non avete patria», in cui era commoventemente visibile la proiezione della sua situazione su di noi. (…) Il che vuole dire: uno che non ha patria è continuamente senza sicurezze umane, senza protezioni, senza soste, sempre in qualche modo attraversando, perciò «contro», ma contro nel senso di attraversando. In fondo in fondo, se mettete insieme queste parole, esse rappresentano la descrizione o la definizione dell’anti-borghese, di ciò che non è borghese, di ciò che non è consolidato socialmente, di ciò che non è established. (…). Ma, dentro a tutto questo, è incosciente ciò che adesso dico essere il primo passo nella comprensione del come mai noi siamo senza patria. Perché, guardate, in fondo in fondo, tutta la nostra attività, da quando è nata Comunione e Liberazione, dal ‘70, specialmente dal ‘73, (…) tutto quello che noi facciamo è per avere una patria, è per avere una patria in questo mondo. Non dico che non sia giusto.

Dico che lo facciamo per avere una patria e che questa patria non l’avremo. «Voi siete senza patria». (…) Siamo andati avanti per dieci anni lavorando sui valori cristiani e dimenticando Cristo, senza conoscere Cristo. Il problema è Cristo, conoscere Cristo. Come dice san Paolo, nel terzo capitolo della Lettera ai Filippesi: «Io, se dovessi mettermi a paragone con voi, starei molto bene, perché sono molto più di voi, sono professore all’università diciamo che per l’età era un Associato, ho superato molto in fretta la prova di Ricercatore, sono diventato, giovanissimo ancora, Associato all’università, so quel che sapete voi e ne so anche molto di più, ho fatto per la mia religione quello che voi non avete fatto, ma tutto questo io ho capito che è sterco di fronte alla conoscenza di Cristo». L’avvenimento cristiano ha questo come suo oggetto, come suo contenuto: la conoscenza di Cristo.

Non è una conoscenza riducibile, sia pure in analogia, allo studio che facciamo dei fossili o di Giulio Cesare. Per questo la parola più giusta è «riconoscimento» di Cristo: perché non si conosce una Presenza, la si riconosce. (…). Non ha patria da nessuna parte nella società di oggi colui che riconosce la presenza di Cristo - una presenza diversa da tutte le altre - nella propria vita, nella trama dei propri rapporti, nella società in cui vive; talmente riconosce questa Presenza che è essa a determinare la modalità di veduta, la modalità di percezione, quindi la modalità di giudizio e la modalità di comportamento. Non ha patria l’uomo che dice: «Dio è un fatto presente, con un nome storico che coglie e tocca fisiologicamente la mia vita, e quindi pretende di determinarla in ogni senso, affinché attraverso la mia vita possa determinare la vita della società».

Costui non ha patria. Fino a quando il cristianesimo è sostenere dialetticamente e anche praticamente valori cristiani, esso trova spazio e accoglienza dovunque.

Ma là dove il cristiano è l’uomo che annuncia nella realtà umana, storica, la presenza permanente la presenza e la presenza permanente di Dio fatto Uno tra noi, oggetto di esperienza (come quella di un amico, di un padre o di una madre), attivamente determinante come orizzonte totale, come l’ultimo amore («Nell’esperienza di un grande amore […] tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito »), la presenza di Cristo centro del modo di vedere, di concepire e di affrontare la vita, senso di ogni azione, sorgente di tutta l’attività dell’uomo intero, vale a dire dell’attività culturale dell’uomo, questo uomo non ha patria.

Colui che riconosce la presenza di Cristo come fatto presente non è assimilabile a questa società, perchè cambia il modo di affrontare la sua vita

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