sabato 2 agosto 2008

LA CAMERA E LA PROCURA GENERALE DI MILANO HANNO TUTTO ILDIRITTO

Tratto da Il Foglio del 1 agosto 2008

Nello stesso giorno in cui la Camera ha approvato la proposta di conflitto di attribuzione tra poteri dello stato davanti alla Corte costituzionale sul caso Englaro, la procura generale di Milano ha deciso di ricorrere in Cassazione contro la sentenza con cui la Corte d’appello civile di Milano ha autorizzato il padre e tutore di Eluana a staccare il sondino con cui la ragazza è idratata e nutrita.

Il tribunale d’appello, secondo il procuratore generale, non avrebbe accertato sufficientemente l’oggettività dell’irreversibilità dello stato clinico della ragazza. Un ricorso su “motivi di diritto”, dunque, che dà ragione a chi da settimane si batte contro una sentenza di morte (l’abbiamo chiamata subito così) insostenibile sia dal punto di vista giuridico sia da quello medico (e strettamente umano). Se la Camera ha riconosciuto l’invasione di campo messa in atto con la sentenza della Cassazione, prima, e della Corte d’appello, poi, la decisione della procura generale conforta chi pensa che le regole dello stato di diritto (prima tra tutte, l’impossibilità di eseguire una sentenza che comporta la morte di una persona prima che la sentenza stessa diventi definitiva) debbano valere anche per le persone in stato vegetativo. Che non sono persone sospese tra la vita e la morte, ma persone vive, che vivono uno stato particolare e grave di disabilità, ma vive. Non vale la storia dei giudici che, in assenza di normativa, sono costretti a pronunciarsi su richiesta dei cittadini. Il problema è proprio questo: quei giudici, in assenza di normativa, si sono comportati come se la normativa esistesse, e non potevano.



Scrivi qui il resto dell'articolo

Nessun commento: