Ciò che scatena le reazioni criminali in India non è la messa o qualche altra pratica liturgica cristiana. Per gli indù estremisti (gli stessi che hanno assassinato anche Mahatma Gandhi, anch’egli indù) è intollerabile l’aiuto ai poveri, il sostenere i bambini affamati, il soccorso alle vedove così da innalzarne la condizione sociale. Questo fatto di ritenere tutti uguali, figli di Dio senza differenza. spezza uno dei dogmi intangibili dell’induismo, che lega con un nodo d’acciaio la concezione religiosa alla società fatta di caste. Chi aiuta un paria, un senza casta, perciò è guardato come un nemico pubblico dagli integralisti della Trimurti indiana delle divinità.
Bernardo Cervellera
martedì 26 agosto 2008
La cronaca è crudele. Ieri al Meeting di Rimini è stato riaffermato che le religioni non sono e non devono essere fattore di violenza e di divisione e oggi leggiamo sui giornali che in India due cristiani sono stati bruciati vivi da estremisti indu.
Ma se cerchiamo di capire, scopriamo che la religione c’entra solo fino a un certo punto.
E per capire abbiamo chiesto a padre Bernardo Cervellera, direttore dell’informatissimo sito Asianews.it, che sta assiduamente informando sulla critica situazione indiana.
Padre Cervellera, anzitutto i fatti.
Siamo nel distretto di Kandhamal, nello stato dell’India orientale di Orissa. Ieri, in due diversi incidenti, sono morti la missionaria laica Rajani Majhi di 21 anni, arsa viva mentre cercava di salvare gli ospiti di un orfanotrofio della missione di Bargarh, e un uomo, anch’egli bruciato vivo. I responsabili sono gruppi di radicali indu. Quello di ieri, però, non è che l’ultimo di una lunga serie di episodi di violenza che da mesi vede i cristiani della zona attaccati da fanatici indu.
Chi sono?
In sostanza si tratta dei membri del VHS (Vishwa Hindu Parishad), un gruppo militante che ha accusato i cristiani di aver ucciso il loro leader Swami Laxanananda lo scorso 23 agosto. In realtà la polizia ha identificato come autori di questo assassinio i gruppi maoisti, che avevano già minacciato il leader estremista indu. Il quale, a sua volta, è stato il responsabile della precedente fiammata di violenza contro i cristiani lo scorso mese di dicembre. È una catena di violenze che continua da molto tempo.
Perché questi gruppi indu ce l’hanno coi cristiani?
Li accusano di comperare le conversioni dall’induismo al cristianesimo attraverso le loro opere caritative e assistenziali. L’accusa è ovviamente pretestuosa. Non solo perché i cristiani, in quella zona come ogni parte del mondo, fanno opere di carità per amore della persona e non per estorcere conversioni, ma anche perché quando i cristiani hanno chiesto di mostrare un solo caso di convertito in cambio di servizi ottenuti, i fanatici indu non sono stati capaci di trovarne uno solo.
Del resto i cristiani dello stato di Orissa sono intorno al 2%; se fosse vero ciò di cui sono accusati, i cristiani sarebbero molti di più.
La ragione del loro odio anticristiano è molto più profonda.
Quale?
L’interpretazione che danno dell’induismo è da un lato nazionalista e dall’altro totalmente rigida. La prima cosa significa che tutto ciò che non appartiene alla loro nazionalità è da rifiutare; in questo nazionalismo estremo alcuni esponenti del Vishwa Hindu Parishad si rifanno addirittura al nazismo. L’interpretazione rigida della religione comporta, d’altro canto, il mantenimento della struttura di casta e, quindi, la sottomissione assoluta dei paria, cioè di coloro che si trovano al gradino più basso della scala sociale.
È chiaro che i cristiani sono malvisti. Prima di tutto sono, secondo loro, “stranieri”. Ma soprattutto, i cristiani aiutano i più deboli con scuole e strutture assistenziali, offrendo loro possibilità di elevazione sociale; vanno quindi a mettere in discussione i pilastri di una grave ingiustizia sociale, che agli estremisti indu sembra invece un caposaldo della religione.
Quindi è vero che l’origine del conflitto è religiosa?
No. È una certa interpretazione della religione. Infatti nello stesso induismo è una frangia fanatica quella che attacca i cristiani. È vero che l’induismo originale prevede la logica delle caste, per cui il paria vale meno di una mosca. Ma già all’Ottocento, anche per l’influsso dei missionari cristiani, l’induismo si è evoluto, si è ampiamente riformato.
Non si può, poi, non ricordare Gandhi: pur rimanendo induista, ha fatto capire agli indiani che i paria non sono dei maledetti ma dei figli di Dio. Quindi coloro che attaccano i cristiani stanno in realtà usando della religione per coprire una inimicizia che ha motivazioni sociali.
Tratto da LIBERO 26 AGOSTO 2008 www.libero-news.it
(autore ?)
Una suora laica cattolica è stata bruciata viva da indù fanatici. Un’altra è stata stuprata. Un prete gravemente ferito. Ma in una regione dell’India, l’Orissa, è caccia al cristiano. Il pretesto è la vendetta per la morte di un capo radicale indù. Chiese, centri sociali, orfanotrofi sono presi d’assalto dalla folla mentre la polizia guarda e se ne va. Nessuno però, neanche tra gli indù, è così ottenebrato dalla sua follia religiosa fino a credere che il loro guru sia stato ammazzato da una inerme cristiana che cura dei bambini.
E allora perché?
Noi siamo abituati a pensare che la volontà di annientare gli infedeli sia una pratica appannaggio degli estremisti di Allah o dei comunisti atei. Non è così. In India l’uccisione del prete cattolico, con l’ossessione (...)
(r.f.) (...) delle fiamme, non è una cosa rara.
Nel 2007, fonte Asianews, i cristiani ammazzati dagli indù sono stati diciotto. Pochi giorni fa è stato condannato all’ergastolo l’assassino di due missionari, fatti fuori l’anno scorso nella stessa zona di Orissa.
Perché?
Ciò che scatena le reazioni criminali in India non è la messa o qualche altra pratica liturgica cristiana. Per gli indù estremisti (gli stessi che hanno assassinato anche Mahatma Gandhi, anch’egli indù) è intollerabile l’aiuto ai poveri, il sostenere i bambini affamati, il soccorso alle vedove così da innalzarne la condizione sociale. Questo fatto di ritenere tutti uguali, figli di Dio senza differenza. spezza uno dei dogmi intangibili dell’induismo, che lega con un nodo d’acciaio la concezione religiosa alla società fatta di caste. Chi aiuta un paria, un senza casta, perciò è guardato come un nemico pubblico dagli integralisti della Trimurti indiana delle divinità.
Capitò anche a Madre Teresa di Calcutta di finire nei guai. Aprì una casa per i moribondi a Calcutta nel 1954. Fu aggredita a sassate: dicevano che voleva convertire la gente trascinandola al cattolicesimo. Finché - non è una leggenda – soccorse il sacerdote del tempio della Dea Kalì. Nessuno osava toccarlo, era caduto a terra colpito dal colera. Lei lo pulì e curò. Dopo di che, grazie al suo carisma, i cristiani e in particolari le suore furono coperte da una specie di immunità. Ora è finita. Persino le suore di Madre Teresa sono state lapidate e ferite l’anno scorso, ed una ancora in questi giorni, ed è gravissima.
Negli ultimi tempi il fenomeno si è ingigantito. L’induismo, già propenso a ritenersi unica religione nazionale, ha moltiplicato la sua carica aggressiva per la commistione con la dottrina hitleriana. Una specie di affinità infernale: la croce runica di Hitler è indù. La Rss (Rashtriya Swayamsevak Sangh, Organizzazione dei volontari nazionalisti) che terrorizza i cristiani ed è di moda tra i giovani ha come suo mito Golwalkar, il fondatore dell’Rss. Il quale in un suo libro traccia un’idea di nazione tratta espressamente dal nazismo. Si rifiuta l’idea che l’India sia un Paese laico, e proclama la Hindu Rashtra (“sistema indù”). La sacralizzazione del sistema delle caste. Nell’Hindu Rashtra non c’è posto per chi le metta in questione anche implicitamente, praticando la carità. In Orissa il 94 per cento è indù, i cristiani sono poco più del 2 per cento. Ma è una presenza attiva, visibile. Si cercava il pretesto per spazzarla via con le fiamme. L’omicidio di un capo indù e di alcuni suoi seguaci è stata un’eccellente miccia. I vescovi indiani intanto dicono: «Non riusciranno a strappare la Croce».
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