sabato 8 settembre 2007

C'E' SICCITA' NON LAVATEVI E GIU' PIOGGIA A CATINELLE



Quest'articolo e' piu' sull'ambiente.
Lo metto solo perche' mi piace sottolineare come la natura,la realta' non sia nelle mani dell'uomo.
Ancora nel 2000 l'uomo che si ritiene capace e sicuro viene richiamato dalla realta'
Realta' che sempre nella vita dell'uomo aiuta a vedere tutto il limite che c'e' in ciascuno di noi.




Tratto daLIBERO del 6 settembre 2007 di Carlo Stagnaro

Tramite il sito dell'Istituto Bruno Leoni

Chissà se la moglie di Fulco Pratesi ha chiesto il divorzio. Il 24 aprile scorso, il presidente del Parco nazionale d’Abruzzo e del Wwf Italia affidava al Corriere della Sera le sue riflessioni su come avrebbe dovuto comportarsi il cittadino socialmente responsabile di fronte all’imminente crisi idrica.

Tra i consigli, quello di fare “un solo bagno (il sabato mattina)” la settimana, di limitarsi a “un rapido passaggio sotto il rubinetto dell’unico piatto adoperato”, e l’utilizzo ecologico dell’abbigliamento: “le camicie. . . mi possono durare dai due ai tre giorni. Le mutande qualcosa in più, mentre la canottiera resiste da un sabato all’altro”. Pratesi ci teneva anche a precisare che la sua dolce metà “mi considera uomo di poca igiene”. Tra moglie e marito ci guardiamo bene dal mettere il dito (anche per questioni di igiene), ma in fondo, avvertiva Pratesi, “se non si comincia dal comportamento di ciascuno di noi sarà difficile, con la siccità alle porte, garantire un uso sostenibile di questo prezioso liquido”. Il giorno successivo, Vittorio Feltri concludeva così il suo fondo: “Io, che non sono un tecnico ambientalista e preferirei non rinunciare al piacere della doccia e delle mutande linde, ho una propostina meno sozza. Dato che i nostri acquedotti obsoleti disperdono causa guasti (buchi e buchi e ancora buchi) il 42 per cento dell'acqua che portano, perché non investire il 10 per cento del tesoretto in opportune riparazioni?”. A qualche mese di distanza, chiedersi chi avesse ragione tra Feltri e Pratesi sarebbe solo un vigliacco infierire sul secondo. Non solo perché, se ci decidessimo a gestire l’acqua in modo serio (cioè liberalizzassimo il settore) e riparassimo le falle, sarebbe come raddoppiare le risorse. Ma anche perché, a estate terminata, possiamo tranquillamente dirlo: di pioggia ne è caduta perfino troppa, caldo ne ha fatto ma senza esagerare, e settembre è il solito settembre, cioè quel mese che segna il passaggio verso l’autunno (le mezze stagioni ci sono ancora).

Non è la prima volta che i fondamentalisti dell’ambiente sbagliano le loro previsioni: anzi, succede più spesso che no. Quante volte, per esempio, hanno detto che le risorse erano sull’orlo dell’esaurimento, e che questo avrebbe determinato incredibili catastrofi? Nel 1905, il presidente americano Theodore Roosvelt si preoccupava della fine del legname. Un secolo dopo, le foreste sono sempre lì. I teorici del cosiddetto picco petrolifero da decenni minacciano le drammatiche conseguenza del prosciugamento dei giacimenti: invece, i pozzi ancora eruttano oro nero, le compagnie petrolifere sono convinte che molto resti celato nel sottosuolo e affrontano investimenti miliardari per tirarlo fuori. Idem per il gas, per non parlare di combustibili come il carbone o l’uranio e il torio. Del resto, se qualcuno è davvero convinto che una data risorsa – diciamo il petrolio – stia per esaurirsi, allora dovrebbero comportarsi di conseguenza. Se una risorsa diventa più scarsa, allora il suo prezzo di mercato sale. Quindi, un investitore razionale ne compra tanto oggi nella speranza di venderlo domani a una cifra maggiore. Li vedete ammassare barili di greggio nel garage?

Spesso gli ecologisti si sono spinti ben oltre, nelle loro previsioni, al punto da paventare carestie e morte su scala globale. Il Club di Roma, nel rapporto sui “Limiti della crescita” del 1972 parlava tranquillamente della scomparsa delle risorse naturali e di un aumento esponenziale dell’inquinamento, che avrebbe cominciato a ridursi solo con la diminuzione della popolazione mondiale decimata dalla fame. La ragione di errori tanto pacchiani è duplice: da un lato gli autori ignoravano del tutto il funzionamento del mercato, dall’altro avevano una visione pessimistica dell’uomo. Per loro, gli esseri umani sono fatti solo di stomaco, mentre in realtà hanno anche il cervello. Ed è l’ingegno umano a cavarci dai guai, quando si presentano. L’ingegno ha però bisogno di incentivi: a questo serve il mercato. Quando sorge un problema, i prezzi aumentano, e ciò induce individui creativi e imprenditori assetati di profitto alla ricerca di alternative: spesso falliscono, ma prima o poi la soluzione emerge, lasciando l’intera umanità in una condizione migliore. E’ questa la ragione per cui nessuna risorsa si è mai esaurita e, prevedibilmente, mai si esaurirà. Per esempio, la crescita demografica ha aumentato la domanda di cibo: la produzione di alimenti non ha rappresentato un vincolo allo sviluppo, però, in quanto il mercato ha risposto stimolando l’invenzione di nuovi metodi di coltivazione tali da aumentare la produttività dei terreni (dai concimi chimici ai fertilizzanti agli antiparassitari agli organismi geneticamente modificati). Così, nonostante l’incredibile sviluppo demografico degli ultimi decenni, la porzione di individui denutriti è scesa dal 45 per cento del 1949 al 18 per cento del 2000. La resa delle coltivazioni nei paesi in via di sviluppo è passata, tra il 1960 e il 2000, da 1 tonnellata per ettaro a 2, 7 nel caso del mais, da 0, 8 a 2, 6 in quello del grano, e da 1, 1 a 2, 5 per il riso.

Uno si aspetterebbe, dopo tali sfrondoni, che la lezione fosse compresa e si evitassero ulteriori figuracce. Macché. Il Wwf – quello di Pratesi – ha elaborato degli scenari secondo cui presto la Terra non sarà più sufficiente e dovremo colonizzare altri due o tre pianeti per mantenere il nostro stile di vita (che è come dire: saremo costretti a ridurre i consumi). Queste notizie trovano sempre grande risalto sui media. Quello che i media solitamente non fanno è guardare come si arriva a tali risultati. La risposta è semplice: proiettando nel futuro le tendenze presenti senza tener conto dello sviluppo tecnologico, e sulla base di ipotesi che sono puramente politiche, e quindi non andrebbero confuse con la scienza. Tant’è che nel rapporto “Living Planet 2006” il Wwf scrive che un solo paese al mondo segue una traiettoria di sviluppo sostenibile. Quel paese è Cuba.

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