01/12/1999 Tracce
Milano, libertà, libertà
Educare è un rischio
Mario Mauro
Nel 1983 genitori e insegnanti della San Tommaso Moro ebbero una conversazione con don Giussani. Qui di seguito proponiamo gli appunti di quel momento. Da una fede di uomo vissuta, realismo e creatività
La nostra scuola è un'opera civile, cattolica, si qualifica dunque per l'urgenza della testimonianza di fede. A questo riguardo viviamo una divisione e la soffriamo per trovare un equilibrio fra la testimonianza e l'insieme di nozioni da trasmettere ai ragazzi. Quali sono le condizioni perché avvenga una sintesi culturale? Dove posa il cuore dell'educatore?
-,.....La scuola si poggia su due pilastri che, fin dall'inizio, ne hanno costituito l'anima: il primo è la determinazione a realizzare la natura della scuola in quanto tale, che consiste nell'essere un ambito educativo e didattico, il secondo è l'accoglienza dei portatori d'handicap, che, impegno oneroso dal punto di vista dei costi, è sempre stato il segno di una particolare attenzione all'umano e di apertura della scuola a tutti.....
Don Giussani: La parola "cultura" per sua natura implica la comunicatività inerente a ogni realtà umana compiuta: cuore e cervello. La cultura non può indicare se non il dinamismo vissuto in una persona reale: non esiste possibilità di cultura, se non come "mandato" della propria umanità a cui si obbedisce. Chi non lo sentisse come missione non dovrebbe insegnare.
La parola "sintesi" è una parola eminentemente biologica, una parola che indica una vita, un termine organico: non può avvenire, se non in chi vive e sente tale contenuto comunicabile. Non è ancora una questione morale, è una questione di umanità. La trasmissione di un contenuto si identifica con l'esperienza che un individuo, che una persona vive. Come avviene questa sintesi? Come normalità umana: è una situazione normale umana. Nella trasmissione (trans-missione) la prima condizione è che la sintesi sia avvenuta in sé, nella propria persona. È il concetto di generazione: uno genera qualcosa la cui sintesi è già in sé. L'impeto missionario è proprio di un soggetto umano reale: non è un soggetto umano reale chi non ha impeto missionario.
Posto questo, c'è tutto il problema dell'attenzione da avere nella modalità della trasmissione. Essa deve essere tutta protesa a valorizzare lo stato della domanda che è nei ragazzi e nella storia dei ragazzi, cioè nei genitori.
Ora, l'"a priori" che guida questa scuola è la fede. Allora la "sintesi culturale" può avvenire non come sforzo intellettuale, ma come approfondimento del proprio nesso con l'avvenimento di Cristo: se Gesù Cristo non ha niente da dire alla tua vita, non puoi fare una sintesi culturale dal punto di vista dell'avvenimento cristiano.
Far scuola non può non coincidere con il senso di responsabilità personale di fronte alla propria fede, con l'impegno personale di approfondimento della propria fede: questo è ciò che assicura la possibilità di un'azione. Insegnando qualsiasi materia (e questo implica una visione globale), la trasmissione culturale non può avvenire, se non nella misura in cui la fede interessa la propria persona, prima di tutto, a prescindere dal proprio insegnamento. Insegnando qualsiasi cosa si opera la trasmissione di un punto di vista sul mondo intero: "Una fede che non diventa cultura (cioè se non determina l'espressività del mio io) è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta" (Giovanni Paolo II, 16 gennaio 1982).
Per compiere la missione nella scuola la vera preoccupazione è quella di approfondire la propria fede, non di trovare qualche meccanismo speciale di insegnamento.
La parola "sintesi" si identifica con la parola "giudizio", giudizio che deve essere dato in base a un criterio assimilato.
Esiste, certo, un problema di arte pedagogica: nel modo di trasmettere bisogna tenere presenti lo stato, il tono della classe, il punto di storia in cui si è, sia dei ragazzi, sia dei genitori (i quali sono per i ragazzi la tradizione). Rispettare la storia dei genitori, il tono della classe e il singolo è un problema pedagogico: non può mai creare un alibi all'impeto missionario.
Alla scuola media i ragazzi sono in un'età in cui l'intuizione e la tradizione originale devono diventare convinzione, perché non si avviino verso l'indifferenza o verso il tradizionalismo. Come aiutarli in questo?
Don Giussani: Il metodo di Dio e della Chiesa è espresso dalla parola "pazienza". I tempi degli esiti non li fissiamo assolutamente noi. Infatti noi non possiamo evitare il valore più misterioso che è nell'uomo, la libertà (che è il nesso fra la coscienza di sé e il proprio destino). La modalità con cui un uomo aderisce al fine è realmente un mistero tra lui e Dio. Bisogna avere la certezza nel futuro (questo si chiama speranza) che i semi buoni lanciati, presto o tardi, daranno i propri frutti.Pazienza vuol dire rispetto della libertà, rispetto dei tempi che non sono nostri.
La prima regola fondamentale è che bisogna dare ragione di ciò che si dice: se si vede che la ragione non è colta, bisogna trovare un modo migliore per comunicarla. Occorre saper dare ragione della speranza che è in noi, e questo servirà prima di tutto a noi stessi.
La seconda regola è l'esempio che devono dare i genitori e gli educatori. Cosa significa dare l'esempio? Non si tratta innanzitutto di una coerenza morale. I giovani, e soprattutto i preadolescenti, sono intransigenti di fronte alla coerenza ideale degli educatori. Se i ragazzi vedono che la fede non c'entra mai e per nulla con i discorsi, con i criteri di scelta, non entra mai a giudicare i fatti della vita, questo lavora in modo distruttivo dentro la coscienza dei ragazzi. È estremamente importante l'umanità che l'insegnante dimostra nel rapporto coi ragazzi e l'incidenza morale della fede su quanto si dice. Perdono, misericordia, lealtà dell'umanità.
Un'altra direttiva decisiva è la compagnia: la prima compagnia è quella fra genitori e insegnanti della scuola; compagnia intesa come ragioni da dire e istigazione di atteggiamenti da assumere.
Poi la compagnia come strumento: è importante suscitare la compagnia tra i ragazzi. Questa bisogna che sia delicatamente suggerita e istigata dagli adulti, ma poi portata avanti da loro, anche se guidata. Per esempio, se c'è un problema su cui i ragazzi sembrano riottosi, bisogna sollecitare che ne discutano fra di loro.
Una scuola così deve scaltramente favorire l'uso del tempo libero; non solo per il doposcuola, ma anche per affrontare i vari interessi.
Bisogna sollecitare i ragazzi a impegnare le proprie energie secondo una gratuità: caritativa. Una scuola cattolica deve infatti favorire l'impegno del cuore e della propria energia di gratuità, deve utilizzare la convivenza come svago, come festa, e moltiplicare la molteplicità degli interessi: teatro, cinema, visite guidate, musica...
La compagnia come tale non deve necessariamente organizzare tutte queste attività, ma favorirle fino a raggiungere un livello in cui la vita della compagnia si autogenera: cioè è autogenerata dai ragazzi.
La compagnia deve essere vissuta anche tra gli adulti che danno vita a un'opera.
Tuttavia, se tutti questi criteri si sposano con un'incompetenza in quello che si insegna, è grave: è necessaria la lealtà con il proprio lavoro. Quindi, se uno deve insegnare, che si prepari!
Non bisogna far eludere la fatica ai ragazzi, perché senza la fatica non si impara niente: cresce della gente "molle", con un'inconsistenza etica. È un problema di metodo da adottare ragazzo per ragazzo. Ciascuno deve fare la propria fatica; con chi non la vuole fare occorre essere ruvidi, con intransigenza e affezione, però: questo è un altro aspetto della sintesi culturale.
Ci sono iniziative che può prendere la scuola, altre i ragazzi. La cosa importante è che l'attività degli adulti non invada la capacità di iniziativa dei ragazzi: bisogna suggerire, istigare, ma con rispetto. Le iniziative più incisive sono quelle che vengono dalla base.
C'è un mezzo molto semplice per distruggere un'educazione: mettere in contrasto due valori. Questo genera cinismo e scetticismo.
Vent'anni di storia
San Tommaso Moro, l'opera educativa di un gruppo di insegnanti e genitori. Alle prese con i figli e gli alunni di una scuola media inferiore. Dopo il 30 ottobre col Papa, l'approfondirsi di una ragione
Alle porte di Milano, in un solido edificio che campeggia in un quartiere di periferia, opera la scuola media non statale Tommaso Moro, dal 1979 vivace protagonista di un'impresa educativa efficace e appassionante, tanto che dall'iniziale gruppo di genitori che hanno fatto una scelta educativa per i loro figli si è arrivati oggi a una realtà che accoglie circa trecento studenti, un numero rilevante per una scuola media.
La scuola media Tommaso Moro ha dodici classi a tempo normale e senza particolari sperimentazioni, anche se vi è molta attenzione a operare intelligentemente e creativamente negli spazi didattici: "Quella del tempo normale - sottolinea la preside, professoressa Maria Rosa Chierici - è una scelta che caratterizza la scuola in quanto noi siamo sempre stati contrari a una scuola che assorbe tutto il tempo dei ragazzi. Questo non vuol dire che non vi sono attività pomeridiane, ma che queste proposte sono libere".
La scuola si poggia su due pilastri che, fin dall'inizio, ne hanno costituito l'anima: il primo è la determinazione a realizzare la natura della scuola in quanto tale, che consiste nell'essere un ambito educativo e didattico, il secondo è l'accoglienza dei portatori d'handicap, che, impegno oneroso dal punto di vista dei costi, è sempre stato il segno di una particolare attenzione all'umano e di apertura della scuola a tutti.Per quanto riguarda l'impronta educativa e didattica, la Preside sottolinea l'importanza che assume all'interno della scuola il lavoro degli insegnanti: sollecitati da momenti di incontro con le altre scuole libere, i docenti della Tommaso Moro sono impegnati in un continuo lavoro di approfondimento dei fattori didattico-educativi che stanno all'origine della scuola, così che nella quotidianità del far scuola viva un'esperienza che coinvolge la persona del ragazzo secondo tutte le sue dimensioni e lo apre al rapporto con la realtà intera.
Da una simile impostazione nasce come conseguenza il fatto che spesso gli insegnanti lavorano insieme o attraverso delle co-presenze o svolgendo contenuti comuni sui quali convergono a partire dal punto di vista della disciplina particolare.
Imparare in laboratorio
"I ragazzi, curiosi e aperti - evidenzia la Preside - sono molto chiamati in causa da questo metodo, messo in atto dagli insegnanti, che coinvolge la persona tutta. Sono quotidianamente sollecitati a un confronto personale con ciò che viene loro insegnato. Per questo escono da questa scuola con la consapevolezza che si impara paragonandosi con la realtà e con le proposte che vengono loro fatte".
Man mano che si svolgeva la sua storia, nella scuola media Tommaso Moro è maturata la coscienza dell'importanza che hanno le discipline tecnico-operative all'interno dell'educazione di un ragazzo di undici, dodici anni, in quanto il fare lo mette in gioco in modo completo. Per questo nell'impostazione della vita della scuola è sempre stata fondamentale l'attività nei laboratori di educazione artistica e tecnica, diversamente dal modo di procedere normale che le considera marginali: questa presa di coscienza del valore del fare nell'educazione ha investito anche altre discipline, nelle quali, come nell'insegnamento della grammatica o dell'inglese, si usano tecniche operative.
I genitori che scelgono di mandare i loro figli alla Tommaso Moro lo fanno per diverse esigenze, sia di tipo educativo che per una garanzia provata di efficacia nell'insegnamento. All'inizio della prima media il Consiglio di classe riceve singolarmente tutti i genitori a segno che essi affidano il figlio alle persone degli insegnanti. Questa dinamica evidenzia uno dei fattori che la caratterizzano per quanto riguarda il rapporto scuola-genitori: ciò che la scuola vuol far crescere nei genitori è la coscienza della centralità dell'adulto nell'educare. "È l'adulto che educa - evidenzia la Preside - e lo fa proponendosi, tanto è vero che la fragilità dei ragazzi è spesso dovuta alla debolezza dell'adulto, alla sua difficoltà a porsi con decisione". Allo scopo di far maturare la consapevolezza del compito dell'adulto, durante lo scorso anno scolastico è stato fatto un lavoro sull'importanza dell'autorità nel processo educativo: questo tema è stato proposto all'inizio dell'anno nell'Assemblea generale della scuola, quella in cui la scuola si presenta, ed è stato poi ripreso in alcune assemblee di classe dove la questione era particolarmente viva.
Tra sogno e desiderio
I genitori sono poi attivi in alcune feste e momenti generali durante l'anno che hanno come scopo sia di presentare l'attività della scuola sia di offrire un aiuto economico alla scuola, che si sostiene in massima parte grazie alle rette, perché sono di piccola entità i contributi statali e comunali per gli alunni portatori d'handicap e per i progetti ministeriali.
Interessante il lavoro che viene fatto all'interno della Tommaso Moro sull'orientamento scolastico e che obbedisce al criterio di offrire a ogni studente gli strumenti per una lettura realistica di sé e della situazione, in modo da poter operare una scelta, che è comunque un rischio, ma su cui è importante essere educato a una verifica nel tempo. Questo è del tutto contrario al principio che ormai è entrato nella scuola, per cui è sempre possibile fare una scelta, senza che lo sia veramente, perché si può immediatamente revocare: in questo modo il ragazzo di fatto non si prende mai un rischio e così si perpetua la fragilità, perché senza capacità di rischio e di verifica dello stesso la persona non cresce.
Nella Tommaso Moro vi è una persona che come consulente si occupa dell'orientamento e ne coordina tutta l'attività, segno della sensibilità che si ha verso questo momento così decisivo nella crescita dei ragazzi.
Alla fine della seconda media gli insegnanti di lettere iniziano il lavoro di orientamento: il primo approccio è rivolto non alla conoscenza dei vari tipi di scuola, ma alla presa di coscienza dei criteri in base ai quali il ragazzo si deve mettere di fronte alla scelta.
Gli insegnanti aiutano i ragazzi a far propri criteri come quello di conoscere se stesso, di seguire le indicazioni dell'adulto, di fare la differenza tra il sogno, non verificabile, e il desiderio, da verificare, di capire che la scelta della scuola superiore è il primo passo nell'orizzonte del compito della vita.
Dopo questo lavoro viene messa a tema la scuola superiore: in terza media nella prima parte dell'anno vi è un'ora alla settimana dedicata alla conoscenza delle diverse possibilità di scuola superiore.
Questa ora viene poi mantenuta in tutto l'anno per approfondimenti storico-letterari o di tematiche d'attualità allo scopo di introdurre già i ragazzi a modalità di lavoro tipiche della scuola superiore. Parallelamente al lavoro con i ragazzi vi sono gli incontri con i genitori e, a novembre, il consiglio di orientamento del Consiglio di classe.
Ai genitori viene suggerito di scegliere una scuola adatta alla persona, in modo che la faccia crescere, di fare la scelta insieme con i ragazzi, di identificare, una volta scelto il tipo di scuola, quella qualitativamente migliore.
Vent'anni di storia per una scuola sono di fatto un segno positivo, in quanto testimoniano la bontà dell'opera educativa intrapresa, ma nello stesso tempo rappresentano una responsabilità, quella di una fedeltà all'impegno con la libertà di educare, oggi più che mai compito imprescindibile in una società che tende a fare della scuola il luogo in cui al massimo si apprende, senza aprirsi a qualcosa di più grande, tradendo in questo modo il bisogno delle nuove generazioni.
Lecco: cresce se accade
È una bella storia quella di alcune famiglie di Lecco, che hanno preso sul serio il problema dell'educazione dei loro figli. Nasceva così già nel 1973 un preasilo per i bambini di due-tre anni. Cresce se accade è il titolo del libro con cui si racconta questa esperienza più che venticinquennale, che si è dilatata via via, costituendo il Ritrovo. Stare con i bambini, amarli è scoprire la cosa misteriosa che ciascuno di essi si porta dentro, il suo cuore. Il bambino è realmente ospitato dall'adulto solo se quest'ultimo è in sintonia con il suo cuore, se non ha chiuso la vicenda degli ideali perché la vita gli ha dimostrato che a essi non c'è risposta. L'educazione che ne deriva è allora una testimonianza di Cristo, non come una imposizione astratta, ma come comunicazione rispettosa della libertà del bambino. Si può entrare dalle ore 8 alle ore 9.30, si gioca fino alle ore 10.30; poi c'è un breve intervallo per la merendina e per recuperare le energie perdute giocando; si riprende il gioco fino all'arrivo dei genitori e alle 12.30 si chiude. Anche lo spazio fisico è pensato in funzione dell'educazione dei bambini. Il Ritrovo ha anche un giornalino, Il contrassegno, una serie ragionata di appunti sulla realtà del preasilo: la vita di tutti i giorni, i momenti di festa, gli incontri più significativi, le principali necessità, le occasioni di solidarietà. Nel 1979 dopo alcuni anni di esperienza non istituzionalizzata, il Ritrovo ha assunto una veste ufficiale, costituendosi in Associazione regolarmente registrata. Da allora offre un servizio di asilo nido alle famiglie di Lecco. Nel 1996 il Comune di Lecco ha sottoscritto una convenzione con l'Associazione per incrementare la disponibilità di posti nido. La convenzione prevede che il Comune di Lecco eroghi all'Associazione un contributo una tantum a parziale copertura delle spese da sostenere per la ristrutturazione e l'ampliamento delle strutture e un contributo commisurato ai bambini residenti a Lecco che frequenteranno il nido, consentendo agli utenti del Ritrovo di usufruire del servizio a parità di costo rispetto ai bambini dei nidi comunali. È questo un esempio di sussidiarietà in atto.
Buccinasco: Nova Terra
Questo libro è una significativa testimonianza di come il desiderio di una vera paternità e di una vera maternità - accompagnare i propri figli nella scoperta amorosa del senso della vita - abbia generato una scuola elementare in un paese alle porte di Milano, Buccinasco. Gli autori ripercorrono le tappe del cammino di vent'anni. Bello il loro modo di raccontare gli inizi della scuola, dove leggono come segno della Provvidenza l'incontro tra il desiderio di alcuni genitori di educare cristianamente i figli e la disponibilità del parroco a ospitare la scuola nascente nei locali della parrocchia; ne ricordano anche le parole: "Don Bosco diceva che l'educazione non è questione di progetto ma di cuore, io ho scoperto in loro questa intenzione buona e mi è bastato per fidarmi". L'intenzione originaria ha poi via via preso corpo, affrontando problemi organizzativi, di coordinamento, affidando l'insegnamento a maestre sensibili a collaborare con i genitori nell'opera educativa. Viene costituita una cooperativa, chiamata Nova Terra, con trasparente richiamo alla promessa biblica di cieli nuovi e terra nuova, si moltiplicano le iniziative di solidarietà per sostenere i costi di un'impresa non facile. Tra i tanti aspetti presi in considerazione emerge dalle pagine di questo libro quello del crearsi di una unità di un paese, attraverso la collaborazione di tanti abitanti, attorno all'avventura di una scuola elementare.
di Gianni Mereghetti
La parità di Vattimo
Strasburgo, martedì 19 novembre 1999, ore 9.00. Sessione Plenaria del Parlamento Europeo. Prende la parola l'onorevole Gianni Vattimo, esponente della sinistra italiana e membro del PSE (Partito Socialista Europeo): "Signor Presidente, vorrei attirare l'attenzione del Parlamento sull'intervista - pubblicata ieri - che ha rilasciato la nostra Presidente, signora Fontaine, a un giornale italiano, La Stampa, nella quale ella prende apertamente e pesantemente posizione a favore del finanziamento della scuola privata da parte dello Stato in Italia. Ora, questa questione è al centro di un dibattito politico molto acceso nel mio Paese e mi sembra del tutto inopportuno, per non dire inammissibile, che la nostra Presidente si schieri così duramente a favore di una delle parti in causa, vista la sua posizione istituzionale, ignorando per giunta che un articolo della Costituzione italiana parla esplicitamente della libertà per tutti di aprire scuole private senza oneri per lo Stato. Inviterei quindi la nostra Presidente a fare più attenzione - nel corso di un dibattito politico in uno dei Paesi dell'Unione - sia a non schierarsi per una parte sia a rispettare o almeno a tener conto dell'esistenza delle costituzioni vigenti nei vari Paesi dell'Unione". In qualità di Capo delegazione di Forza Italia, risponde subito l'onorevole Antonio Tajani, membro del Ppe (Partito Popolare Europeo): "Signor Presidente, devo dire che quanto detto dall'onorevole Vattimo non corrisponde a realtà perché la Presidente di questo Parlamento si è limitata a dire qual è stato il voto in Aula di una risoluzione del Parlamento Europeo che invitava tutti gli Stati membri a rispettare l'impegno della parità scolastica, cioè ad agevolare la parità scolastica. Non c'era una presa di posizione: si limitava a prendere atto di quello che succedeva. Mi pare, comunque, che il tentativo di strumentalizzare anche in quest'Aula una battaglia politica che la sinistra sta combattendo in Italia contro la parità scolastica sia assurdo e non pertinente ai lavori di questo Parlamento". Come non pensare alle parole pronunciate da Giovanni Paolo II a Roma, il 30 ottobre scorso, quando, all'immensa folla radunata in piazza San Pietro, ha ricordato che il pieno riconoscimento della parità giuridica ed economica tra scuole statali e non statali deve passare attraverso il superamento di antiche resistenze contrarie ai valori di fondo della tradizione culturale europea? Come non pensare, ancora una volta, che il nocciolo della questione è una posizione culturale, prima che un problema di articoli di legge? Mercoledì 24 novembre la Commissione Petizioni del Parlamento Europeo torna a votare sullo strano caso del sistema educativo italiano e delle sue anomalie e… la battaglia continua, comunque.
di Mario Mauro
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