di Jan van Elzen/ 23/09/2007
"‘Non potete servire a Dio e a mammona’, dice il Signore" (Lc 16,13). "Gesù Cristo, da ricco che era, si fece povero, per arricchire noi con la sua povertà" (2 Cor 8,9). "Solleva l’indigente dalla polvere, dall’immondizia rialza il povero" (Sal 112).
Nelle letture liturgiche i oggi, vi è prima una parabola e poi una serie di ammonimenti che commentano un elemento della parabola stessa e cioè l’uso del denaro.
La parabola, come è ovvio, non loda il fattore perché è disonesto, ma perché ha la chiarezza e la decisione di imboccare l’unica via di salvezza che gli si prospetta.
Si sa che l’arte di cavarsela è molto applicata nelle ambigue imprese di questo mondo. Lo è molto meno nella grande impresa della salvezza eterna.
Perciò Gesù ci rimprovera di essere più pronti a salvarci dai mali mondani che dal male eterno, lui che da parte sua ha fatto di tutto perché fossimo salvati, fino a salire in croce per noi. Non ci decidiamo a credere che, se non portiamo il nostro peccato davanti a Dio, siamo perduti.
Cominciamo le nostre Messe confessando i peccati che abbiamo commessi, ma usciti di chiesa ricominciamo a parlare di quelli altrui.
Un "test" decisivo dell’autenticità della nostra decisione cristiana è proprio l’uso del denaro. Non è disonesta la ricchezza in sé, né maledizione la ricchezza esteriore. Ma lo è la ricchezza come idolo, innamoramento e progetto, come deformazione interiore del cuore e della mente, che vogliono a tutti i costi essere produttori di potenza e quindi di potere economico.
Occorre decidersi a scegliere: o mammona o Dio; cioè: o essere il signore per signoreggiare o servire il Signore e godere della sua onnipotenza d’amore.
C’è un solo modo di liberarsi dalla schiavitù della ricchezza: farsi "amici" per mezzo di ciò che si ha, cioè con l’impegno della solidale condivisione (Lachiesa.it).Lo sguardo del Signore è sopra il povero
Salmo 112
Lodate, servi del Signore,
lodate il nome del Signore.
Sia benedetto il nome del Signore,
ora e sempre.
Su tutti i popoli eccelso è il Signore,
più alta dei cieli è la sua gloria.
Chi è pari al Signore nostro Dio
che siede nell’alto
e si china a guardare
nei cieli e sulla terra?
Solleva l’indigente dalla polvere,
dall’immondizia rialza il povero,
per farlo sedere tra i principi,
tra i principi del suo popolo.
Nessuno può servire a due padroni
Mons. Antonio Riboldi
Mi sono fermato un giorno accanto ad un pittore. Stava cercando di affidare ad una tela qualcosa che, più che nella realtà, cercava in se stesso. Ogni tocco di pennello sembrava come una nota, finalmente scoperta in se stesso, con cui comporre una grande sinfonia di linee e colori.
La ricerca "interiore" del giusto colore, della forma adatta al suo disegno, era per lui motivo di sofferenza. Non era uno che si accontentasse di copiare qualcosa, ma senza anima! No. L'anima la cercava in sé, ossia nella capacità, che sapeva di possedere, e che noi a volte chiamiamo ispirazione.
"Vede - mi disse ad un certo punto - tutti noi abbiamo avuto la grande capacità di dare anima e colore a quello che facciamo. Tutti abbiamo 'doni' diversi, come se Dio avesse voluto in ogni uomo tantissimi colori per descrivere il bello della vita e dell'umanità. Ma l'uomo spesso non si cura di scoprire le capacità a lui donate da Dio ed allora fa della vita, non un quadro da esporre, ma scarabocchi da buttare...quando non fa uno scempio da fare soffrire! Ogni uomo - continuava - nella mente di Dio è un grande artista, se lo vuole. Ha mai visto lei il meraviglioso quadro della vita di una persona buona, di un santo? Ogni gesto, ogni sguardo, tutto, fa parte di un capolavoro che sembra uscito dalle mani del Creatore. Ha mai visto il volto di Madre Teresa di Calcutta, i modi con cui prega o porge la mano a chi soffre? Non sono tutti splendide pennellate di colore di un grande quadro? Ma la fatica non è nel dipingere, ma nello scoprire in se stesso i colori e l'anima, che Dio sicuramente ha posto". Un ragionamento che non fa una grinza, perché vero!
Il Vangelo di oggi, narrando la parabola dell'uomo ricco, così descrive il suo amministratore. "C'era un uomo ricco, che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinnanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore" (Lc 16, 1-13). E non è forse vero che tanti talenti, doni del Padre per la Sua gloria e per servizio ai fratelli, vengono usati per egoismo, superbia o per i propri interessi, "sperperando così i talenti ricevuti"? Quando l'uomo, io, voi, usiamo dei talenti avuti, per i nostri interessi, la nostra affermazione, non solo li "sperperiamo", ma, quello che è peggio, facciamo un grave danno alla comunità e, in certo senso, tutto diventa "insulto" a Chi ce ne ha fatto dono "per disegnare l'amore".
Il profeta Amos così parla oggi: "Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, Voi che dite: Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, per smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo, usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero con un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano. Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere" (Amos 8, 4-7).
C'è una bella preghiera di R. Follereau, l'apostolo dei lebbrosi, che sembra commentare le parole del profeta: "Noi abbiamo costruito chiese, ma la nostra storia è una guerra senza fine; noi abbiamo costruito ospedali, ma noi, per i nostri fratelli, abbiamo accettato la fame. Perdono, Signore, per la natura calpestata, per le foreste assassinate, per i fiumi inquinati ... Perdono, Signore, per la bomba atomica, il lavoro a catena, la macchina che divora l'uomo e le bestemmie contro l'Amore. Noi sappiamo che tu ci ami e che a questo amore noi dobbiamo la vita. Strappaci dall'asfissia dei cuori e dei corpi. Che i nostri giorni non siamo più deturpati dall'invidia e dall'ingratitudine, dalle terribili schiavitù del potere. Donaci la felicità di amare i fratelli. Insegnaci Tu ad amarci, perché, Signore, non c'è amore senza il Tuo amore".
C'è bisogno che tutti noi torniamo ad essere artisti che sanno scoprire le tante ricchezze che Dio ci ha donato, per ridare bellezza alla vita, gloria di Dio e dono ai fratelli! Purtroppo il mondo, ogni giorno, predica che la vera gloria dell'uomo è solo nella ricchezza, senza però dirci quanti danni questa fa', in noi e agli altri! Una cosa è certa: o si ha come Dio il Signore, nostro Padre, o si ha come Dio il denaro.
Alla fine del brano di Vangelo di oggi, Gesù chiaramente avverte: "Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona" (Lc 16, 10-13). Un avvertimento, oggi, particolarmente necessario, che richiama l'altro ancor più duro, quando Gesù, incontrando un giovane buono, gli disse: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che hai, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi". Il giovane se ne andò perché aveva molti beni. E Gesù: "Guai a voi ricchi, è più facile che un cammello entri per la cruna di un ago, che un ricco nel Regno dei Cieli".
Come persona consacrata, considero un vero dono di Dio il voto di povertà. È sentirsi "liberi" interiormente da ogni schiavitù delle cose e, quindi, felice di farsi in tutto dono ai fratelli. Quando ero piccolo, allora la vera ricchezza di una famiglia non era certamente il denaro. Si viveva di stenti e di povertà. Ma in compenso regnavano tanti valori che ora sembra siano smarriti.
È gioia per me avere mani sempre vuote, che Dio tante volte riempie con la carità di tanti, per colmare le mani di coloro che soffrono.
La povertà di spirito è una delle beatitudini indicate da Gesù sul monte. Ed è vera felicità quando, per povertà, si intende vedere tutto, anche i beni, come doni da distribuire e, quindi, modi di amare, mai dèi senza anima da adorare. Si incontrano ancora oggi, per fortuna, persone libere, perché "povere". Ogni volta ho come l'impressione di ammirare un quadro meraviglioso che le dita di Dio dipingono con i Suoi colori, che sono "altri valori" dai nostri.
Credo che abbiano lasciato un grande segno di speranza i 500.000 giovani di Loreto che, sobbarcandosi giornate di sacrifici, di preghiere, di ricerca di veri valori e senso della vita, si sono "spogliati" da quel mondo di falso benessere che, anziché renderli liberi, vuole schiavizzarli ... come se avessero ascoltato Gesù: "Non si può servire a due padroni: o si serve Dio o si serve mammona".
Stupiva quella immensa folla, che aveva l'aria di un mondo nuovo. Apparivano veramente liberi da tutto, per essere tutti in ricerca del Signore da servire. Non c'era in loro la falsa voglia di "apparire", chinandosi a tutti i capricci del consumo e della ricchezza, delle comodità che rendono non più uomini, ma merce. Erano come una meravigliosa tavolozza di colori che prendeva anima dalla loro incontenibile gioia di amare e di essere amati.
Non hanno nascosto, nel dialogo a cuore aperto con il Santo Padre, le difficoltà del vivere in questo tempo di illusioni, che non vogliono sia il loro tempo, e lo hanno dichiarato senza falsi pudori, fino alla commozione, che hanno comunicato anche a Papa Benedetto, che a loro disse:
"Quale stupendo spettacolo di fede giovane e coinvolgente stiamo vivendo questa sera! Questa sera Loreto è diventata, grazie a voi, la capitale spirituale dei giovani: il centro verso cui convergono idealmente le moltitudini di giovani che popolano i cinque continenti.
In questo momento ci sentiamo attorniati dalle attese e dalle speranze di giovani del mondo intero...
Purtroppo, oggi, non di rado, una esistenza piena e felice viene vista da molti giovani come un sogno difficile - come abbiamo sentito dalle testimonianze - e qualche volta quasi irrealizzabile.
Tanti vostri coetanei guardano al futuro con apprensione e si pongono non pochi interrogativi. Si chiedono preoccupati come inserirsi in una società segnata da numerose e gravi ingiustizie e sofferenze. Come reagire all'egoismo e alla violenza che talora sembrano prevalere? Come dare un senso pieno alla vita? Con amore e convinzione ripeto a voi giovani qui presenti e attraverso voi ai vostri coetanei nel mondo intero: non abbiate paura, Cristo può colmare le aspirazioni più intime del vostro cuore! Ci sono forse sogni irrealizzabili quando a suscitarli e a coltivarli nel core è lo Spirito di Dio? C'è qualcosa che può bloccare il nostro entusiasmo quando siamo uniti a Cristo? Nulla e nessuno, direbbe S. Paolo, potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore" (Dal discorso del sabato sera, a Loreto, durante la veglia).
E da quel mondo giovane, che stava sperimentando la gioia della vera vita, lasciandosi alle spalle un mondo bugiardo, venne fuori "un sì", che sembrò dire tutto l'entusiasmo di "servire Dio" dando cosi piena ragione alle parole di Gesù: "O si serve Cristo o mammona!".
Quei giovani dell'Agorà di Loreto, prendendo lo spunto dalle parole del pittore sopra riferite, sembravano essere i mille colori con cui Dio dipinge oggi e sempre il meraviglioso quadro della vita. L'augurio è che il loro "Sì" sia come la candela che accesero tutti per dire Grazie a Maria, Madre di Gesù: una candela che resti accesa là dove ora sono e vivono, a fare luce al nostro mondo.
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