venerdì 7 settembre 2007

PAOLO PEZZI RACCONTATO DA GIORGIO VITTADINI NEL 2002

Oregon e California
Una domanda implicita
Giorgio Vittadini
Portland, Sacramento e Los Angeles. Il fiorire imprevisto e imprevedibile del movimento come risposta positiva al desiderio del cuore. Un diario di viaggio che ricorda gli Atti degli Apostoli
A lato: don Paolo Pezzi in conversazione con una babushka in un villggio siberiano nel maggio 2004.





Portland, capitale dello Stato dell’Oregon, non è certamente un posto ospitale per il cattolicesimo. Predomina una concezione di libertà come assenza di legami. L’80% della gente si dichiara ufficialmente atea, solo un 8% è cattolica, è legge dello Stato l’eutanasia-suicidio assistita. Tra i cattolici non mancano gli ultra conservatori e i progressisti, che qualche anno fa celebravano la messa con la coca cola al posto del vino e i pop corn al posto del pane!

Come ci viene raccontato in un pub di Portland, in modo apparentemente casuale, ma provvidenziale, è nato il movimento. Tutto è avvenuto in seguito all’arrivo a Portland, per lavoro, di Sergio Villotta, 31 anni. Gli inizi non sono stati facili. A un certo punto gli è arrivata una telefonata di una famiglia di Portland. Erano in Irlanda anni fa, arrivati negli States con spirito d’avventura. Il figlio decide di andare a fare l’università a Montreal. Là incontra John Zucchi. E un giorno assiste a un incontro con don Paolo Pezzi della Fraternità San Carlo. È la svolta. Va a Roma, al seminario di don Massimo, ma dice ai genitori di essere andato a Roma per studio, non per diventare prete.

I genitori vanno a Roma per il Giubileo e decidono di vedere dove vive il figlio. Lì don Paolo Sottopietra, un prete della San Carlo, chiede loro: «Cosa ne pensate della scelta di vostro figlio?», «Quale scelta?» domandarono i genitori. Apprendono così che; loro figlio è in un seminario legato a uno strano gruppo cattolico, ma non capiscono molto di più. Per questo, quando loro figlio comunica loro che Sergio, uno del suo movimento, è a Portland, gli telefonano. Sergio va e propone loro di leggere insieme un libro di Giussani. Così comincia la prima Scuola di comunità in Oregon, a Salem. A questo si aggiungono via via i tipi più disparati. Oggi 15 persone partecipano stabilmente alla Scuola di comunità.

Dati questi antecedenti, due gli eventi cardine di questo viaggio nell’Oregon: l’incontro con l’Arcivescovo e la presentazione de Il rischio educativo da parte di padre Gerry, di Rochester, amico dell’Arcivescovo, già Vescovo a Rochester.

La rivoluzione di Rebecca
L’Arcivescovo ci ascolta per più di due ore, interessatissimo all’esperienza di Cl e poi ci racconta di Portland, un po’ sconsolato. «Qui è come san Paolo all’Areopago: quando si parla di Gesù, tutti ti dicono di tornare un’altra volta». Perciò andiamo all’incontro sull’educazione disincantati, pensando che non ci si può aspettare più di tanto da questa prima uscita pubblica di Cl. Sono presenti, al momento dell’incontro, le persone che fanno parte di questa prima comunità. Tra tutte Rebecca, che ha militato per anni nel Partito Comunista americano, ed è proprio quando pensava ormai che nulla più potesse rispondere alla sua esigenza di liberazione umana e sociale che ha incontrato Sergio. Cl ha risvegliato in lei misteriosamente la speranza di una risposta: «Mi ha colpito l’intensità umana di questo gruppo. Non può che essere sintomo di verità». All’incontro arrivano, chissà da dove, 60 persone. In un’ora padre Gerry racconta le linee fondamentali de Il Rischio educativo. L’esito è sorprendente: più di un’ora di domande su esperienza, ragione, educazione, su cos’è un movimento.

Lo stupore dell’Arcivescovo
Si fa tardi e si deve interrompere. Si va a cena e si canta insieme: è un gesto semplice, ma sempre “nuovo” e toccante da queste parti, dove di solito la dimensione comunitaria è ridotta a livello sociologico e senza profondità. Rebecca, vedendo Jonathan e Riro suonare, si commuove perché rivede l’esperienza dell’isola di Lummi dove è nata, dell’unità fraterna fra uomini vissuta là tanti anni prima, così bella ma così effimera. Nei giorni successivi Sergio rincontra un po’ di gente presente alla conferenza. Uno gli ha scritto: «Dio mi ha benedetto con molte cose: una è stata quella di conoscervi, sapere di Cl, l’altra è diventare vostro amico». L’Arcivescovo stesso era stupefatto di quanta gente ci fosse e dell’intensità dell’incontro.

New Age, Scientology…
Si vola a Sacramento, insediamento “storico” di Cl in California.
L’impressione è che in questo Stato e in generale sulla West Coast non ci sia più una civiltà, non una civiltà occidentale, neanche quella wasp rigidamente protestante della East Coast. Il Pacifico sembra si sia ristretto, sembra che il punto di riferimento non sia più l’Europa cristiana e post-cristiana, ma l’Oriente con il suo panteismo o nichilismo religioso. In questo festival di New Age, Scientology, sette, ateismo e culti orientali è distrutta l’idea stessa di persona, in un modo molto funzionale al consumismo, che ha bisogno di individui senza consistenza, facilmente manipolabili. Di solito ci si sposa presto, ma difficilmente i matrimoni durano a lungo. La famiglia è sostituita da unioni temporanee, da affezioni istintive, da accoppiamenti per generare figli ed educarli da single. La persona cara da queste parti non si chiama più marito, moglie, compagno, compagna, convivente, ma per rispettare la libertà di sesso (e forse anche di specie animale) semplicemente “significant other”... A Sacramento vive oggi la mamma dei Bacich, attraverso cui nacque il movimento in California. Per non essere fagocitata da questa distruzione dell’umano, volendo rimanere nella tradizione cattolica insieme ai suoi figli, cercava qualcosa, qualcuno che la aiutasse con una proposta viva. Da questa ricerca nasce il movimento a Sacramento. Il loro punto di riferimento è Bruno Montesano, italiano, da anni in California. Anche la sua storia è “strana”. Sua moglie era protestante, quando la conobbe. Il cammino del loro rapporto fino al matrimonio è nello stesso tempo la storia della conversione di lei e dell’apertura di lui al meglio della mentalità americana. Nella loro unità molti hanno trovato conforto e sprone ad andare avanti.

Educare in America
C’è un terzo “cuore” della comunità: Holly, insegnante, dei Memores Domini, che ha recentemente concluso la sua tesi di dottorato sull’educazione, in cui ha confrontato la linea educativa di don Giussani con le tesi dei maggiori pedagogisti americani. Holly ha brillantemente dimostrato come l’impostazione di don Giussani, molto più di quella dei pedagogisti laicisti, può essere fedele al desiderio di libertà all’origine stessa della nazione americana. La tesi ha riscosso così grande successo da essere stata pubblicata dall’università di San Francisco. Holly ha però deciso di non intraprendere la carriera accademica, ma di insegnare nella high school, ed è all’origine dell’esperienza di Gs in California.

Venne in Italia col primo gruppo di Gs californiano un po’ di anni fa. Si sarebbe pensato che quei ragazzi non durassero molto, tanto erano fragili le loro origini familiari (i genitori, molto spesso separati, erano atei, o di sette quali Scientology, o della New Age) e tanto era forte la pressione di una mentalità anticristiana. Eppure, dopo parecchi anni, sparsi in luoghi lontani, la maggior parte di loro è rimasta nel movimento. Holly e gli altri li hanno seguiti a uno a uno, senza abbandonarli mai. In questo clima, a Sacramento, la Fraternità di famiglie ha promosso l’incontro su Il Rischio Educativo, presentato da monsignor Albacete. Questa fraternità è il segno di una stabilità di adesione al movimento e di inizio di una nuova civiltà.

Nella città degli angeli
Terza tappa del viaggio è Los Angeles, che si estende per 200 km di larghezza e per 60 di ampiezza, dal deserto al mare. Non è una città: è un mondo in cui si passa dal “mercoledì da leoni” del surf alla delinquenza delle gang che a volte diviene “guerra civile”, dai mestieri più altamente professionali all’arte dell’arrangiarsi, dalle case da milioni di dollari di Beverly Hills a quelle del deserto costruite, a 60 miglia dalla costa, by himself coi materiali comperati da Ondippo, supermarket della casa prefabbricata. In questa città il cattolicesimo vive come realtà popolare in parrocchie dominate dalla hispanidad dei messicani. Anche qui è nata Cl, intorno alla casa dei Memores Domini, come intorno a un convento medioevale. È nata per incontri personali, mancando qualunque struttura, qualunque punto di riferimento.

Come Francesco Saverio
Nell’incontro di presentazione del movimento, che si svolge vicino a una di queste parrocchie ispaniche, impariamo la storia commuovente di questi nuovi amici. Hanno incontrato Damian Bacich e i nostri Memores, persone affascinate dall’incontro con Cristo, dalla memoria dei volti dei loro amici, don Giussani e tutti gli altri. Come san Francesco Saverio, i nomi degli amici portati nel cuore, i Memores diventano energia affettiva e di ragione per abbracciare incondizionatamente il prossimo. Conosciamo così la giornalista che legge Traces a Firenze, cerca Savorana, quindi si fa presente ai nostri amici di Los Angeles e li segue fedelmente come speranza per la sua vita travagliata; Henry, che abita nel deserto a 60 miglia e ci mette un’ora e mezza per venire alla Scuola di comunità. E ancora, Edwin e Claudia, pieni di tribolazioni, ma certi che il cammino nel movimento è quello che può dare loro speranza. Jennifer, convertita dal protestantesimo, dove era sola, a una compagnia cristiana dove è accettata senza essere misurata. La storia della speranza per l’uomo incontrato da Gesù ricomincia.

di Giorgio Vittadini


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