Scienza - lun 15 ott
Intervista a Roberto Colombo di Andrea Galli
Tratto da AVVENIRE del 11 ottobre 2007
«Fin da quando ho letto i suoi primi e affascinanti lavori sulla ricombinazione omologa del Dna e sul targeting dei geni nelle cellule dei mammiferi, apparsi intorno al 1985, ho subito pensato: "Sono scoperte da Nobel!". Per noi genetisti sarebbe stata sorprendente la dimenticanza del valore dei suoi studi».
Roberto Colombo, direttore del laboratorio di biologia molecolare e genetica umana all’Università Cattolica di Milano, si unisce al coro di soddisfazione per il Nobel per la Medicina all’italo-americano Mario Capecchi, assieme a Martin Evans e Oliver Smithies.
Professor Colombo, da molti commenti apparsi in questi giorni sulla stampa italiana si direbbe che è stata premiata la ricerca sulle staminali embrionali, magari anche quelle umane. . .
Questa strumentalizzazione politica della genialità e della operosità scientifica di un italiano che lavora negli Stati Uniti è vergognosa e sconcertante. Anzitutto, solo 25 degli oltre 140 studi pubblicati da Capecchi lo hanno visto utilizzare cellule staminali. Inoltre, l’uso delle staminali embrionali nelle ricerche che sono state premiate è funzionale alla produzione di animali transgenici come modelli di malattie umane, non alla terapia cellulare sull’uomo attraverso linee di staminali embrionali umane. La motivazione del Nobel a Capecchi, Evans e Smithies è inequivocabile: "Per le loro scoperte dei princìpi per introdurre specifiche modificazioni geniche nel topo mediante l’uso di cellule staminali embrionali" dello stesso animale. I topi geneticamente modificati sono oggi il migliore modello di laboratorio di cui disponiamo per lo studio di numerose malattie che colpiscono l’uomo. La medicina sperimentale, oggi, non potrebbe più farne a meno. Questo è il grande valore dell’ingegnosità scientifica di Capecchi: tutto il resto sono speculazioni indecenti.
C’è chi ha detto e scritto che queste ricerche non avrebbe potuto condurle in Italia.
È falso. La produzione di animali di laboratorio mediante manipolazione genetica delle loro staminali embrionali è in corso da anni in Italia come nel resto del mondo, nei laboratori delle nostre università, del Cnr e delle industrie. Anche nel nostro Paese i topi transgenici si possono generare, cedere e acquistare legalmente, su di essi noi genetisti lavoriamo quotidianamente. Lo scopo di questa disinformazione concertata è evidente.
Mettere in discussione la legge 40?
Ovvio, si vuol far credere che i limiti posti dalla legge 40 alla creazione e distruzione di embrioni umani impedisca ai ricercatori italiani di fare studi di eccellenza e ai pazienti di godere dei frutti del loro genio scientifico. Un simile teorema è privo della evidenza su cui vorrebbe reggersi, e cioè che solo la ricerca sulle staminali embrionali umane è d’avanguardia, di eccellenza, mentre ogni alternativa per giungere alla terapia cellulare è di retroguardia, da "terzo mondo scientifico". La letteratura scientifica, al contrario, è ricca di ottimi studi che non ricorrono alla distruzione di embrioni umani. Anche il Nobel di Capecchi premia una straordinaria ricerca, di cui tutti noi beneficiamo, che non è costata la vita a un solo embrione umano.
Ciò che Capecchi ha scoperto sulle staminali embrionali del topo potrebbe un giorno venire applicato a quelle dell’uomo?
Intende una possibile terapia genica attraverso l’innesto di cellule derivate da staminali embrionali geneticamente modificate?
Sì. Oliver Smithies ha parlato sulla «Stampa» di ieri della possibilità di riprodurre cellule del pancreas con le staminali embrionali sostituendole a quelle malate.
È la strada ipotizzata da coloro che sostengono che le staminali embrionali si moltiplicano più facilmente, che sono più plastiche e sarebbe più facile ottenere così cellule del pancreas piuttosto che partendo dalle cellule mesenchimali o da altre. Si torna al dibattito in corso da diversi anni. Ma le staminali embrionali non sono il solo tipo di cellule in cui è possibile correggere un difetto genetico preesistente, ottenere la loro espansione e l’innesto nel corpo umano a scopo terapeutico. Il "principio" provato da Capecchi, cui si riferisce la motivazione del Nobel, non vale solo per le cellule embrionali. Perché non perseguire la strada di correggere anomalie geniche in staminali autologhe, provenienti cioè dai tessuti del paziente stesso che dev’essere curato, reinnestandole nel suo corpo? Diversi gruppi di ricercatori, all’estero e in Italia, stanno lavorando a questo progetto, scientificamente promettente ed eticamente accettabile. L’idea del professor Mario Capecchi, come tutte le idee intelligenti e feconde, suggerisce diversi sviluppi, tra i quali non è difficile intravedere soluzioni al tempo stesso realistiche e degne dell’uomo e del valore incomparabile della sua vita.
E se qualcuno, dal topo geneticamente modificato degli esperimenti di Capecchi pensasse di passare, un giorno, all’embrione umano geneticamente alterato?
Qui andiamo oltre la terapia cellulare o genica, ed entriamo nell’ipotesi di quello che si definisce un enhancement, un potenziamento. Nella comunità scientifica c’è chi parla dell’ipotesi di creare embrioni umani – esseri umani – resistenti alle infezioni o a certi tumori, ma i problemi che si aprono, etici e scientifici, sono di tale portata che penso nessuno stia pensando di agire concretamente in tal senso, nemmeno coloro che spingono per sacrificare embrioni umani per la ricerca.
C'è chi usa un'ottima notizia per secondi fini
«Una tecnica che può avere importanti applicazioni nella medicina clinica, dal momento che consente di costruire modelli di malattia genetica umana negli animali da laboratorio, per poi studiarne l’evoluzione e verificare l’efficacia di potenziali terapie». Con queste parole l’associazione Scienza & Vita ha espresso soddisfazione per l’attribuzione del Premio Nobel della medicina al ricercatore italiano Mario Capecchi, per la messa a punto della tecnica del 'gene targeting', utilizzando cellule staminali di embrioni dei topi. «L’utilizzo di modelli animali su cui sperimentare – si legge in una nota dell’associazione – consente di incrementare le conoscenze su genesi, evoluzione e cura delle malattie umane senza necessità di distruggere embrioni umani per ottenere cellule staminali embrionali». Dello stesso parere il genetista Angelo Vescovi, che considera «più che meritato» il premio di Capecchi e sottolinea come la scelta del Nobel vada interpretata unicamente da un punto di vista scientifico. Di stampo «politico», invece, le dichiarazioni dello stesso premiato, che si è autodefinito «credente ma non praticante», ha confessato il rimpianto di non poter svolgere le proprie ricerche sugli embrioni in Italia e ha assicurato che «in un futuro non lontano anche l’Italia sarà costretta a cambiare politica». (V. Dal.)
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